L’accezione comune della parola “lavoro” indica un’attività o uno sforzo svolto per produrre qualcosa o un cambiamento in qualcosa. In fisica, la parola “Lavoro” indica una variazione di energia a seguito del cambiamento del punto di applicazione di una forza per lo spostamento dello stesso.
Per esempio, se volessimo sollevare un oggetto, dovremmo compiere un lavoro: l’oggetto si sposta (verso l’alto) e la forza che imprimiamo su di esso, dunque, cambia punto di applicazione. Un altro esempio è l’attrito: è una forza che si oppone si oppone al moto di un oggetto: opponendosi, se l’oggetto si muove, pur rallentando, l’attrito compie lavoro.
In generale in assenza di spostamento o quando la risultante delle forze è nulla, non vi è lavoro. In fisica, il lavoro viene indicato dalla lettera $L$ o $\mathcal{L}$.
Lavoro di una Forza Costante
Supponiamo di avere una forza costante $\vec{F}$ il cui punto di applicazione compie uno spostamento. Ricordiamo che lo spostamento è quel vettore che collega la posizione iniziale e la posizione finale di un moto: $\vec{s} = P_{\text{finale}} - P_{\text{iniziale}} $. Forza e spostamento sono grandezze vettoriali.
Allora, definiamo il lavoro compiuto dalla forza $vec{F}$ lungo lo spostamento $\vec{s}$ come il prodotto tra $s$ e la componente di $\vec{F}$ lungo la direzione individuata da $\vec{s}$. Il lavoro è una grandezza scalare.
Trattiamo subito tre spostamenti particolari: in direzione della forza e in verso concorde, in direzione della forza ma in verso discorde, e in direzione perpendicolare alla forza.
Se forza e spostamento sono paralleli e concordi, la componente della forza nella direzione dello spostamento è proprio la forza stessa. Il lavoro della forza è quindi pari al prodotto del modulo di $\vec{F}$ per il modulo della forza $\vec{s}$: $$ \mathcal{L} = F \ s $$
Se $\vec{s}$ ed $\vec{F}$ sono paralleli ma discordi, il prodotto verrà cambiato di segno: $$ \mathcal{L} = - F \ s $$
Se infine $\vec{s}$ ed $\vec{F}$ sono perpendicolari, invece il lavoro sarà nullo, poichè la proiezione del vettore $\vec{F}$ lungo la direzione di $\vec{s}$ è solo un punto (che non ha lunghezza): $$ \mathcal{L} = 0 $$
Ricordando la definizione di prodotto scalare, possiamo dire che il lavoro compiuto da una forza costante è il prodotto scalare tra la forza $\vec{F}$ e lo spostamento $\vec{s}$:
L’unità di misura del lavoro si ottiene dalla precedente equazione: si tratta di moltiplicare l’unità di misura della forza per l’unita di misura delle lunghezze. Nel Sistema Internazionale, si ha quindi che l’unità di misura del lavoro è il joule, indicato con $J$, ossia il newton per metro: $1 J = 1 \text{ N} \ 1 \text{ m} = 1 \text{ kg} \text{ m}^{2} \text{ s}^{-2}$. Il lavoro di un Joule è il lavoro compiuto da una forza di un Newton parallelamente e concordemente con uno spostamento di un metro.
Esempi
- Calcoliamo il lavoro fatto dalla forza peso $\vec{P}$ su di un punto materiale di massa $m = 3.4 \text{ kg}$ che cade verticalmente da un’altezza di $h = 2 \text{ m}$.
