Introduzione
L’Eneide viene spesso definito come “poema del destino”. In effetti è proprio il fato il vero protagonista di quest’opera, dove tutte le fatiche e i sacrifici dolorosi compiuti dai personaggi conducono a un futuro lontano e circonfuso di gloria, un vero ritorno all’età dell’oro dopo i lutti e le tragedie delle guerre civili. E questo futuro è destinato a concretizzarsi solo mediante la creazione dell’impero romano e del regno di Ottaviano Augusto 1. In alcuni punti dell’Eneide si aprono degli “squarci” sul tempo futuro in cui verrà realizzata questo fine ambizioso; un tempo che è lontanissimo per gli eroi del poema, ma presente per i contemporanei di Virgilio. Queste premonizioni sono poste davanti agli occhi di Enea in punti strategici dell’opera per di motivarlo e spingerlo con più forza alla missione, personale e storica, che lo attende.
Lo “squarcio” più importante si trova all’interno del sesto libro, situato non a caso in posizione centrale all’interno dell’Eneide. Dopo un viaggio nei campi distesi intorno allo Stige, dove Enea aveva avuto modo di affrontare i fantasmi del suo passato, Enea arriva nelle terre dei beati. In questo luogo il padre Anchise, dopo aver esposto la teoria orfico-pitagorica della reincarnazione, mostra al figlio una lunga serie di personaggi famosi della storia repubblicana, componendo un vero e proprio catalogo che giunge fino ai tempi di Augusto. Questa carrellata si interrompe solo tra i vv. 847-853, in cui troviamo in pochi versi la celebrazione della missione storica di Roma introdotta da un Priamel, ovvero un’elencazione di alternative all’interno delle quali viene inserita l’unica via che deve essere seguita dal popolo romano: reggere i popoli con la propria autorità, imporre la pace risparmiando i supplici e sconfiggendo i superbi. Una sorta di propaganda del regime augusteo, che non a caso aveva fatto della pace uno dei suoi imperativi fondamentali. Dopo questi versi Anchise prosegue la sua descrizione con due personaggi dallo stesso nome, Claudio Marcello. L’opposizione tra i due non potrebbe essere più grande: il primo, vincitore sui Galli e i Cartaginesi, giunse addirittura a portare nel 222 a.C. nel tempio di Giove Feretrio le spoliae opimae di un re vinto in duello 2 mentre le virtù del giovane Marcello, figlio della sorella di Augusto e morto prematuramente nel 23 a.C. a soli diciannove anni, sono solo potenziali e non destinate a venire mai alla luce. Proprio con questo contrasto tra gloria in atto e gloria in potenza si conclude la carrellata dei grandi personaggi della Roma repubblicana: il messaggio di Virgilio è che la storia è fatta di sofferenza e che il dolore è ineliminabile dalla vita umana.
Lo stile di questo brano è caratterizzato dalla prevalenza per le strutture sintattiche complesse, movimentate ed arricchite dal frequente utilizzo di enjambements e iperbati.
Metro: esametri.
- Quìs te, màgne Catò 3, tacit(um) àut te, Còsse 4, relìnquat?
- quìs 5Gracchì genus 6 àut geminòs, duo fùlmina bèlli,
- Scìpiadàs 7, cladèm Libyaè, parvòque potèntem
- Fàbriciùm 8 vel tè sulcò, Serràne 9, serèntem 10?
- quò fessùm rapitìs 11, Fabiì 12? tu Màximus 13 ìlle (e)s,
- ùnus quì nobìs cunctàndo rèstituìs rem.
- Èxcudènt aliì spiràntia mòllius aèra 14
- crèd(o) equidèm, vivòs ducènt 15 de màrmore vòltus 16,
- òrabùnt causàs meliùs, caelìque meàtus
- dèscribènt radi(o) 17 èt surgèntia sìdera 18 dìcent:
- tù reger(e) ìmperiò populòs, Romàne, memènto 19
- (haè tib(i) erùnt artès 20), pacìqu(e) impònere mòrem,
- pàrcere sùbiectìs 21 et dèbellàre supèrbos 22'.
