I numeri primi sono sempre stati al centro dell’attenzione del mondo matematico e probabilmente lo saranno ancora per molto tempo: la quantità di domande senza ancora una risposta che sono legate allo studio di questi “speciali” numeri naturali è davvero sorprendente. Tra le questioni irrisolte, una delle più famose è sicuramente l’ipotesi di Riemann. In questa lezione, oltre a riportare alcuni risultati teorici legati allo studio dei numeri primi, cercheremo di dare una spiegazione intuitiva del contenuto di questa congettura matematica e delle ripercussioni che la sua dimostrazione (o confutazione) avrebbe sull’analisi dei numeri primi. Successivamente, invece, discuteremo meno nel dettaglio altri problemi aperti in questo ambito, come la congettura di Goldbach o la congettura dei numeri primi gemelli.
Questa lezione invece parla più in generale della definizione di numero primo, e riporta la tabella dei numeri primi minori di $10000$.
Infinità dei numeri primi
Oggigiorno ci sembra naturale pensare che esistano infiniti numeri primi. In effetti questo fatto fu dimostrato addirittura più di duemila anni fa da Euclide, che ha riportato questo risultato nella sua opera “Elementi”. Riportiamo qui di seguito il teorema in questione, e una dimostrazione che segue l’idea originale di Euclide.
Teorema (infinità dei numeri primi secondo Euclide): Esistono infiniti numeri primi.
Dimostrazione. Procediamo per assurdo e supponiamo che i numeri primi siano un numero finito $m$. Questo significa che possiamo elencare l’insieme dei numeri primi $\mathbb{P}$ utilizzando la rappresentazione intensiva: $$\mathbb{P} = \{2, 3, 5, \ldots, p_{m-1}, p_m \}$$dove $p_m$ è il maggiore di tutti i numeri contenuti in $\mathbb{P}$.
Consideriamo il prodotto di tutti i numeri contenuti in $\mathbb{P}$, cioè il numero naturale $a = 2 \cdot 3 \cdot 5 \cdot \ldots \cdot p_{m-1} \cdot p_m$. Per quanto grande, $a$ è pur sempre un numero; possiamo quindi prendere in considerazione il suo successivo $b= a+1$.
Notiamo che $b$ non è divisibile per nessun numero primo contenuto in $\mathbb{P}$. Infatti la divisione di $b$ per un qualsiasi $p_i$ ha resto $1$, dato che $a$ è divisibile per ciascun $p_i$ e $b = a+1$.
A questo punto, supponiamo che $b$ sia primo. Questo significherebbe che $b \in \mathbb{P}$, ma chiaramente $b > p_m$; abbiamo quindi un assurdo.
Se invece $b$ non fosse primo, la scomposizione in fattori primi di $b$ non conterrebbe alcun numero primo contenuto in $\mathbb{P}$, dato che nessuno di essi lo divide propriamente. Questo ci porta a dire che c’è almeno un numero primo maggiore di $p_m$, che è assurdo rispetto alle nostre assunzioni.
Le conclusioni a cui siamo giunti ci portano sempre a un assurdo: deduciamo quindi che l’ipotesi di partenza è errata, e che i numeri primi sono infiniti.
Molti studiosi considerano questo teorema come il primo vero risultato nell’ambito della Teoria dei Numeri, branca della matematica che si occupa dello studio dei numeri interi. Numerosi progressi sono stati fatti nei secoli successivi: in particolare, si è pensato di analizzare nel dettaglio la funzione enumerativa dei primi $$\pi: \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{N}$$ che associa a $x \in \mathbb{R}$ il numero $\pi(x)$ di numeri primi minori di $x$.
Chiariamo la definizione di $\pi(x)$ con qualche esempio: dato che i numeri primi minori di $10$ sono solo quattro (ovvero $2, 3, 5, 7$), otteniamo $\pi(10) = 4$, ma anche $\pi(10,1) = 4$ o anche $\pi(7 + \sqrt{2} + \sqrt{3}) = 4$. Invece $\pi(12) = 5$, dato che $11$ è primo; si può anche verificare che $\pi(100) = 25$. È inoltre evidente che $\pi(a)=0$ per ogni $a < 1$.
