Tipicamente ungarettiana è l’indicazione di data e luogo di stesura di questi versi brevi e frammentati: in questo caso il “valloncello” è un percorso fortificato nei pressi del fronte goriziano di San Martino del Carso che conduceva le truppe italiane alla Cima Quattro (citata ad esempio in Veglia e Sono una creatura, rispettivamente del dicembre 1915 e dell’agosto 1916). Nel periodo di stesura di questo testo, si è da poco conclusa la sesta battaglia dell’Isonzo (4 - 17 agosto 1916).
Metro: versi liberi.
Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916
- Di queste case
- non sono rimaste
- che delle rovine
- di muro
- Dei tanti amici e commilitoni
- che hanno condiviso la vita con me
- non è rimasto
- molto di più
- Ma nel mio cuore
- non manca una croce per nessun morto
- Il paese più devastato
- è il mio cuore
1 Tratto stilistico da sottolineare di San Martino del Carso è appunto l’uso sapiente degli aggettivi deittici (cioè di tutti quegli elementi linguistici come pronomi e aggettivi dimostrativi, avverbi di luogo o tempo e così via, che indicano la situazione spaziotemporale in cui avviene la comunicazione) e dei pronomi indefiniti. Ungaretti da un lato punta infatti a collocare la propria esperienza in un clima e un orizzonte ben definito (quello tragico e straniante della guerra di trincea: “queste case”, v. 1) ma al tempo stesso eleva le sue considerazione ad un valore universale sul senso dell’esistenza e della vita umana (“qualche brandello”, v. 4; “tanti”, v. 5; “tanto”, v. 8).
2 Si noti qui la figura retorica dell’anastrofe, che consiste nell’inversione dell’ordine naturale del periodo (secondo lo schema soggetto - verbo - complementi). È un esempio di come la poetica ungarettiana, radicalmente innovativa nel proporre la parola “nuda” sulla pagina (nel rifiuto delle regole metriche convenzionali e addirittura della punteggiatura), si affidi comunque a tecniche espressive attentamente studiate, e non affatto banali o immediate.
3 Come in altri testi della raccolta, i versi conclusivi assumono valore di sentenza, e riassumono il senso della breve lirica. In questo caso, il risultato è raggiunto attraverso il procedimento dell’analogia (frequentissima ne Il porto sepolto e ne L’allegria ma tipica di gran parte della poesia del Novecento) che, rende in forma implicita una similitudine che sarebbe esplicita, abolendo il “come” che serve per instaurare il paragone. Così, dal rapporto di somiglianza si passa a quello, più forte, di identità: il “cuore” del poeta è effettivamente un “paese straziato” dalla guerra e dal dolore.