Introduzione
Nell’Institutio oratoria Quintiliano (35 ca. d.C. - 96 d.C.), dopo aver trattato nei primi due libri dell’educazione elementare e grammaticale dell’oratore e nel terzo libro dei tre diversi tipi di oratoria (giudiziaria, deliberativa ed epidittica), dal IV libro fino alla fine dell’opera presenta una dettagliata analisi dei cinque momenti canonici della costruzione di una buona orazione: inventio (reperimento degli argomenti), dispositio (scelta dell’ordine di presentazione degli argomenti), elocutio (formulazione stilistica), memoria (tecnica mnemotecnica per ricordare il discorso elaborato) e actio (scelta dei toni vocali da usare nei diversi momenti del discorso). Nel X libro, mentre insiste sull’importanza della scelta dello stile (elocutio), Quintiliano inserisce una breve storia della letteratura greca e latina, indicando - per ciascun genere letterario - quali siano gli autori utili da leggere per formare lo stile del buon oratore. Quintiliano ritiene infatti che l’oratore possa in parte acquisire disinvoltura (facilitas) anche rifacendosi alla lezione di poeti, i quali possono fornire al retore contenuti e pensieri utili, mentre non sono da seguire per le scelte lessicali e l’uso delle figure retoriche. Pertanto, dopo aver ricordato i migliori poeti della letteratura greca, l’attenzione di Quintiliano passa agli autori latini, rappresentanti dei diversi generi letterari: tra gli epici il primo cui fare riferimento è Virgilio, per l’elegia Tibullo, per la satira Orazio.
Nel brano che qui si propone, Quintiliano passa in rassegna i vari rappresentanti del genere epico: a Virgilio va il primo posto tra gli epici latini, mentre rimane secondo a Omero; Lucrezio è invece curiosamente accostato a un altro poeta didascalico di fama decisamente minore, Macro, e i due sono liquidati come troppo difficile l’uno e troppo modesto l’altro; si ricorda poi senza troppo entusiasmo Varrone Atacino (82 a.C. - 35 a.C.), il quale si merita giusto la definizione litotica di poeta “non disprezzabile”; infine si ricordano Ennio, da rispettare per la sua veneranda antichità ma da non prendere a modello, e l’Ovidio epico delle Metamorfosi, di cui si salvano solo alcune parti.
Testo
[85] Idem nobis per Romanos 1 quoque auctores ordo ducendus est. Itaque ut apud illos Homerus, sic apud nos Vergilius auspicatissimum dederit exordium, omnium eius generis poetarum Graecorum nostrorumque haut dubie [ei] proximus. [86] Utar 2 enim verbis isdem, quae ex Afro Domitio 3 iuvenis excepi 4, qui mihi interroganti, quem Homero crederet maxime accedere: secundus, inquit, est Vergilius, propior tamen primo quam tertio 5. Et hercule ut illi 6 naturae caelesti atque inmortali cesserimus 7, ita curae et diligentiae vel ideo in hoc plus est, quod ei fuit magis laborandum, et quantum eminentibus vincimur, fortasse aequalitate pensamus 8. [87] Ceteri omnes longe sequentur. Nam Macer 9 et Lucretius 10 legendi quidem, sed non ut phrasin, id est corpus eloquentiae, faciant, elegantes in sua quisque materia, sed alter humilis, alter difficilis. Atacinus Varro 11 in his, per quae nomen est adsecutus, interpres operis alieni, non spernendus quidem, verum ad augendam facultatem dicendi parum locuples. [88] Ennium 12 sicut sacros vetustate lucos adoremus, in quibus grandia et antiqua robora iam non tantam habent speciem quantam religionem. Propiores alii atque ad hanc, de qua loquimur, magis utiles. Lascivus quidem in herois 13 quoque Ovidius et nimium amator ingenii sui, laudandus tamen partibus.