Tra i risultati più importanti che riguardano lo studio della funzione $\pi(x)$ riportiamo il seguente teorema, dimostrato verso la fine del XIX secolo.
Teorema (dei numeri primi): Consideriamo la funzione $\pi(x)$ definita poco fa. Allora vale il seguente limite: $$\lim_{x \to +\infty} \pi(x) \cdot \frac{\ln (x)}{x} = 1$$
Esistono varie dimostrazioni di questo teorema, nessuna delle quali è di facile comprensione. Eviteremo di riportarle, ma faremo invece alcune osservazioni in merito al teorema appena enunciato.
- Possiamo riformulare il teorema in questo modo: la funzione $\pi(x)$, per numeri molto grandi, si “comporta” come $\frac{x}{\ln (x)}$. Approssimativamente, questo significa che la quantità di numeri primi più piccoli di un $a \in \mathbb{R}$ sufficientemente grande è quantificabile dal rapporto $\frac{a}{\ln(a)}$ a meno di un errore molto piccolo (se comparato alla grandezza di $a$).
- Dalla considerazione fatta poco fa segue automaticamente che i numeri primi sono infiniti. Infatti, se $\pi(x)$ si “comporta” come $\frac{x}{\ln (x)}$ per $x$ grandi, allora vuol dire che $$\lim_{x \to +\infty} \pi(x) = \lim_{x \to +\infty} \frac{x}{\ln (x)} = +\infty$$Questo risultato è equivalente ad affermare che i numeri primi più piccoli di un dato $x$ sono in numero sempre maggiore all’aumentare di $x$, il che è come dire che i numeri primi sono infiniti.
La funzione enumerativa dei primi sembra nascondere importanti proprietà sui numeri primi. Anche Bernhard Riemann (1826 - 1866) si rese conto di questo fatto e, oltre a intuire la veridicità del teorema dei numeri primi (prima che fosse effettivamente dimostrato), riuscì a fornire una specie di “espressione esplicita” per $\pi(x)$, che però dipende da quei numeri che annullano la cosiddetta funzione zeta di Riemann.
La funzione zeta $\zeta(s)$ e l’ipotesi di Riemann
Iniziamo questo delicato argomento definendo la vera protagonista di questa sezione.
Definizione
La funzione $\zeta$ definita in questo modo: ##KATEX##\begin{aligned} \zeta: A & \longrightarrow \mathbb{C} \\ s & \longmapsto \zeta(s) : = \sum_{n=1}^{+\infty} \frac{1}{n^s} \end{aligned}##KATEX##dove $A = \{ s \in \mathbb{C} \ \vert \ \text{Re}(s) > 1 \}$, è detta funzione zeta di Riemann.
Cerchiamo di capire meglio questa definizione un po’ complicata. Ciò che fa questa funzione è sostanzialmente associare a un numero complesso $s$ che sta in $A$ la serie infinita che ha per addendi i reciproci di tutti i numeri naturali, elevati alla $s$. Il motivo per cui si richiede che $s$ sia contenuti in $A$ è legato al fatto che, per questi valori, $\zeta(s)$ è un numero finito.
Vediamo un importantissimo risultato legato a questa funzione, dimostrato originariamente da Eulero nel 1737.
Teorema (formula prodotto di Eulero). Per ogni $s$ dove $\zeta(s)$ è definita, vale la seguente uguaglianza: $$\zeta(s) = \prod_{p \text{ primo}}\frac{1}{1 - p^{-s}}$$dove $\prod$ è il simbolo di produttoria (che indica un prodotto infinito, similmente a quanto fa il simbolo di sommatoria $\sum$).
