Introduzione
La poesia San Martino del Carso va considerata all'interno dell'esperienza della prima guerra mondiale, che è stata primaria fonte di ispirazione per Ungaretti, tanto da costituire uno dei principali filoni tematici della sua poesia. La prima versione di questo componimento risale infatti al 1916, e il testo compare quindi nella raccoltaIl porto sepolto che è il nucleo genetico della Allegria di naufragi del 1919.
Analisi e commento
In questa lirica il poeta sceglie nuovamente di esprimere tutta la disperazione e l'orrore dell'esperienza al fronte attraverso un confronto tra l'uomo e la natura, mettendo in relazione la propria tragedia, scandita dalla morte di compagni e amici, alla desolazione di un paese devastato dai combattimenti, che è appunto San Martino del Carso.
La poesia può essere divisa in due momenti: il primo, coincidente con le due quartine iniziali (vv. 1-8) costituisce la pars destruens della poesia ungarettiana. L’anafora dell’espressione “non è rimasto” serve a sottolineare la distruzione fisica ed esistenziale della guerra, che non lascia che miseri resti sia delle “case” (v. 1) che degli amici (vv. 5-6: “Di tanti | che mi corrispondevano”) del poeta. A questo momento - com’è tipico del vitalismo della poetica di Ungaretti nell’Allegria - risponde però il movimento dei due distici conclusivi (vv. 9-12): si tratta di uno scatto di umanità, attraverso cui Ungaretti riafferma, attraverso la metafora del “cuore-paese”, che alla violenza della guerra si contrappone sempre il ricordo (le croci nel “cuore” al v. 9) di chi non c’è più. L’effetto finale della revisione della poesia (che nell’edizione originale era di venti versi contro i dodici della versione definitiva) è quello di rendere più essenziale ed icastico il testo, laddove la prima versione di San Martino del Carso rappresentava la scena di devastazione in maniera più analitica e realistica, universalizzando il dolore del poeta.
Riportiamo di seguito la prima versione di San Martino del Carso comparsa nel Porto sepolto.
- Di queste case
- non sono rimaste
- che delle rovine
- di muro
- esposto all’aperto.
- Dei tanti amici e commilitoni
- che hanno condiviso la vita con me
- non è rimasto
- molto di più
- nei cimiteri.
- Ma nel mio cuore
- non manca una croce per nessun morto
- Essi sono una
- sentinella vigile
- per quale scopo?
- O cuore malato,
- sono morti
- affinché io, qualche volta,
- guardi al mio cuore
- come a un paese devastato dalla guerra.
1 Si noti, tra gli effetti stilistici della poesia di Ungaretti, l’inversione dell’ordine naturale di questa interrogativa e il costrutto “a che” (che significa “per quale motivo”, “a che vantaggio”) modellato sul francese à quoi?. Il risultato è di stringere in tre versi brevissimi l’analogia tra i compagni morti, il dolore nel cuore del poeta e la domanda sul senso di tutto questo (dato che le croci diventa appunto una “innalzata sentinella”, sempre vigile e presente a chi scrive).
2 cuore malato: nella prima edizione del testo, Ungaretti carica volutamente il testo di un tono patetico, poi alleggerito nella versione definitiva del testo.