- Sìc pater Ànchisès 23, atqu(e) haèc 24miràntibus 25 àddit:
- 'Àspic(e), ut ìnsignìs spoliìs Marcèllus opìmis 26
- ìngreditùr victòrque viròs superèminet òmnis 27.
- Hìc rem Ròmanàm magnò turbànte tumùltu
- sìstet equès, sternèt Poenòs Gallùmque rebèllem,
- tèrtiaqu(e) àrma patrì suspèndet càpta Quirìno 28.
- Àtqu(e) hic Aèneàs unà 29 namqu(e) ìre vidèbat
- ègregiùm 30 formà iuven(em) 31 èt fulgèntibus àrmis 32,
- sèd frons laèta par(um) 33 èt deiècto lùmina vòltu 34
- 'Quìs, pater, ìlle, virùm qui sìc comitàtur eùntem 35?
- fìlius, ànn(e) aliquìs magnà de stìrpe nepòtum 36?
- quìs strepitùs circà comitùm. quant(um) ìnstar in ìpso!
- sèd nox àtra capùt tristì circùmvolat ùmbra 37'.
- Tùm pater ànchisès lacrimìs ingrèssus obòrtis 38:
- 'Ò gnat(e), ìngentèm luctùm ne quaère tuòrum;
- òstendènt terrìs hunc tàntum fàta nec ùltra
- èsse sinènt. nimiùm vobìs Romàna propàgo
- vìsa 39 potèns, superì, propri(a) haèc si dòna fuìssent 40.
- Quàntos ìlle virùm 41 magnàm Mavòrtis 42 ad ùrbem
- Càmpus agèt gemitùs! vel quaè, Tiberìne, vidèbis
- fùnera, cùm tumulùm praetèrlabère recèntem!
- Nèc puer ìliacà quisquàm de gènte Latìnos
- ìn tantùm spe tòllet avòs, nec Ròmula quòndam
- ùllo sè tantùm tellùs iactàbit alùmno.
- Hèu pietàs, heu prìsca fidès invìctaque bèllo
- dèxtera 43! nòn illì se quìsquam impùne tulìsset 44
- òbvius àrmatò, seu cùm pedes ìret in hòstem
- sèu spumàntis equì foderèt calcàribus àrmos.
- Hèu, miserànde 45 puèr, si quà 46fat(a) àspera rùmpas,
- tù Marcèllus erìs 47. manibùs date 48 lìlia plènis 49
- pùrpureòs spargàm florès animàmque nepòtis
- hìs salt(em) àccumulèm donìs, et fùngar inàni
- mùnere 50'. Sìc totà passìm regiòne vagàntur
- àeris ìn campìs latìs atqu(e) òmnia lùstrant.
- Chi, grande Catone, lascerebbe te in silenzio, oppure te, Cosso?
- Chi la stirpe di Gracco o i fratelli Scipioni, due fulmini di guerra,
- rovina della Libia, e Fabrizio, soddisfatto con poco, o te,
- Serrano, che seminavi nel solco? Dove mi trascinate stanco,
- o Fabi? tu sei quel famoso Massimo, il solo che
- temporeggiando ci restituìsti lo stato. Altri plasmeranno
- meglio il bronzo che respira - io certamente lo credo -
- e caveranno fuori dal marmo volti vivi, peroreranno
- meglio le cause, tracceranno le orbite del cielo
- con il compasso e predirranno il sorgere degli astri:
- tu, o Romano, ricordati di reggere i popoli con autorità
- (tu avrai queste arti) e di imporre norme alla pace,
- di risparmiare quelli che si sottomettono e debellare i superbi”.
- Così disse il padre Anchise, e aggiunse queste parole mentre
- questi si stupivano: “Guarda, come Marcello avanza maestoso
- per le spoglie illustri e da vincitore sopravanza tutti gli uomini.
