Introduzione
I Paralipomeni della Batracomiomachia sono un poemetto satirico in ottave di Giacomo Leopardi, composto tra il 1831 e la morte del poeta nel 1837. L’opera sarà pubblicata solo postuma nel 1842, a Parigi (anche per sfuggire alla censura politica), grazie all’intervento dell’amico Antonio Ranieri (1806-1888).
I Paralipomeni descrivono in forma satirica il fallimento dei moti rivoluzionari in Italia tra il 1820 e il 1821, raffigurando sotto le fattezze di topi, rane e granchi, i patrioti italiani, il potere borbonico e l’assolutismo austriaco. I Paralipomeni della batracomiomachia, in otto canti, si interrompono quando il narratore confessa che, nel manoscritto cui si sta ispirando, manca la parte finale.
Riassunto
Il titolo dell’opera fa riferimento alle “cose omesse” (dal greco paraleipô, “tralasciare”) della battaglia tra rane e topi (sempre dal greco, máche, battaglia, bátrachos, rana, e mys, topo) descritta nella Batracomiomachia, un poemetto d’età ellenistica in esametri erroeneamente attribuito ad Omero e la cui datazione oscilla dal V al I secolo a.C. Leopardi recupera questo modello (che ironizza le gesta eroiche dei protagonisti dell’Iliade e dell’Odissea), di cui propone un’ideale continuazione, per un amaro racconto parodico sulla situaizone sociopolitica italiana ad inizio Ottocento. In questo senso, i topi rappresenterebbero i patrioti italiani liberali (con un parentesi dedicata alla Carboneria), i granchi gli austriaci e le rane le truppe pontificio-borboniche. Non mancano personaggi che alludono a figure storiche precise: re Ferdinando I di Borbone (1751-1825) è il re dei topi Mangiaprosciutti; il granchio Camminatorto e il principe di Metternich (1773-1859); il generale napoleonico Gioacchino Murat (1767-1815) è il valoroso topo Rubatocchi, mentre Francesco I d’Austria (1768-1835) è il granchio Senzacapo. Il topo Leccafondi è invece il simbolo dei patrioti liberali italiani.
La vicenda si apre sulla sconfitta in battaglia dei topi contro le rane e i granchi 1; dopo la morte del re Mangiaprosciutti, i topi decidono di farsi guidare dal condottiero Rubatocchi, e inviano il liberale Leccafondi in ambasceria dai granchi, per trattare le condizioni di pace (canto I). Leccafondi però viene imprigionato da Brancaforte che, per tramite del re dei granchi Senzacapo, detta delle dure condizioni di resa: oltre a dover eleggere un re legittimo e ad ospitare nella loro capitale sotterranea di Topaia trentamila granchi, i topi dovranno accettare i principi di equilibrio e di legittimo intervento dei granchi sul loro regno 2 (canto II). Leccafondi chiede di avere quindici giorni per poter discuterne con gli altri topi, mentre a Topaia Rubatocchi, che pure detiene il potere, indice una consultazione popolare per scegliere la nuova forma di governo: viene così scelta una monarchia costituzionale ed eletto re Rodipane, genero di Mangiaprosciutti (canto III). Il nuovo re e il governo accettano le condizioni dei granchi riferito da Leccafondi, che diventa ministro dell’Interno; tuttavia, Senzacapo, che non vede di buon occhio il regime costituzionale di Topaia, pretende che alla corte dei topi sia riservato un posto per un suo ambasciatore (canto IV). Al rifiuto dei topi, l’unica alternativa è la guerra in campo aperto: i topi, terrorizzati dalla forza dei granchi, fuggono, lasciando il solo Rubatocchi a combattere e a morire eroicamente in battaglia (canto V). Brancaforte occupa Topaia, abolisce la costituzione e controlla Rodipane, rimasto sovrano di facciata, attraverso il granchio consigliere Camminatorto. I tentativi dei topi di organizzarsi in società segrete, sul modello della Carboneria, per ribaltare il regime assolutistico imposto dai granchi si rivelano nei fatti peggiori del male stesso. Leccafondi, perduta ogni carica pubblica, si dà all’esilio, per giungere infine nel palazzo del nobile Dedalo, che lo ospita (canto VI). Quest’ultimo spiega a Leccafondi che potrà salvare Topaia discendendo agli Inferi per chiedere ai morti quale sarà il futuro della città. Così Leccafondi e Dedalo volano sulla terra e arrivano all’Averno 3, situato in un isola dell’Oceano Pacifico (canto VII). Tuttavia, disceso agli Inferi, Lecacfondi scopre che le anime dei topi sono catatoniche, senza alcuno stimolo o desiderio 4. Riesce tuttavia a parlare con Mangiaprosciutti e Rubatocchi che gli dicono di cercare l’aiuto del generale Assaggiatore.
