Stoicismo romano ed eclettismo: Seneca, Epitteto e Marco Aurelio

Con eclettismo, parola che deriva da ek-lego, ovvero "scelgo", si intende la tendenza alla fusione delle dottrine, alla convergenza di elementi scettici ed epicurei, cinici e stoici, aristotelici e platonici. L’eclettismo interessa la Media Stoà, con Panezio e Posidonio, e l’Accademia platonica, con Filone di Larissa (Larissa, 159/158 a.C – Roma, 84/83 a.C.) che modera l’indirizzo scettico di Carneade; il suo successore Antioco di Ascalona (Ascalona, 130 a.C. – Siria, 68 a.C.) torna definitivamente all’idea di verità, il cui criterio pone nell’accordo tra filosofi accademici, peripatetici e stoici.

Figlio dell’elaborazione di quest’epoca è lo stoicismo romano, nel quale si accentua il motivo religioso, il riferimento all’interiorità spirituale. Lo stoico romano insegna uno stile di vita austero e insieme apre alla dimensione spirituale interiore, è chiamato da un lato a essere modello nell’azione pubblica, e dall’altro, nella dimensione interiore, all’esame di sè.
Per Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65 d.C.) l’universo è compenetrato dall’azione provvidenziale di Dio, il suo ideale è quello di una fratellanza sullo sfondo della spiritualità universale, la sua etica è una pratica della tolleranza, un esercizio del saggio nel contribuire al miglioramento dello stato dell’umanità.

Di Epitteto (Ierapoli, 50 – Nicopoli d’Epiro, 120) sappiamo ciò che il suo discepolo Arriano raccolse nelle Dissertazioni o Diatribe e nel Manuale. La virtù per Epitteto è libertà, e la libertà consiste nel distacco da ciò che non è in nostro potere e nel controllo di ciò che è in nostro potere, ovvero l’opinione, il sentimento, il desiderio e l’avversione. La distinzione tra ciò su cui abbiamo potere e ciò su cui non abbiamo potere è l’insegnamento della filosofia, che nasce dalla coscienza della nostra fragilità.

Marco Aurelio (Roma, 121 – Vindobona, 180) ci ha lasciato una raccolta di aforismi. Per Marco Aurelio la realtà è l’organismo divino, ordinato e armonico, nel quale l’uomo occupa un posto centrale. Zeus è in ogni uomo, e l’intelletto è un brano di Zeus stesso. L’uomo sbaglia per ignoranza dal momento che nessuno può intaccare la nostra ragione e dunque nessuno ci può realmente danneggiare.