Dimostrazione. Iniziamo esplicitando $\zeta(s)$, seguendo la definizione: $$\zeta(s) := \sum_{n = 1}^{+\infty} \frac{1}{n^s} = 1 + \frac{1}{2^s} + \frac{1}{3^s} + \frac{1}{4^s} + \frac{1}{5^s} + \ldots$$Dividiamo entrambi i membri dell’equazione per $2^s$: otteniamo $$\frac{\zeta(s)}{2^s} = \frac{1}{2^s} + \frac{1}{4^s} + \frac{1}{6^s} + \frac{1}{8^s} + \frac{1}{10^s} + \ldots$$Sottraendo membro a membro l’identità ottenuta alla definizione di $\zeta(s)$, otteniamo questa nuova relazione: ##KATEX##\begin{aligned} \zeta(s) - \frac{\zeta(s)}{2^s} & = 1 + \frac{1}{3^s} + \frac{1}{5^s} + \frac{1}{7^s} + \ldots \\ \zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) & = 1 + \frac{1}{3^s} + \frac{1}{5^s} + \frac{1}{7^s} + \ldots \end{aligned}##KATEX##In sostanza la nuova somma $\zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right )$ ha come addendi tutti i numeri del tipo $\frac{1}{d^s}$ con $d$ numero naturale dispari.
Partiamo da questa nuova somma, e stavolta dividiamo entrambi i membri per $3^s$. Ecco cosa otteniamo: $$ \zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) \cdot \frac{1}{3^s} = \frac{1}{3^s} + \frac{1}{9^s} + \frac{1}{15^s} + \frac{1}{21^s} + \ldots$$Sottraendo membro a membro questa identità dall’espressione in cui compare $\zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right )$, otteniamo ##KATEX##\begin{aligned} \zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) - \zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) \cdot \frac{1}{3^s} & = 1 + \frac{1}{5^s} + \frac{1}{7^s} + \frac{1}{11^s} + \ldots \\ \zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) \left ( 1 - \frac{1}{3^s} \right) & = 1 + \frac{1}{5^s} + \frac{1}{7^s} + \frac{1}{11^s} + \ldots \end{aligned}##KATEX##Questa nuova somma è invece costituita da tutti i numeri razionali del tipo $\frac{1}{f^s}$, con $f$ dispari e non multiplo di $3$.
Questo procedimento può ovviamente essere ripetuto tutte le volte che si vuole, dividendo la relazione ottenuta a ogni passo per un numero primo elevato alla $s$ e sottraendola alla precedente (noi abbiamo svolto il processo solamente per i numeri primi $2$ e $3$). Si nota intuitivamente che, progressivamente, tutti i termini frazionari originariamente presenti in $\zeta(s)$ vengono eliminati: vale cioè la relazione $$\zeta(s) \cdot \left ( 1 - \frac{1}{2^s} \right ) \left ( 1 - \frac{1}{3^s} \right) \left ( 1 - \frac{1}{5^s} \right) \left ( 1 - \frac{1}{7^s} \right ) \cdots = 1$$che può essere riassunta utilizzando la scrittura $$\zeta(s) \cdot \prod_{p \text{ primo}}1 - \frac{1}{p^s} = 1$$dove, come anticipato, $\prod$ è il simbolo di produttoria, che schematizza il concetto di “prodotto infinito” in maniera simile a quanto fa il simbolo di sommatoria con il concetto di “somma infinita”.
Possiamo rielaborare ulteriormente l’uguaglianza ottenuta: ##KATEX##\begin{aligned} \zeta(s) \cdot \prod_{p \text{ primo}}1 - \frac{1}{p^s} & = 1 \\ \zeta(s) = \prod_{p \text{ primo}}\frac{1}{1 - \frac{1}{p^s}} \end{aligned}##KATEX##Questa è proprio l’identità che volevamo dimostrare.
Al di là dell’enunciato del teorema e della sua dimostrazione, che possono risultare molto complicati da comprendere, quello che deve saltare all’occhio è l’inaspettata espressione esplicita per la funzione $\zeta(s)$ in termini di un prodotto che coinvolge quantità dipendenti solamente da numeri primi.