- Questo, come cavaliere, rafforzerà la potenza romana quando
- un grande tumulto la turberà, abbatterà i Cartaginesi e il Gallo
- ribelle e per terzo appenderà le armi catturate per il padre Quirino”.
- E a questo punto Enea vedeva andare insieme
- a questo un giovane notevole per l’aspetto e le armi luminose,
- ma che aveva la fronte poco lieta e lo sguardo chino a terra.
- “Chi, o padre, è quello che si accompagna così all’eroe
- che avanza? È forse suo figlio o uno proveniente dalla grande
- stirpe dei nipoti? Quale frastuono di compagni intorno a lui.
- Che nobiltà in lui! Ma la notte cupa vola intorno alla sua testa
- con una triste ombra”. Allora il padre Anchise incominciò a parlare
- mentre gli sgorgavano le lacrime: “O figlio, non mi chiedere
- un grande dolore dei tuoi; il destino lo mostrerà un attimo
- al mondo e non permetterà che viva di più. La discendenza
- romana vi sarebbe sembrata troppo potente, o dei celesti, se
- ci fossero stati questi doni. Il Campo di Marte quanti gemiti
- di uomini provocherà nella grande città! O quali funerali vedrai,
- o Tevere, quando scorrerai oltre al recente tumulo!
- E nessun fanciullo proveniente dal popolo di Ilio solleverà
- a tanto gli avi latini con la speranza, e mai la terra
- di Romolo si vanterà così tanto per un figlio.
- O pietà, o antica fede e destra imbattuta in guerra! Nessuno
- avrebbe mai sopportato di andare impunemente incontro a lui
- armato, sia che avanzasse come fante contro il nemico
- sia che spronasse con gli speroni i fianchi di uno spumante
- cavallo. Oh, fanciullo degno di pietà, se in qualche modo
- spezzassi il duro destino, tu sarai Marcello. A piene mani
- lasciate che io sparga gigli, fiori purpurei, e ricolmi
- l’anima del nipote almeno con questi doni, e io assolva
- la vana offerta”. Così vagano sparsamente per tutta la regione
- nei vasti campi aerei e passano in rassegna tutte le cose.
1 L’Eneide nasce infatti come poema encomiastico per celebrare Ottaviano e il suo governo. Il progetto iniziale prevedeva addirittura un poema epico-storico, sul modello degli Annales di Ennio, che avrebbe raccontato le vicende della guerra civile tra Ottaviano e Antonio. Virgilio sceglie invece di tornare più indietro nel tempo, raccontando l’arrivo di Enea nel Lazio.
2 Spolia opima significa letteralmente “bottino abbondante” e si riferisce alle armi e all’armatura che un condottiero romano sfila al comandante nemico, dopo averlo ucciso in un combattimento personale. Il bottino doveva essere offerto a Giove Feretrio; questo grande onore, prima di Claudio Marcello, era stato accordato solo a Romolo - secondo quanto racconta Plutarco nelle Vite parallele - e al console Aulo Cosso nel 428 a.C.
3 Cato: si tratta di Marco Porcio Catone, detto “il censore” (234-149 a.C.). Si trattò di uno dei più importanti uomini politici del suo tempo, fautore di una politica conservatrice che si scontrò più volte contro le tendenze ellenizzanti rappresentate dal Circolo degli Scipioni. Tra le altre opere compose anche il De agricoltura, un trattato tecnico sulla gestione di un podere agricolo, e le Origines la prima opera annalistica scritta in latino e non in greco.
4 Cosse: Aulo Cornelio Cosso, durante il suo consolato (428 a.C.) aveva ucciso in battaglia a Fidene il re di Veio Tolumno, meritando per questo di poter deporre le sue spoglie nel tempio di Giove Feretrio. Era stato il secondo a poterlo fare dopo Romolo.
5 Quis… quis: la ripetizione del pronome interrogativo quis all’inizio di due versi consecutivi costituisce una breve sequenza anaforica.
