Cos’è un predicato
In grammatica, il predicato è ciò che costituisce il nucleo di una frase ed è espresso da un verbo. Il verbo infatti fornisce delle informazioni (cioè, appunto, le “predica”, le dichiara esplicitamente) sul soggetto della frase, indicando a seconda dei casi:
- l’identità del soggetto stesso: “La persona che hai conosciuto è Franco”.
- una qualità o una caratteristica del soggetto, espressa mediante un aggettivo: “Paola è felice”.
- un’azione compiuta dal soggetto: “Andrea mangia la mela”.
- un’azione subita dal soggetto: “La mela è mangiata da Andrea”.
- una situazione: “il sole splende”.
Una caratteristica fondamentale del predicato è che, per fornire queste informazioni sul soggetto, esso dev’essere strettamente correlato ad esso da rapporti logico-sintattici, che si traducono nella concordanza grammaticale tra il soggetto e il predicato. Ad esempio:
Paolo è andato al mare questo weekend (il predicato è andato = terza persona maschile singolare concorda con il soggetto Paolo);
Le mie amiche sono sempre state al mio fianco (il predicato sono state = terza persona femminile plurale concorda con il soggetto le mie amiche).
In alcuni casi, il verbo stesso esprime di per sé l’azione riferita al soggetto, come per esempio nella frase:
Aurelia ride
In altri casi, quando non basta il significato del singolo verbo per fornire tutte le informazioni relative ad un soggetto, e il predicato si appoggia ad altri componenti della frase (che, ad esempio, costituiranno i complementi indiretti in analisi logica). Ad esempio:
Matteo è più alto di Lorenzo (se non aggiungessi la specificazione “di Lorenzo”, la frase rimarrebbe incompleta);
Luisa è partita per Londra (se non aggiungessi il complemento di moto a luogo, perderei un’informazione fondamentale).
In entrambe le frasi, i complementi cui si appoggia il predicato formano il gruppo del predicato. In base al tipo di gruppo del predicato che si crea nella frase, si possono distinguere due tipi diversi di predicato:
- Il predicato verbale, costituito da verbi attivi, passivi, riflessivi, transitivi o intransitivi che “predicano” una proprietà del soggetto.
- Il predicato nominale, composto da una voce del verbo essere, unita ad un aggettivo o ad un nome.
Il predicato verbale
Il predicato verbale è formato dai cosiddetti verbi predicativi, ovvero quei verbi che hanno senso compiuto e che pertanto possono formare anche da soli il predicato. I verbi che formano questo tipo di predicato possono essere attivi, passivi, riflessivi, transitivi, intransitivi, e vengono utilizzati per indicare azioni compiute o subite dal soggetto a cui si riferiscono. Ad esempio:
Tiziana legge;
Martina è stata bocciata.
Naturalmente, tutti questi predicati possono anche avere delle determinazioni ulteriori, ovvero dei complementi che precisano il significato di quello che si vuol dire. Ad esempio:
Tiziana legge un manuale;
Martina è stata bocciata in storia.
In lingua italiana, i verbi che hanno bisogno di determinazioni per completare il loro significato sono la maggior parte, mentre sono davvero pochi - e assolutamente intransitivi - quelli che hanno un significato che basta da solo a determinare l’azione che sta avvenendo. Per esempio, è evidente che in una frase come:
L’arciere ha mancato il bersaglio.
il verbo “mancare” non può bastare da solo ad esprimere il predicato del soggetto.
Nel caso dei predicati verbale, sì è allora soliti distinguere all’interno della frase il soggetto dal gruppo del predicato, costituito dal verbo e da tutte le sue specificazioni.
Il predicato nominale
Definiamo invece predicato nominale quel particolare predicato formato da una voce del verbo essere e da un aggettivo o un nome. Aggettivo e nome concordano in genere, numero e persona con il soggetto, di cui indicano una caratteristica o una qualità. In tal senso, il “peso” semantico della frase non si concentra più sul predicato, ma sul sostantivo o sull’aggettivo che trasmettono le informazioni sostanziali sul soggetto. Si vedano le frasi:
Giacomo è giornalista;
Il pomeriggio è stato faticoso.
In questo caso il verbo essere 1 svolge la funzione di copula (dal latino copula, -ae, “laccio, catena, legame”), ovvero di elemento che collega il soggetto con il nome o con l’aggettivo a esso riferito. Il predicato nominale è così formato da copula e parte nominale del predicato (o anche “nome del predicato”). Ad esempio:
Laura (= soggetto) è (= copula, che unisce Laura ad una sua qualità, la bellezza) bella (= parte nominale del predicato);
Gabriele D’Annunzio (= soggetto) è stato (= copula) uno scrittore famoso (= parte nominale del predicato, che determina meglio ciò che è stato il soggetto).
Il verbo essere, nella sua funzione copulativa, può tuttavia essere sostituito da altri verbi, che svolgono sempre lo stesso compito. Tra i verbi copulativi più frequentemente usati, è possibile citare:
- verbi quali parere, sembrare, diventare, divenire: “Finalmente Giulia pare soddisfatta del suo lavoro”.
- verbi appellativi, che cioè “danno un nome” al soggetto, come dire, chiamare, soprannominare: “Giuseppe venne soprannominato «il Rosso»”.
- verbi elettivi, che indicano un elezione o una nomina ricevuta dal soggetto, come fare, eleggere, nominare, creare: “Matteo è stato eletto sindaco a netta maggioranza”.
- verbi estimativi, che danno un giudizio di stima o di merito sul soggetto, come ritenere, giudicare, credere, stimare: “Pietro è ritenuto da tutti noi una persona corretta” 2.
1 Il verbo essere ha quindi tre usi principali: come verbo autonomo ha il significato di “esistere, trovarsi, stare” (“Il tuo libro è qui”); come copula dà origine ad un predicato nominale (“Gianni è simpatico”); come ausiliare, nella creazione dei tempi composti o delle voci passive dei verbi.
2 Da notare che i verbi appellativi, elettivi ed estimativi possono avere funzione copulativa solo se usati alla forma passiva.