Traduzione
[85] Noi dobbiamo seguire lo stesso ordine anche per gli autori latini. Perciò, come Omero presso i Greci, così per noi a dare un desideratissimo inizio all’epica fu Virgilio, senza dubbio il poeta più vicino a quello tra tutti i poeti di questo genere, sia greci sia latini. [86] Infatti mi servirò delle stesse parole che da giovane ascoltai da parte di Afro Domizio, il quale, quando gli chiesi chi credesse che più di tutti si avvicinasse a Omero, disse: “Il secondo è Virgilio, più vicino al primo che al terzo”. E, per Ercole, come dobbiamo ritirarci di fronte a quella natura celeste e immortale, così c’è in questo (poeta) una cura e un’attenzione tanto maggiore perché egli dovette affaticarsi di più, e quanto siamo sconfitti nelle parti migliori, forse però compensiamo per uniformità. [87] Tutti gli altri verranno dietro a distanza. Infatti Macro e Lucrezio vanno letti, non perché insegnino la frase, cioè il cuore dell’eloquenza, ma sono eleganti ciascuno nel suo genere, l’uno modesto, l’altro difficile. Varrone Atacino, interprete del lavoro di altri in quelle opere per le quali ottenne la sua fama, non va certamente disprezzato, ma fu poco importante per la crescita della capacità di parlare. [88] Veneriamo invece Ennio, come facciamo con i boschi sacri per la loro antichità, nei quali le grandi e antiche querce non hanno ormai una bellezza pari alla loro sacralità. Altri sono più vicini e più utili a ciò di cui parliamo. Anche Ovidio, certamente lezioso nei versi eroici ed eccessivamente amante del suo ingegno, tuttavia per alcune parti bisogna lodarlo.
1 per Romanos: il testo latino presenta un complemento di moto per luogo (per + accusativo), che si riferisce a una metaforica “passeggiata” attraverso gli autori romani, successiva a quella tra gli autori greci; la traduzione italiana semplifica la sintassi originaria del testo.
2 Utar: Il verbo deponente utor, uteris, usus sum, uti si costruisce regolarmente con l’ablativo strumentale.
3 Afro Domitio: Gneo Domizio Afro era un retore di origine francese che fu maestro di retorica di Quintiliano a Roma; della sua biografia sappiamo che seguì il cursus honorum (fu pretore e console), fu vicino all’imperatore Tiberio e venne invece perseguitato da Caligola; morì probabilmente nel 59 d.C. Della sua attività oratoria si ricorda un’orazione vittoriosa contro una parente di Agrippina Maggiore, una tale Claudia Pulcra, accusata di adulterio. Delle sue orazioni non rimangono oggi che pochi frammenti.
4 excepi: dal verbo excipio, excipis, excepi, exceptum, excipere, “estrarre, prendere, ascoltare”.
5 proprior tamen primo quam tertio: Quintiliano riconosce il primato di Omero tra gli autori epici e assegna a Virgilio un dignitoso secondo posto, a stretta misura dall’autore dell’Iliade: come dirà a breve, infatti, è Omero a raggiungere i migliori risultati.
6 illi: il riferimento, come si capisce dall’uso del dimostrativo “ille”, è a Omero, mentre il successivo “hoc” si riferisce a Virgilio.
7 cesserimus: dal verbo cedo, cedis, cessi, cessum, cedere, “ritirarsi, arrendersi, andar via”.
8 Il confronto tra Omero e Virgilio vede il primo vincitore perché capace di raggiungere livelli sublimi di poesia; Virgilio, tuttavia, ha il merito di essere particolarmente curato (“cura et diligentia”) e di mantenere una costante uniformità stilistica (“aequalitas”). Quintiliano sembra quindi intendere che nella poesia omerica, invece, i momenti di stile sublime siano alternati a parti non altrettanto raffinate; il ragionamento sotteso sembra avvicinarsi al giudizio su Omero espresso da Orazio nell’Ars poetica, dove di lui si dice che “quandoque dormitat”, “talvolta sonnecchia”.
9 Macer: Macro fu poeta epico-didascalico originario di Verona e vissuto in età augustea; fu amico di Virgilio, Tibullo e Properzio e compose poemetti a imitazione di Nicandro: di lui rimangono pochi frammenti e i titoli di alcune opere (Ornithogonia, Theriaca, De herbis).
10 Lucretius: Lucrezio è qui ricordato insieme a Macro perché poeta didascalico; la sua unica e celeberrima opera è il poema De rerum natura, dedicato all’esposizione delle teorie filosofiche di Epicuro.
11 Atacinus Varro: Varrone Atacino (I secolo a.C.) fu un poeta prolifico e sperimentò vari generi poetici, tra cui quello epico nel Bellum Sequanicum, sulle vittorie di Cesare contro i Sequani, e nella traduzione delle Argonautiche, cui fa riferimento Quintiliano. Altre sue opere furono la Leucadia, una raccolta di poesie d’amore di stile neoterico, un poema di argomento geografico intitolato Chorographia, i Libri navales, contenenti una descrizione delle coste del mediterraneo.
12 Ennium: Ennio (III-II sec. a.C.) è il primo poeta latino che si servì dell’esametro epico nei suoi Annales, dedicati alla celebrazione della storia di Roma fin dalle origini.
13 Qui Ovidio è ricordato come autore epico, per le Metamorfosi; oltre (paragrafo 92) sarà invece ricordato come autore elegiaco.