6 Gracchi genus: il riferimento è probabilmente ai tre Gracchi più famosi della storia romana: Sempronio, console durante la seconda guerra punica, e i fratelli Tiberio e Caio, fautori nel 133 e nel 123 a.C. di un tentativo di riforma agraria che andava contro gli interessi del senato e che per questo venne repressa nel sangue.
7 Scipiadas: si tratta di Scipione l’Africano, vincitore sui cartaginesi a Zama (203 a.C.) e di Scipione Emiliano, suo nipote adottivo, conquistatore di Cartagine durante la terza guerra punica (149-146 a.C.) e per questo definito anche “Africano Minore”, per distinguerlo dall’altro.
8 Fabricium: il catalogo edificante dei più importanti uomini di stato dell’epoca repubblicana prosegue con Gaio Fabrizio Luscino, console nel 282 a.C. durante la guerra contro i Tarantini e il re d’Epiro Pirro. Fu autore di una serie di azioni di “fair play” nei confronti dell’avversario (a esempio rifiutò di far avvelenare Pirro nonostante avesse ricevuto una interessante proposta dal suo medico personale). Fu famoso anche per la sua integrità: rifiutò più volte doni volti a corromperlo (per questo motivo viene qui definito “parvo potentem”, “che si accontenta di poco”). Seguendo la versione di Virgilio, anche Dante lo definisce in tal modo (Purgatorio, XX, vv. 25-27: “Seguentemente intesi: ‘O buon Fabrizio, | con povertà volesti anzi virtute; | che gran ricchezza posseder con vizio’.”)
9 Serrane: Attilio Regolo, detto “Serrano”. Fu dittatore durante la prima guerra punica. Secondo la tradizione ricevette l’ambita nomina mentre coltivava il suo piccolo podere: il soprannome derivererebbe quindi dal verbo sero, seris, serui, sertum, serere, “seminare”.
10 sulco, Serrane, serentem: si tratta di una sequenza fortemente allitterante della sibilante “s”.
11 Sottintendi “me”.
12 Fabii: quella dei Fabi era una delle più importanti famiglie repubblicane, che diede i natali al successivo personaggio passato in rassegna da Anchise, il dittatore Quinto Fabio Massimo.
13 Maximus ille: Quinto fabio Massimo, dittatore durante la seconda guerra punica in seguito alla disastrosa sconfitta romana del Trasimeno (217 a.C.), cercò di adottare una tattica temporeggiatrice (cunctatio, cunctationis) nei confronti dell’esercito vincitore di Annibale. Limitandosi a compiere attacchi alle retrovie e impedendo di ingaggiare una battaglia campale, il “temporeggiatore” (cunctator, cunctatoris) riuscì a ridar forza alle forze romane. Ma la sua tattica era invisa alla popolazione, e per questo al termine del suo mandato si decise di attaccare battaglia. Ma il risultato fu la sconfitta di Canne (216 a.C.). Quinto Fabio Massimo rimase comunque influente all’interno del senato romano. La tradizione ci riporta un contrasto avuto con Scipione sull’opportunità di portare la guerra in Africa e di attaccare battaglia nei pressi di Cartagine: come sappiamo, questa sarà in realtà la tattica vincente che porterà alla vittoria di Zama. Il pronome dimostrativo ille ha in questo caso il significato “quel famoso”.
14 spirantia mollius aera: si tratta di un iperbato, dal momento che due elementi uniti tra loro (“spirantia” e “aera”) sono separati da “mollius”(comparativo di maggioranza dell’avverbio mollis, mollis). “Aera”è accusativo plurale del sostantivo aes, aeris e indicherebbe non tanto il bronzo, quanto gli oggetti costruiti con esso (è la figura retorica della metonimia, in cui viene usato il materiale per indicare l’oggetto composto di quel materiale; ad esempio, il ferro per indicare la spada o il legno per indicare la barca). “Spirantia”è participio presente del verbo spiro, spiras, spiravi, spiratum, spirare che indica solitamente l’azione del respirare. Il senso è che le statue di bronzo costruiti da altri popoli - che non vengono specificati, ma il riferimento ai greci è quasi palese - sono fatte tanto bene che sembrano quasi respirare, come se fossero dotate di vita.