Siccome forza (peso) e spostamento (caduta) sono paralleli e concordi, il lavoro $\mathcal{L}$ è il prodotto $P \ h$, ossia $m g \ h $. Sostituendo i valori numerici a nostra disposizione, il lavoro compiuto dalla forza peso è $\mathcal{L} = 3.4 \cdot 9.8 \cdot 2 = 66.64 \text{ J}$. - E se invece il corpo cadesse lungo un piano inclinato di $30^{\circ}$? Se il corpo cade da un’altezza di $h \text{ m}$, ma lungo un piano inclinato di $\alpha$ gradi, grazie alla definizione della funzione trigonometrica seno sappiamo che percorre una lunghezza di $\frac{h}{\sin(\alpha)} \text{ m}$; nel nostro caso lo spostamento sarà quindi di $\frac{2} {\sin(30^\circ)} = \frac{2}{0.5} = 4 \text{ m}$. A questo punto il lavoro compiuto dalla forza peso è $\mathcal{L} = \vec{P} \cdot \vec{s}$. Per calcolare il prodotto scalare è necessario conoscere l’angolo tra forza e spostamento: è sufficiente guardare la figura per convincersi che questo è di $60^\circ$. Il lavoro $\mathcal{L}$ si calcola dunque come $P s \cos{60^\circ}$ $= m g \ s \ \frac{1}{2} = 3.4 \cdot 9.8 \cdot 4 \cdot 0.5 = 66.64 \text{ J}$, lo stesso risultato di prima.
Le forze per le quali il lavoro non dipende dalla forma della traiettoria, ma solo dal punto iniziale e dal punto finale, si dicono forze conservative. Il perchè di questa definizione risulta più chiaro nel momento in cui si prende in considerazione la grandezza fisica nota come energia, e la sua conservazione.
La forza peso è una forza conservativa: si può dimostrare infatti che il lavoro compiuto dalla forza peso dipende solo dall’altezza relativa coperta dal moto (la differenza delle quote iniziale e finale), e non dalla forma geometrica della traiettoria; difatti abbiamo visto che il lavoro compiuto lungo uno spostamento verticale è uguale a quello compiuto lungo uno spostamento inclinato, partito dalla stessa altezza.
In presenza di una forza conservativa, il lavoro è facilmente calcolabile tramite l’energia potenziale. Se $\vec{F}$ ammette potenziale $U$, il lavoro compiuto dalla forza lungo uno spostamento da $P_1$ a $P_2$ è la variazione di eneriga potenziale: $$ \mathcal{L} = U(P_1) - U(P_2) = -\Delta U $$Per un esempio di forza non conservativa, consideriamo l’attrito radente prodotto dallo sfregamento di un corpo che si muove su di una superficie scabra. Dalla formula dell’attrito sappiamo che la forza vale, in modulo, $F_{\text{attrito}} = \mu_d N$, dove $N$ è la reazione vincolare (pari in modulo alla componente della forza $F_\perp$ normale alla superficie) e $\mu_d$ è il coefficiente di attrito dinamico. La forza di attrito è particolare, in quanto la direzione è sempre quella dello spostamento e verso è sempre opposto: essa infatti si oppone sempre al moto.
Supponiamo ora che un corpo di peso $980 \text{ N}$ si sposti su una superficie orizzontale scabra di $93 \text{ m}$, e che il coefficiente di attrito sia $\mu_d = 0.42$. Il lavoro svolto dalla forza di attrito è $\mathcal{L} = - s F_{\text{attrito}}$, in quanto spostamento e forza sono discordi. Sostituendo i nostri dati, otteniamo un lavoro di $- 93 \cdot 0.42 \cdot 980 = -38278.8 \text{ J}$.
La forza di attrito non è conservativa in quanto cambia con lo spostamento effettuato, e dipende fortemente dalla traiettoria, non solo dal punto di inizio e quello di termine del tragitto percorso.
Lavoro di una Forza non Costante
E se la forza non fosse costante? Se variasse durante il tragitto? Una forza può variare la propria intensità in dipendenza della posizione in cui ci si trova, o del tempo che trascorre.
Se in una determinata porzione di spazio una forza $\vec{F}$ agisce in ciascun punto $P$ con modulo, direzione e verso dipendenti dal punto, si ha quel che si chiama un campo di forze $\vec{F} (P)$: si potrebbe pensare che ogni punto ha “appiccicato” un vettore, che rappresenta la forza in quel punto.
Sia la forza di gravità che la forza di Coulomb generano dei campi di forze, il cui modulo è inversamente proporzionale al quadrato della distanza delle masse o delle cariche considerate.
Come calcolare il lavoro di una forza in questo caso? Procediamo con approssimazioni successive.