Questo legame non passò inosservato e la funzione $\zeta(s)$ suscitò un sempre maggiore interesse in Riemann. Egli stesso trovò infatti un modo coerente di estendere la definizione di $\zeta(s)$ a tutti i numeri complessi (e non solo al sottoinsieme $A$ che abbiamo introdotto noi) e si rese conto che la funzione così ottenuta si annullava in corrispondenza di $s = -2, -4, -6 \ldots$, detti zeri banali della funzione zeta. Ma quali sono tutte soluzioni dell’equazione $\zeta(s) = 0$, esclusi gli zeri banali? A questo proposito, Riemann formulò la sua celeberrima congettura, detta appunto ipotesi di Riemann:
Tutti gli zeri non banali di $\zeta(s)$ hanno parte reale uguale a $\frac{1}{2}$.
Ad oggi, nessuno è mai riuscito a capire se questa frase è vera o falsa: non esiste cioè una confutazione né una dimostrazione di questo fatto. La maggior parte dei matematici ritiene che questa congettura sia vera; ciononostante, finchè non se ne trova una prova o anche un solo controesempio, l’ipotesi di Riemann è destinata a rimanere un’ottima intuizione (supportata peraltro da verifiche sperimentali) ma pur sempre priva di fondamento.
Sono stati formulati molti teoremi matematici supponendo che l’ipotesi di Riemann sia vera. Uno tra i più importanti riguarda sicuramente la funzione enumerativa dei primi $\pi(x)$, come anticipato prima di questa sezione. Infatti, Riemann stesso riuscì a fornire un’espressione esplicita per $\pi(x)$ dipendente dagli zeri non banali di $\zeta$; se si riuscisse a dimostrare l’ipotesi di Riemann, questo porterebbe immediatamente a comprendere meglio la distribuzione dei numeri primi all’interno di $\mathbb{N}$.
La congettura di Goldbach e altri misteri irrisolti
In questa sezione vogliamo riportare alcuni degli altri misteri della Matematica legati al mondo dei numeri primi, senza però cercare di entrare nel dettaglio (al contrario di quanto abbiamo tentato di fare per l’ipotesi di Riemann) e senza alcuna pretesa di essere esaustivi. I risultati riportati sono aggiornati a giugno 2015.
- Congettura “forte” di Goldbach: ogni numero pari è somma di due numeri primi.
Per il momento, questa affermazione è risultata vera per tutti i numeri pari minori di $10^{18}$; la ricerca di un eventuale controesempio continua.
L’aggettivo “forte” attribuito alla congettura serve per distinguerla dalla congettura “debole” di Goldbach, che afferma che ogni numero dispari maggiore di $7$ è somma di tre numeri primi diversi da $2$. Questa congettura è ormai un teorema, dato che è stata dimostrata nel 2013. - Numeri primi gemelli. Due numeri primi si dicono gemelli se la loro differenza è pari a $2$; alcuni esempi di numeri primi gemelli sono $(5, 7), (11, 13)$ e $(17, 19)$. Ma quanti sono i numeri primi gemelli? Questo non si sa, ma si pensa che siano infiniti. L’unica cosa che sappiamo per il momento è che i numeri primi gemelli più grandi che siamo riusciti a trovare hanno 200700 cifre.
- Quadruple di primi. Quattro numeri primi formano una quadrupla se essi sono del tipo $\{p, p+2, p+6, p+8\}$ dove $p$ è il numero primo più piccolo. Quante sono le quadruple di primi? Nessuno lo sa, ma sappiamo che la quadrupla di primi più grande che conosciamo è composta da primi che hanno 3503 cifre.
- Numeri primi di Mersenne. Un numero primo è di Mersenne se è della forma $2^n - 1$ per un qualche numero naturale $n$. Quanti numeri di Mersenne esistono? Per il momento, il più grande trovato è $p = 2^{57885161}-1$; si pensa che tali numeri siano infiniti, ma purtroppo non abbiamo una dimostrazione di questo fatto.
- Numeri primi di Fibonacci. Quanti numeri primi sono presenti nella successione di Fibonacci? Anche qui, il mistero è ancora fitto. Per il momento sappiamo che il termine alla posizione $81839$ della successione è un numero primo, ed è il più grande che conosciamo (ha 17103 cifre).