15 ducent: il verbo duco, ducis, duxi, ductum, ducere ha in questo caso il significato di “cavar fuori” le immagini dalla pietra.
16 voltus: forma arcaica per vultus. La lontananza tra “vivos” e “voltus”, coordinati tra di loro, costituisce un forte iperbato.
17 radio: il compasso e la riga erano i principali strumenti che venivano usati per i calcoli nell’antichità. Il compasso era ovviamente molto adatto per i calcoli celesti, dove i pianeti si muovevano secondo una vasta serie di cicli ed emicicli.
18 surgentia sidera: si tratta del consueto uso del concreto per l’astratto. La traduzione letterale sarebbe infatti “gli astri che sorgono”.
19 memento: si tratta di un imperativo futuro. L’uso di questo modo, negli altri campi piuttosto raro, risulta invece frequente nei testi prescrittivi (come il De agricoltura di Catone) o giuridici. Anchise non si limita a suggerire, ma quasi impone quelli che saranno i compiti e i doveri del governo romano sul mondo.
20 hae tibi erunt artes: si tratta di un dativo di possesso.
21 parcere subiectis: il verbo parco, parcis, peperci, parsum, parcere regge di norma il dativo (in questo caso, “subiectis”). Come il successivo “debellare”, è retto da “memento” (v. 851).
22 parcere subiectis et debellare superbos: con la genialità insita nel poeta, Virgilio riesce a condensare in un solo esametro quella che era la propaganda romana nella sua espansione nel Mediterraneo e in Europa. La repubblica romana si vantava infatti di non aver mai fatto una guerra ingiusta (“bellum iniustum”), ma che al contrario le sue armate si muovevano solo per aiutare un alleato oppresso e che chiedeva il suo aiuto o nel caso di un attacco diretto ai propri interessi. In un’epoca in cui la vittoria veniva considerato ancora come un premio degli dei per la propria giustizia, il fatto stesso che Roma non fosse mai stata sconfitta in guerra veniva proprio giustificato sulla base del comportamento corretto del Senato nella politica estera.
23 In questo punto è sottinteso un “dixit”.
24 haec: sottinteso “verba”.
25 mirantibus: si tratta di un ablativo assoluto con sottinteso il soggetto (“his”) riferito ad Enea e alla Sibilla Cumana che lo accompagnava.
26 insignis spoliis Marcellus opimis: si tratta di un doppio iperbato incrociato. “Insignis”si riferisce infatti a “Marcellus”, “spoliis” a “opimis”. Il console Marco Claudio Marcello era stato vincitore sui galli a Casteggio (222 a.C.) e su Annibale a Nola (214 a. C.). La sua impresa più famosa però fu la conquista di Siracusa (212 a.C.). Durante la guerra del 222 contro i galli uccise di sua mano il principe Viridomaro, garantendosi la possibilità di appendere le sue spoglie nel tempio di Giove Feretrio.
27 omnis: arcaismo per “omnes”.
28 Quirino: è il nome con cui veniva chiamato Romolo dopo la sua ascesa in cielo come divinità.
29 una: avverbio. Bisogna intendere come sottinteso un dativo “huic” riferito a Marcello.
30 egregium: l’aggettivo deriva dalla formula ex grege, ovvero “fuori dal gregge” e indica chi si distingue dagli altri facendosi notare nel gruppo in cui si trova.
31 Iuvenem: parte da questo momento la lunga descrizione del giovane Marcello, con cui si chiude la carellata di eroi che hanno caratterizzato la descrizione di Anchise. Marcello era il giovane figlio di Ottavia, sorella di Augusto. Augusto pensava di lasciargli l’impero in eredità, ma la morte prematura del giovane gli impedì di portare a termine il suo piano. Questo è l’unico caso in cui Virgilio non può tessere le lodi per quello che Marcello ha fatto, ma solo per quello che potenzialmente avrebbe potuto fare. Si racconta che lo stesso Augusto e la sorella Ottavia, sentendo questi versi, si siano messi a piangere.