Iniziamo con il frammentare lo spostamento $\vec{s}$ in tanti piccoli spostamenti. Indichiamo con $P_0$ il punto iniziale della traiettoria e con $P_N$ il punto finale: invece di spostarci da $P_0$ a $P_N$ direttamente, iniziamo a spostarci da $P_0$ a un punto intermedio $P_1$, successivamente da $P_1$ a $P_2$, eccetera, sino a raggiungere $P_N$; indichiamo con $\Delta \vec{s}$ questi spostamenti intermedi, più precisamente chiamiamo $\Delta \vec{s}_1$ lo spostamento da $P_0$ a $P_1$, $\Delta \vec{s}_2$ quello da $P_1$ a $P_2$, eccetera; in generale $\Delta \vec{s}_{n} = P_{n} - P_{n-1}$, di modo che lo spostamento complessivo sia la somma vettoriale dei singoli spostamenti:
Se gli spostamenti $\Delta s$ sono sufficientemente piccoli, cioè se due punti successivi $P_{n}$ e $P_{n+1}$ sono molto vicini, la forza $\vec{F}$ varia di poco, abbastanza da considerarsi costante su questo tratto: possiamo assumere quindi che $ \vec{F} = \vec{F} (P_n) $ costantemente sullo spostamento $\Delta \vec{s}_n$. Su questo tratto dunque viene compiuto dalla forza $\vec{F}$ un lavoro $$ \Delta \mathcal{L}_n = \vec{F} (P_{n-1}) \cdot \Delta \vec{s}_n $$ Questo non è il lavoro complessivo, ma solo un contributo parziale al lavoro. Possiamo allora definire il lavoro compiuto dalla forza $F$ lungo la traiettoria come la somma di questi contributi:
Questa definizione è comunque un’approssimazione: dipende infatti da come vengono scelti i punti intermedi, e da come si approssima a sua volta la forza $\vec{F}$, di per sé non costante, con un vettore costante lungo un tratto di spostamento.
Si comprende come, all’infittirsi dei punti intermedi $P_n$, questa approssimazione migliori: quando il numero di punti intermedi tende all’infinito, gli spostamenti diventano molti, ma infinitesimi, e i contributi $\Delta \mathcal{L}_n$ divengono essi stessi infinitesimi; la sommatoria $\sum$ invece, diventa infinita. La somma infinita di contributi infinitesimi definisce, in matematica, l’integrale. Con un linguaggio più appropriato possiamo dire che il lavoro è l’integrale della forza lungo la traiettoria: $$ \mathcal{L} = \int_{\text{traiettoria}} \vec{F} \cdot d \vec{s} $$ dove $\int_{\text{traiettoria}}$ indica l’integrale curvilineo lungo la traiettoria, $\vec{F}$ il campo di forze e $d \vec{s}$ lo spostamento infinitesimo.
Se riusciamo ad esprimere la forza in funzione dello spostamento effettuato (il che non sempre è possibile), possiamo intendere il lavoro come l’area sottesa al grafico della curva rappresentante la forza: l’integrale serve proprio a calcolare questa quantità.
Esempio: il lavoro della Forza Elastica
A titolo d’esempio calcoliamo il lavoro effettuato dalla forza elastica, l’intensità della quale è data dalla legge di Hooke $$ F(x) = - k \ x $$ ove l’ascissa $x$ rappresenta l’elongazione, ossia l’allungamento (con segno) della molla dalla sua posizione di equilibrio. Ricordiamo che il segno “$-$” rappresenta il fatto che la forza è sempre in verso opposto allo spostamento: di conseguenza, avremo un lavoro negativo.
Supponiamo che la posizione iniziale sia $x$, e calcoliamo il lavoro fatto dalla forza elastica per spostare la molla alla sua posizione di equilibrio (posta in $0$). Come si vede dalla figura, l’area da calcolare è quella di un triangolo, di lati $x$ e $k x$. Il lavoro sarà dunque uguale a $$ \mathcal{L} = - \frac{1}{2} x (kx) = -\frac{1}{2} k x^2 $$