Cos’è il verbo? Una breve introduzione
Il verbo è una parte variabile del discorso che indica l’azione compiuta o subita dal soggetto della frase, o un suo modo d’essere. Da questo punto di vista, il verbo è strettamente collegato ai nomi: se questi indicano persone, cose, animali ed entità astratte, quello specifica cosa avviene ad essi, fornendo informazioni spesso essenziali per ciò che si vuole comunicare. Possiamo fare i seguenti esempi:
Giulio è un mio amico che studia Ingegneria; oggi è stato promosso ad un esame e quindi si riposerà al parco.
Quindi è, studia, è stato promosso, si riposerà sono tutti verbi; essi si differenziano tra loro in base a vari aspetti, come la forma, la funzione, la coniugazione e così via, ed esprimono un’azione fatta o subita dal soggetto (studia; è stato promosso), specificano l’esistenza di qualcosa (è un mio amico), oppure ci informano su uno stato delle cose o delle persone (si riposerà).
Le forme verbali
Innanzitutto, dobbiamo dire che i verbi sono composti da due elementi: la radice e la desinenza 1. La radice è invariabile e ci informa sul significato principale del verbo; se consideriamo la frase “io parlo”, la radice è parl-, che si ripresenta in tutte le forme del verbo. La desinenza è invece un suffisso variabile che, modficandosi, fornisce informazioni:
- sulla persona che compie o subisce l’azione (io parl-o è diverso ad esempio da tu parl-i).
- sul numero delle persone che compiono o subiscono l’azione (io parl-o è diverso ad esempio da noi parl-iamo).
- sul tempo in cui avviene l’azione (io parl-o è diverso da io parl-avo).
- sul modo con cui si compie o si subisce l’azione (ad esempio, io parl-o è diverso da io parl-erei).
- l’aspetto dell’azione.
- la forma (o diatesi) dell’azione stessa.
Per esempio, nella frase:
Io parl-o con Giulio.
la desinenza -o ci dà informazioni su persona e numero (prima persona singolare), sul tempo (l’azione è al presente) e sul modo (modo indicativo, quindi l’azione avviene sicuramente), sulla sua durata (cioè, l’aspetto del verbo) e sulla forma (l’azione in questo caso è attiva).
La persona e il numero
Un verbo concorda nella persona (prima, seconda, terza persona) e nel numero (singolare e plurale) con il proprio soggetto 2, espresso dai pronomi personali soggetto o da un sostantivo 3 Scriverò quindi:
Tu dorm-i sempre poco, dove la desinenza -i concorda con la seconda persona singolare tu;
Prend-ete un po’ di torta, dove la desinenza -ete concorda con la seconda persona plurale sottintesa voi.
Naturalmente, le desinenza di persona e numero variano anche in base al tempo e al modo dell’azione; ad esempio, per il presente indicativo si hanno le desinenze:
Pronomi personali soggetto | Radice + desinenza |
io | parl-o |
tu | parl-i |
egli, ella, esso, essa, lui, lei | parl-a |
noi | parl-iamo |
voi | parl-ate |
essi, esse, loro | parl-ano |
I modi e i tempi del verbo
Il modo è una componente molto importante del verbo in quanto ci dà informazioni su come si realizza l’azione di cui stiamo parlando. I modi verbali in italiano sono sette, quattro finiti e tre indefiniti:
- I modi finiti sono quelli che indicano sempre la persona che compie o subisce l’azione e sono: indicativo, congiuntivo, condizionale e imperativo.
- I modi indefiniti sono quelli che non indicano la persona che compie o subisce l’azione e che quindi per completare il significato dell’azione da loro espressa hanno bisogno di legarsi a un altro verbo. Questi verbi sono l’infinito, il participio e il gerundio.
Per quanto riguarda il tempo del verbo, esso è fondamentale per collocare temporalmente l’azione, che quindi può essere:
- contemporanea rispetto alla situazione attuale (io parlo), cui si associa il tempo presente dei diversi modi finiti (indicativo presente, congiuntivo presente, condizionale presente, imperativo presente) e dei modi indefiniti (infinito presente, participio presente, gerundio presente);
- anteriore al momento in cui si parla o scrive (io parlavo, io parlai), cui si associano i diversi tempi passati dei modi finiti (passato prossimo, imperfetti, passati remoti e trapassati remoti) e dei modi indefiniti (infinito passato, participio passato, gerundio passato);
- posteriore rispetto alla situazione in cui si parla o scrive (io parlerò), cui si collegano i tempi del futuro (indicativo futuro semplice, indicativo futuro anteriore).
Distinguiamo così tra tempi semplici (composti da una sola voce, costituita da radice e desinenza, come ad esempio l’indicativo imperfetto o il condizionale presente) e tempi composti (come il passato prossimo o il futuro anteriore).