32 forma […] fulgentibus armis: si tratta di due ablativi di limitazione.
33 sed frons laeta parum: è sottinteso un “ei erat”. Ci troviamo dunque di fronte a un dativo di possesso.
34 deiecto lumina voltu: il participio perfetto (da deicio, deicis, deieci, deiectum, deicere) si trova riferito a “voltu” (arcaismo per vultu) solo per ipallage, poiché in realtà si riferisce a “lumina”.
35 euntem: participio presente del verbo eo, is, ivi, itum, ire è riferito a “virum”, che possiamo tradurre in questo contesto come “eroe”. In latino vir rappresenta l’uomo vero, in contrapposizione ad homo, il semplice appartenente al genere maschile. L’eroe è chiaramente Marcello.
36 Sottintendi un “est”.
37 Questo è l’unico punto in cui la lunga descrizione di Anchise viene interrotta dal figlio. Il fine di Virgilio era chiaramente quello di dare maggiore importanza al personaggio che si sta per descrivere, differente da tutti gli altri per fortuna e destino.
38 lacrimis […] obortis: si tratta di un ablativo assoluto. I due elementi sono separati tra di loro per iperbato, ovvero l’inserimento di un elemento (in questo caso il participio perfetto “ingressus”) tra due elementi che altrimenti dovrebbero essere vicini per ragioni logico-sintattiche.
39 visa: sottintendi “esset”.
40 nimium […] fuissent: si tratta un periodo ipotetico del terzo tipo o dell’irrealtà. Il periodo ipotetico dell’irrealtà in latino è caratterizzato dall’utilizzo del congiuntivo imperfetto (irrealtà nel presente) o del congiuntivo piucheperfetto (irrealtà nel passato).
41 virum: forma arcaica per virorum.
42 Mavortis: forma arcaica per Martis. Il termine può essere riferito sia ad “urbem” (Roma infatti era stata fondata da Romolo, figlio di Marte, è quindi può tranquillamente essere definita come una sua città) oppure a “campus” (il Campo di Marte era il luogo appena fuori dai confini della città dove si riunivano gli eserciti in armi e dove avvenivano i comizi per l’elezione dei consoli e di altre magistrature superiori). Il funerale del giovane era infatti stato celebrato nel Campo di Marte, da dove la salma sarebbe stata condotta nel Mausoleo di Augusto. Questo duplice utilizzo del genitivo Mavortis si definisce ipallage.
43 heu pietas, heu prisca fides invictaque bello dextera: vengono qui riassunti le tre principali doti che si possono attribuire a un romano: la pietà (dote di cui Enea era notoriamente fornito), la capacità di prestar fede alla parola data e le qualità militari. Marcello era dunque un perfetto romano, degno di tutti i condottieri di cui Anchise aveva parlato in precedenza. Ma le sue doti furono destinate a rimanere solo potenziali.
44 tulisset: si tratta di un congiuntivo dell’irrealtà.
45 miserande: si tratta di un gerundivo. Si può tradurre con “da commiserare” o “degno di essere commiserato”.
46 qua: sottintendi “ratione”.
47 si […] rumpas tu […] eris: si tratta di un periodo ipotetico misto. La protasi è infatti al congiuntivo presente (periodo ipotetico del secondo tipo o della possibilità) mentre l’apodosi è al futuro semplice (periodo ipotetico del primo tipo o della realtà).
48 Date […] spargam: sottintendi un ut completivo che regge il congiuntivo “spargam”.
49 Manibus date lilia plenis: il verso viene esplicitamente citato da Dante nel trentesimo canto del Purgatorio (v. 21) come tributo letterario al proprio maestro Virgilio, che è sul punto di abbandonarlo per sempre dopo avergli fatto da guida nel viaggio ultraterreno. Era abitudine dei Romani spargere petali di fiori durante la cerimonia funebre.
50 fungar inani munere: fungor, fungeris, functus sum, fungi regge di norma l’ablativo.