La poetica del verismo trova il proprio terreno di sperimentazione privilegiato, nonché alcuni degli episodi più compiuti e memorabili, nella narrativa breve di Verga. Si sono già ricordati il prototipo di Nedda e la protasi teorica all’Amante di Gramigna; ma vi sono poi due novelle verghiane che sono in realtà dei veri e propri “manifesti” in atto della sua poetica: Fantasticheria (pubblicata nel 1879 e compresa l’anno dopo in Vita dei campi, in posizione incipitaria) e Di là del mare (in conclusione, a mo' di riepilogo, delle Novelle rusticane).
Nella prima il narratore si rivolge dall’inizio alla fine, in seconda persona, a un’interlocutrice con la quale sta viaggiando in treno e in compagnia della quale, molto tempo prima, ha passato due giorni in visita al borgo di pescatori di Aci Trezza: è lo scenario che ritroveremo, espressivamente amplificato e narrativamente articolato, nei Malavoglia (dei quali Fantasticheria si configura dunque come un vero e proprio “cartone” preparatorio nonché come il più affidabile commento d’autore). La donna silente (identificata nella contessa Paolina Greppi, con la quale Verga intrattenne una lunga relazione) proviene da un’estrazione mondana e salottiera, potrebbe insomma ben essere un personaggio dei primi romanzi dell’autore; ma si mostra attratta da una dimensione esistenziale, e da un contesto espressivo, che sono agli antipodi del suo mondo. In Di là del mare una situazione assai simile – il viaggio a due si compie stavolta in nave – viene declinata in forma più oggettiva e tradizionale, ma anche più personale e sentita. Il mondo contadino, che sempre appare attraente in quanto visto da lontano, ora davvero viene visto a distanza, ovvero quando i due personaggi, lo scrittore e la sua compagna, sono ormai di ritorno a Milano.
Ma le novelle di Verga più celebrate, e in effetti più memorabili, sono senz’altro Rosso Malpelo nella Vita dei campi, e La roba nelle Novelle rusticane (quest’ultima è anche un diretto precedente del tema e delle ossessioni di Mastro don Gesualdo): Rosso e Mazzarò, i due protagonisti, sono perfetti rappresentanti del mondo “vinto” di Verga: dominati da una passione ossessiva e da quella che uno psicoanalista definirebbe una coazione a ripetere, il loro destino – di annientarsi in un lavoro alienante, nella zolfara, e di vendicarsi sui più deboli nel caso di Rosso; di accumulare beni materiali nel caso di Mazzarò, rifiutando di separarsene pure in punto di morte – è segnato sin dall’inizio dal loro aspetto, dal loro atteggiamento, dal loro linguaggio. Non c’è speranza, nel mondo di Verga.
Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa - Tuttolibri.