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"L'amante di Gramigna" di Giovanni Verga: analisi della "Prefazione"

Analisi della "Prefazione" Riassunto

Introduzione

 

L’amante di Gramigna, al di là della vicenda d’amore tra il bandito Gramigna, “un nome maledetto come l’erba che se lo porta” 1, e la contadina Peppa, “una delle più belle ragazze di Licodia” che per lui rifiuta il matrimonio combinato con “compare Finu [...] che aveva terre al sole e una mula baia in stalla, ed era un giovanotto grande e bello come il sole, che portava lo stendardo di Santa Margherita come fosse un pilastro, senza piegare le reni”, è un testo assai rilevante perché può essere definito il primo manifesto sintetico del Verismo.

 

I punti fondamentali della Prefazione

 

Verga infatti antepone al suo testo una lettera a Salvatore Farina 2, in cui sintetizza con precisione i punti cardinali della poetica verista. Dopo aver definito il proprio testo un “abbozzo di racconto” 3 ed averne indicato la radice in eventi storici realmente avvenuti, lo scrittore catanese esplicita le coordinate essenziali della sua poetica da Vita dei campi in poi:

Esso [il racconto che seguirà] almeno avrà il merito di esser brevissimo, e di esser storico - un documento umano, come dicono oggi; interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto pei viottoli dei campi, press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore 4.

In accordo con il Naturalismo dei suoi modelli francesi, Verga si propone di far scomparire la “lente” autoriale nella  narrazione e nell’interpretazione dei fatti: in tal modo, proponendo ai propri lettori un “documento umano”, l’autore può arrivare al “fatto nudo e schietto”, riprodotto sulla pagina nella sua autenticità. Questo criterio realista è fondamentale nel momento in cui gli eventi di Vita dei campi, per precisa scelta di poetica, vengono ambientati in un contesto assai lontano, per idee e valori, da quello che accomuna invece Verga ai suoi lettori. Il mondo della Sicilia rurale è infatti pressoché sconosciuto al pubblico dell’epoca e “l’efficacia dell’essere stato” di ciò che l’autore narra dev’essere trasmessa, nella maniera più fedele possibile al lettore, affinché questo comprenda “il misterioso processo per cui le passioni si annodano, si intrecciano, maturano, si svolgono, nel loro cammino sotterraneo nei loro andirivieni che spesso sembrano contraddittorî” 4.

 

L’obiettivo, in pieno clima positivistico, pone in concorrenza la letteratura e le produzioni artistiche con le scienze esatte, che con i loro metodi possono garantire l’attendibilità e l’oggettività dei risultati. Per l’autore, l’arte verista deve perseguire i propri obiettivi artistico-letterari “con scrupolo scientifico” 4, rifiutando l’analisi psicologica, o meglio ipotizzandoche anche questa debba ispirarsi a criteri di oggettività scientifica. Verga, rifacendosi ad un’espressione già cara a Flaubert, chiama "faits divers” (e cioè, i “fatti di cronaca”) ciò su cui nella sua prospettiva dovrà basarsi la nuova “scienza del cuore umano, che sarà il frutto della nuova arte” 7. La Prefazione giunge così nell’ultimo paragrafo ad individuare lo strumento più proprio per la letteratura del futuro 8 e a definire, con un’altra celebre “massima”, un altro caposaldo della scrittura verista:

l’armonia delle sue forme sarà così perfetta [...] che al mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé, aver maturato ed esser sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore 4.

All’alba del decennio decisivo della narrativa verghiana, colpisce nella Prefazione a L’amante di Gramigna la fiducia ottimistica che Verga ripone negli strumenti della propria arte e nel “coraggio divino di eclissarsi” che dovrebbe accompagnare la pratica di ogni buon scrittore; una convinzione che, negli anni successivi, il fallimento del “ciclo dei vinti” e il rientro a Catania per ritirarsi dalla carriera letteraria provvederanno amaramente a smentire.

1 G. Verga, L’amante di Gramigna, in Tutte le novelle, Milano, Mondadori, 2004, vol I, p. 192.

2 Salvatore Farina (1846-1918) era il direttore della «Rivista minima», una rivista di ispirazione scapigliata su cui la novella verrà pubblicata, col titolo L’amante di Raja, nel febbraio del 1880.

3 G. Verga, L’amante di Gramigna, cit., p. 191.

4 Ibidem.

5 Ibidem.

6 Ibidem.

7 ivi, p. 192.

8 Ibidem: “Intanto io credo che il trionfo del romanzo, la più completa e la più umana di tutte le arti, si raggiungerà allorché l’affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane”.

9 Ibidem.