L’aspetto del verbo
Con la categoria di “aspetto” del verbo ci si riferisce al modo in cui viene rappresentata l’azione. Si tratta di un’infroamzione che viene trasmessa sia dalla desinenza sia da altri mezzi morfologici, sintattici o lessicali. In generale, possiamo distinguere tra:
- Aspetto puntuale; l’azione cioè inizia e finisce in un momento ben preciso e definito, come ad esempio: Paolo chiamò Luigi ad alta voce;
- Aspetto durativo; l’azione inizia e dura per un certo periodo di tempo, non sempre determinato con precisione ma comunque non breve o istantaneo, come ad esempio: Paolo chiamava Luigi ogni sabato pomeriggio;
- Aspetto ingressivo; l’azione sta per cominciare e si svilupperà nel corso del tempo (breve o lunga che sia).
Il genere e la forma
Verbi transitivi e verbi intransitivi
Un’altra importante classificazione dei verbo è la distinzione tra i verbi transitivi e i verbi intransitivi, ovvero tra quei verbi che, per il loro significato, reggono un complemento oggetto e invece quei verbi che non lo prevedono.
Si dice che un verbo ha funzione transitiva quando esprime un’azione che passa, che “transita” dal suo soggetto al complemento oggetto, ovvero quella persona, quella cosa, quell’animale o quell’entità astratta che completa il senso dell’azione. L’azione espressa dal verbo e compiuta dal soggetto si trasferisce quindi sull’oggetto, come nella frase:
Andrea (= soggetto) mangia (= verbo transitivo) la mela (= complemento oggetto).
Viceversa, un verbo ha funzione intransitiva quando esprime un’azione che si esaurisce con il soggetto stesso o che viene completata da altri complementi indiretti. Per esempio:
Angelo sbuffa (in questo caso l’azione si ferma sul verbo e non prevede un complemento).
Giada passeggia per le vie del centro (cioè l’azione di Giada non si trasferisce su altri oggetti, ma si appoggia ad altri complementi).
Per distinguere i verbi transitivi dai verbi intransitivi 4, basta controllare che il termine che segue il verbo svolga la funzione di complemento oggetto, e cioè risponda alla domanda: “Chi? Che cosa?”. Ad esempio:
Andrea mangia (che cosa?) una mela.
Forma attiva, forma passiva, forma riflessiva
Per quanto riguarda la forma, possiamo distinguere tre categorie in cui classificare i verbi, in base al ruolo svolto dal soggetto nella frase e nell’azione. I verbi possono avere:
- Forma attiva, quando cioè il soggetto compie l’azione. Per esempio:
Il chitarrista suona la chitarra;
La maestra sgridò il bambino;
Antonia aspetta l’autobus. - Forma passiva, quando il soggetto subisce l’azione espressa dal verbo da parte di un altro elemento (individuato dal complemento di agente o di causa efficiente). La forma passiva si costruisce premettendo al participio passato generalmente le voci coniugate del verbo essere, usato come ausiliare, ma spesso anche di venire, andare, stare, finire. Ad esempio:
La chitarra è suonata dal chitarrista;
Il bambino venne sgridato dalla maestra;
L’autobus è aspettato da Antonia.
Da ricordare che, mentre i verbi transitivi hanno sia la forma attiva sia quella passiva, i verbi intransitivi hanno solo forma attiva. Un caso particolare è quello della forma riflessiva, tipica dei verbi transitivi, in cui il soggetto compie e subisce contemporaneamente l’azione, perché questa “si riflette” su lui stesso. La forma riflessiva si costruisce premettendo al verbo le particelle pronominali: mi, ti, ci, vi, si. Per esempio:
Carlo si lava.
1 Una particolarità dei verbi italiani è quella di suddividersi in tre coniugazioni, cioè tre grandi sistemi che si distinguono in base alla desinenza dell’infinito presente che determina come il verbo si articolerà per indicare persona, numero, modo e tempo verbale. La prima coniugazione è quella dei verbi in -are (amare, cantare, barare), la seconda coniugazione è quella dei verbi in -ere (vedere, temere, cadere), la terza coniugazione è quella dei verbi in -ire: (capire, -dormire, -partire).
2 Ci sono anche verbi privi di soggetto, ovvero i verbi impersonali, che si usano solo alla terza persona singolare e si riferiscono a un’azione di cui non si può determinare l’agente. I più comuni verbi impersonali sono quelli che esprimono condizioni atmosferiche (piove, fa caldo, nevica), quelli che esprimono eventi o accadimenti (è successo, avviene, accade), quelli che associano i verbi essere, stare, andare con un avverbio (è giusto, è chiaro, va bene).
3 Da ricordare che in italiano spesso il soggetto può essere sottointeso; in questo è caso, è proprio attraverso la desinenza che possiamo risalire a chi compie o subisce l’azione.
4 Bisogna solo ricordare che i verbi transitivi possono essere usati intransitivamente (si dice anche in senso assoluto), come nella frase: “Andrea mangia”. Vi sono poi dei verbi intransitivi usati transitivamente, se il loro complemento oggetto è costituito da un nome che ha la medesima radice del verbo o molto affine ad esso per significato. Ad esempio: “Ho pianto lacrime amare”. Altri verbi ancora possono avere un significato transitivo e un significato intransitivo.