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Moravia, “La ciociara”: riassunto e commento

Dopo La romana (1947) e soprattutto in seguito dell’importante esperienza dei Racconti romani che avvicinano lo scrittore alla corrente neorealista, Moravia ambienta La ciociara (pubblicato nel 1957 ma in lavorazione sin dal 1946) nella Roma (e poi nella Ciociaria) delle fasi conclusive del secondo conflitto mondiale. Le protagoniste sono ancora donne: Cesira, vedova, gestisce con la figlia Rosetta un piccolo negozio e, negli anni della guerra, si dedica anche alla borsa nera; il tutto per garantire alla figlia un futuro economicamente migliore. Sfollate dopo il settembre 1943, le due donne si dirigono verso Vallecorsa, in Ciociaria, ma il loro treno s’arresto presso Fondi; qui le due protagoniste entrano in contatto con i contadini del posto, che le soccorrono e le ospitano. Poi, nel paesino di Sant’Eufemia, Cesira e Rosetta conoscono, tra gli altri, Michele, giovane intellettuale comunista fortemente critico non solo della dittatura fascista, ormai allo sfascio, ma pure della mentalità generale degli sfollati, intenti solo a godersi la momentanea pace e non affatto interessati alle sorti future del paese. Nel mentre, la linea del fronte avanza, ed aumentano i bombardamenti (in uno di questi Tommasino, negoziante del paese, impazzisce di paura e muore poco dopo) e i rastrellamenti dei nazifascisti, così da costringere Michele e le due donne a rifugiarsi in montagna, e ad incontrare molte difficoltà per procurarsi da mangiare.

 

A partire dallo sbarco alleato ad Anzio del gennaio del 1944 la situazione precipita: Michele è sequestrato da soldati tedeschi in fuga per far loro da guida (si apprenderà in seguito che verrà ucciso dopo aver provato a difendere dei contadini), mentre Cesira e la figlia sono nuovamente sfollate, e, al ritorno a Vallecorsa, dei soldati alleati di passaggio violentano Rosetta. Il ritorno a Fondi (accompagnate da Clorindo, un commerciante che ha dato loro un passaggio) modifica i rapporti tra madre e figlia, dato che Rosetta trascorre spesso le sue serate con Clorindo, già sposato. Il capitolo conclusivo del romanzo vede le due donne tornare a Roma, su cui Cesira proietta, ricordando le parole e gli insegnamenti di Michele, il proprio desiderio di una vita futura serena e libera dalle sofferenze della guerra.

 

Romanzo costruito di memorie autobiografiche (Moravia sarà appunto rifugiato in Ciociaria con la moglie Elsa Morante dal settembre 1943 al maggio 1944 per sfuggire alle liste di proscrizione fasciste) ma in cui ricorrono anche i temi tipici della narrativa moraviana (il ruolo dell’intellettuale, la critica dei costumi borghesi, l’importanza dei valori umani in una società insensibile ed ipocrita), La ciociara completa, nelle parole stesse di Moravia ad Enzo Siciliano, una sorta di “ciclo” che si è aperto nel 1929 con Gli indifferenti:

 

[...] con La ciociara si chiude idealmente la mia fase di apertura e di fede senza incrinatura nei confronti del comunismo. Si consumava dentro di me l’identificazione tra comunista e intellettuale. [...] il Michele di Gli indifferenti si conclude là, con La ciociara. Non a caso, il protagonista maschile del romanzo l’ho chiamato appunto Michele.