A questo punto il poemetto si interrompe.
Analisi e commento
I Paralipomeni della batracomiomachia consegnano un quadro cupo e sfiduciato sulla situazione politico-culturale italiana dei primi decenni del XIX secolo, in cui convergono molti temi della riflessioni del Leopardi maturo. L’autore recupera la Batracomiomachia pseudomerica, cioè un testo di stampo epico-ilidiaco in cui si mettono in parodia le imprese belliche degli eroi omerici attraverso una comica ed immaginaria guerra tra topi e rane. La guerra viene scatenata dalla morte di Rubabriciole, re dei topi, esortato dal re delle rane Gonfiagote a salire sulle sue spalle per poter ammirare il lago e annegato a causa di un’improvvisa immersione di Gonfiagote, spaventato dall’arrivo di un serpente. Se la guerra pare volgere in favore dei topi, questi vengono infine messi in fuga, a causa dell’intervento di Zeus e dell’ingresso in guerra dei granchi, schierati dalla parte delle rane.
A questa tradizione Leopardi unisce quella del poema eroicomico, che affonda le proprie radici nella tradizione del poema cavalleresco di Ariosto e Tasso e che ne ribalta i valori di fondo, come ne La secchia rapita (1622) di Alessandro Tassoni (1565-1635), la Moscheide (1624) e L’Eneide travestita (1634) di Giovanni Battista Lalli (1572-1637), Il Malmantile racquistato (1676) di Lorenzo Lippi (1606-1664) 5. A ciò si deve aggiungere la corrente favolistica, che discende dai classici Esopo (620 ca. a.C - 560 ca. a.C.) e Fedro (20 ca. a.C. - 51 d.C.) e dai “moderni” Jean de la Fontaine (1621-1695) e Charles Perrault (1628-1703): da qui l’autore riprende la rappresentazione antropomorfa degli animali come raffigurazione dei vizi e delle virtù umane.
La rielaborazione di queste fonti eterogenee permette all’autore di mettere sarcastimente in rilievo sia la violenza del potere autoritario dei granchi (e quindi del potere austriaco che soffoca l’aspirazione alla libertà del popolo italiano) che gli errori e le debolezze dei topi (e, in particolare, delle figure dei carbonari al canto VI). L’atteggiamento leopardiano è quello di distaccata disillusione nei confronti del mito del progresso e dell’ottimismo ottocentesco e di rifiuto categorico delle filosofie spiritualistiche . Il rifiuto stesso del’assolutismo non si traduce in un’acritica esaltazione della libertà ma riconosce i limiti dell’azione liberale di Leccafondi ed è inflessibile nel giudicare molto negativamente le velleità degli intellettuali “carbonari”, che per Leopardi vedono nella causa della libertà solo un gioco di società, risultando così del tutto inutili ed inoffensifivi per il potere dei granchi “austriaci”. Il Leopardi dei Paralimpomeni è dunque assai vicino alle tematiche e ai toni che animeranno l’ultima parte della sua produzione: il distacco dai circoli intellettuali quali il gabinetto Vieusseux, espresso ironicamente nella Palinodia al marchese Gino Capponi (1834), il rifiuto dello spiritualismo e delle “magnifiche sorti e progressive” (v. 51) reso esplicito nella Ginestra e nei Nuovi credenti, l’opposizione alle posizioni politico-civili del Romanticismo italiano, il pessimismo esistenziale già emerso anni prima nel Dialogo di Tristano e di un amico. Per questi motivi (e per l’apparente avversione dell’autore ai moti del Risorgimento), la Batracomiomachia ricevette all’epoca della sua pubblicazione un’accoglienza assai fredda, per essere rivalutata solo in tempi pù recenti.
1 L’episodio allude alla battaglia di Tolentino del 2-3 maggio 1815 tra gli austriaci e le truppe di Murat. Il successo dei primi permise il ritorno dei Borbone nel Regno di Napoli.
2 Qui i Paralipomeni satireggiano gli analoghi “principi” sanciti dal Congresso di Vienna tra il 1814 e il 1815.
3 Il tema della “discesa agli Inferi” è ovviamente una parodia del viaggio compiuto da Enea nel sesto libro dell’Eneide alla ricerca del padre Anchise e da Dante Alighieri nell’intera Commedia.
4 Un’immagine simili del mondo dei morti si trova già nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie all’interno delle Operette morali.
5 Antecedente è il caso del Morgante (1478) di Luigi Pulci o l’Orlandino (1526) di Teofilo Folengo (1491-1544).