9'

Il sostantivo: regole ed uso in grammatica italiana

Il nome: significato, forma e struttura

 

Il nome, detto anche sostantivo (e cioè “dotato di una sostanza, che esiste realmente”), è una parte variabile del discorso 1 che ha una funzione fondamentale per la comunicazione: il nome infatti indica le persone, le cose, i luoghi, i concetti, le azioni, i sentimenti, le idee e tutto ciò a cui vogliamo riferirci all’interno di una frase o di un discorso. Insomma, i nomi definiscono tutto ciò che esiste o che possiamo immaginare, e quindi costituiscono un elemento imprescindibile di qualsiasi frase, come nel caso del verbo. In italiano, ciascun nome poi ha una sua flessione grammaticale, ovvero può essere maschile o femminile e singolare o plurale. In questo caso i nomi possono essere variabili per genere o per numero. I nomi, inoltre, si combinano e concordano con altre parti della frase, come gli articoli o gli aggettivi.

Ma come possiamo analizzare i nomi? Secondo significato, forma o struttura.

 

Il significato dei nomi

 

Analizzare ciò che i vari nomi significano è un primo passo per dividerli in categorie. Infatti, solo basandoci sul loro significato, possiamo dividere i nomi in sei classi:

- Nomi comuni
- Nomi propri
- Nomi concreti
- Nomi astratti
- Nomi individuali
- Nomi collettivi

1) Nomi comuni: indicano qualcosa o qualcuno in modo generico, come elemento di una categoria o di una classe, come per esempio: uomo, pinguino, pianta. Quando utilizziamo dei nomi comuni, ci riferiamo insomma ad un elemento in generale di una determinata categoria, a meno che non siano aggiunti particolari o caratteristiche più specifiche e dettagliate; c’è una grande differenza, ad esempio, tra “un uomo” e “l’uomo che ho incontrato ieri alla stazione”.

2) Nomi propri: indicano qualcosa o qualcuno in modo particolare e specifico, quindi differenziandolo  in maniera precisa rispetto alla categoria di appartenenza (come nel caso della differenza che c’è tra “Paolo” e “un uomo”). A differenza dei nomi comuni, i nomi propri hanno l’iniziale maiuscola 2. Tra i nomi propri, troviamo nomi e cognomi di persona, nomi geografici (città, fiumi, località famose, mari, monti e così via), titoli di opere artistico-letterarie (il Decameron, I promessi sposi, Il fu Mattia Pascal), nomi di istituzioni politiche, sociali, culturale ecc. ecc.

3) Nomi concreti: indicano cose o esseri reali, e cioè percapibili attraverso i nostri cinque sensi. Per esempio: cane, gomitolo, profumo.

4) Nomi astratti: indicano idee o concetti, quindi cose o concetti raffigurabili dal nostro intelletto ma non percepibili attraverso i sensi. 3. Per esempio: amore, tristezza, ira.

5) Nomi individuali: indicano qualcosa (persona, animale, oggetto) inteso singolarmente. I nomi individuali sono la grande maggioranza dei sostantivi 4 Per esempio: ragazza, bicicletta, ape.

6) Nomi collettivi: indicano un insieme di esseri umani, animali o cose che vengono collettivamente considerati come un’unità singola. Ad esempio: il pubblico (insieme di persone diverse), una mandria (un insieme di animali d’allevamento), la roba (insieme di oggetti). Si faccia attenzione: i nomi collettivi hanno normalmente singolare e plurale, come tutti gli altri nomi.

 

La forma dei nomi

 

I nomi possono anche venir classificati per la loro forma, che differisce in base alla funzione che il sostantivo deve assolvere nella frase che vogliamo creare (e quindi, in base a ciò che vogliamo dire e comunicare). Per esempio, nella serie: ragazzo, ragazza, ragazzi, ragazze è evidente che a cambiare non è solo la forma del nome, ma anche ciò a cui sto facendo riferimento.

All’interno di ongi nome possiamo allora distinguere tra:

- la radice, ovvero quella parte del nome che resta invariata e che trasmette indica il significato fondamentale del sostantivo (nell’esempio: ragazz-);
- la desinenza, ovvero la parte finale del sostantivo, che porta con sé le informazioni grammaticali di base (nell’esempio: ragazz-o, mi indica che stiamo parlando di un giovane uomo).

I nomi, per quanto riguarda la loro forma, si differenziano così per quanto riguarda genere e numero.

 

Il genere: maschile e femminile

Con genere si intende la distinzione in maschile o femminile. Se il nome si riferisce a esseri animati il genere è quello naturale 5, come negli esempi: ragazzo, ragazza; gatto, gatta; padre, madre). Se invece il nome si riferisce a dei nomi di oggetti o concetti astratti, generalmente definiti “nomi di cosa”, hanno un genere convenzionale, come il libro (maschile), la stazione (femminile), la rabbia (femm.), l’appendino (masch.).

Per quanto riguarda le desinenze di genere:

- per il maschile usiamo generalmente -o, ed -e; se indichiamo un mestiere è frequente -tore. Per esempio: uomo, cocchiere, gladiatore.

- per il femminile usiamo generalmente -a, ed -ina; se indichiamo un mestiere è frequente -trice ed -essa. Oppure: donna, eroina, attrice, contessa.

 

Il numero: singolare e plurale

Oltre al genere, i nomi hanno anche un numero, che è singolare quando indica una persona, un animale, una cosa sola e plurale quando indica più persone, cose, animali o enti astratti. Per esempio: la mamma, le mamme; la sedia, le sedie; il mondo, i mondi; la virtù, le virtù). Per quanto riguarda il numero, abbiamo anche qui una variazione della desinenza 6:

- per i nomi che terminano in -a al singolare usiamo generalmente -i se sono maschili, ed -e se sono femminili.
- per i nomi che terminano in -e al singolare usiamo generalmente, sia per il maschile che per il femminile -i.
- per i nomi che terminano in -o al singolare usiamo generalmente sia per il maschile che per il femminile -i.

 

La struttura del nome

 

La struttura di un nome indica il modo in cui sono formati i sostantivi, e permette così di divididerli in:

- Nomi primitivi
- Nomi derivati
- Nomi alterati
- Nomi composti

1) Nomi primitivi: sono quei nomi che non derivano da nessun altra parola all’interno della lingua italiana e sono composti solamente dalla radice, che determina il significato, e dalla desinenza che indica il genere e il numero del nome. Da essi si formano i nomi derivati, i nomi alterati e i nomi composti. Per esempio, sono nomi primitivi: cane, latte, mare.

2) Nomi derivati: sono quei nomi che originano da nomi primitivi e si formano aggiungendo alla radice del nome primitivo degli elementi linguistici, chiamati prefisso (se l’elemento è aggiunto prima del nome, come per esempio: dis-onore, in-fedeltà, in-cosciente) e suffisso (se l’elemento è aggiunto dopo il nome, come per esempio: canile, lattaio, mareggiata). In alcuni casi, i nomi derivati possono avere sia il suffisso che il prefisso (sfrangiatura, sfarinamento).

3) Nomi alterati: sono quei nomi che pur conservando il significato del nome primitivo da cui derivano vi aggiungono un’ulteriore idea o sfumatura di significato. I nomi alterati si ividono a loro volta in:

- Diminutivi, che hanno le desinenze -ino, -etto, -ello, -icello, -icciolo ed danno generalmente l’idea di minutezza e piccolezza, come in tavolino, cagnetto, carrello, torricella, muricciolo.
- Vezzeggiativi, che implicano un’idea di piccolezza e piacevolezza ed aggiungono le desinenze -uccio, -acchiotto, -olo, -otto. Per esempio: tettuccio, orsacchiotto, figliolo, passerotto.
- Accrescitivi, che comunicano l’idea di qualcosa di grosse dimensioni ed hanno le desinenze -one ed -accione, come: donnone, omaccione.
- Peggiorativi che hanno le desinenze accio, -astro, -ucolo, -onzolo, -uncolo, -iciattolo e trasmettono l’idea di qualcosa di spiacevole o spregevole (come in: medicaccio, poetastro, omuncolo, mostriciattolo).

4) Nomi composti: sono quei nomi composti dall’unione di un nome con un’altra parola, che può essere un altro nome, un aggettivo, un verbo, un avverbio o una preposizione (o da una combinazione tra alcuni di loro). Le combinazioni possibili sono:

- Nome + nome, come in: portalettere, metalmeccanico, ferrovia
- Nome + aggettivo, come in: cassaforte, terraferma
- Aggettivo + nome, come in: altorilievo, purosangue, mezzanotte
- Aggettivo + aggettivo, come in: chiaroscuro
- Verbo + nome, come in: passaparola, paracadute, cacciavite
- Verbo + verbo, come in: andirivieni
- Verbo + avverbio, come in: posapiano
- Preposizione + nome, come in: sottoscala
- Avverbio + aggettivo, come in: sempreverde
- Avverbio + verbo, come in: benestante

1 A parte l’eccezione dei nomi invariabili.

2 Fanno eccezione alcuni casi particolari, come quando un nome comune di animale o di cosa viene scritto con la maiuscola perché personificato (si pensi ai protagonisti animali delle favole), oppure le situazioni in cui, per motivi particolari, un nome comune acquista particolare valore: “La Divina Commedia di Dante Alighieri è il Poema sacro per eccellenza”.

3 Spesso il confine tra nomi concreti e nomi astratti è molto labile, soprattutto per quanto riguarda i nomi che definiscono azioni.

4 Attenzione a non confondere la caratteristica dell’individualità, che riguarda il significato del sostantivo, con la declinazione al singolare o al plurale, che riguarda il numero del sostantivo.

5 Si possono distinguere in tale insieme i nomi mobili, che modificano la desinenza al passaggio da un genere all’altro (scrit-tore, scrit-trice), i nomi indipendenti, che hanno due forme compeltamente diverse tra loro per il maschile e il femminile (uomo, donna; fratello, sorella; papà, mamma; mucca, toro) e i nomi di genere comune, che hanno una sola forma per maschile e femminile (cantante, nipote, geriatra) e per cui risulta chiarificatore il contesto della frase in cui sono inseriti (come aggettivi o articoli concordati). I nomi di animali possono avere la desinenza variabile, essere indipendenti, oppure di genere comune; la maggior parte si definisce comunque di genere promiscuo, con una forma che viene indifferentemente usato per esemplari maschi o femmine, con eventualmente una specificazione successiva: il ghepardo femmina, il maschio della volpe.

6 Nella variazione della desinenza per quanto concerne il numero ci sono numerose eccezioni. Le più frequenti sono i nomi invariabili, che hanno una sola forma al singolare e al plurale (come: città, auto, tesi, cinema), i nomi difettivi, che invece vengono usati solo in una delle due forme, poiché “difettano” dell’altra (come: pietà, coraggio, fame, sete) e i nomi sovrabbondanti, che presentano due forme distinte di plurale (ginocchio, ginocchi, ginocchia), spesso di significato diverso tra di loro (gesto, gesti, gesta; fondamento, fondamenti, fondamenta; corno, corni, corna).

Testo su Italiano

Relatori