Introduzione
Il Cantico delle creature (nota anche come Laudes creaturarum o Cantico di frate Sole) di San Francesco d’Assisi (1181-1226) è considerato uno dei documenti più importanti della nostra tradizione letteraria, tanto da essere considerato - se non il primo testo artistico in volgare - di certo il punto di partenza per una storia della nostra letteratura 1. Il Cantico è strutturato come una lode a Dio per la bellezza del creato, e mescola elementi della tradizione dell’Antico Testamento con espressioni linguistiche tipiche del volgare popolare del tempo.
Secondo l’agiografia tradizionale il testo, dettato da Francesco ad un frate, è l’esito di una visione di pace e serenità dopo una notte di sofferenze per un’infermità agli occhi, presso la chiesa di San Damiano ad Assisi, anche se altre interpretazioni attestano il monastero di San Fabiano presso Rieti; la data di composizione sarebbe il 1224, due anni prima della morte di Francesco. In origine, il testo era accompagnato da musica, di mano del santo, oggi perduta.
Analisi
Il Cantico come preghiera di lode
L’analisi del Cantico deve partire da un punto fondamentale: il testo ha innanzitutto un valore performativo 2, cioè quello di lodare Dio, come esplicitamente detto nell’incipit dei vv. 1-2 (“Altissimu, onnipotente, bon Signore, | tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione”). Come tipico di ogni preghiera, abbiamo allora un destinatario del messaggio (che è ovviamente Dio, invocato costantemente con il vocativo “mi’ Signore”), una richiesta di preghiera (che, in questo caso, si risolve nella pura e disinteressata lode dell’Altissimo, scandita dall’invito a tutti a lodare Dio con la formula iterativa “Laudato si’”), un emittente del messaggio (che è ovviamente sia il singolo poeta sia la comunità dei fedeli, che si auspica si associno allo lode per guadagnarsi la beatitudine eterna).
A questa finalità concorre il metro - modellato sulla prosa ritmica, e fatto di rime ed assonanze - del testo, la sua elaborazione letteraria e stilistica, l’accompagnamento musicale.
Lo stile del Cantico e l’uso del volgare
Il Cantico rientra per sue caratteristiche nella tradizione della lauda e trova molti modelli di confronto nella poesia religiosa duecentesca, tra cui si possono citare gli esempi di Gioacchino da Fiore (1130ca - 1202), Jacopo da Varazze (1228-1298) e Jacopone da Todi (1223ca - 1306) 3. L’andamento del testo privilegia uno stile semplice e comunicativo, in accordo con le finalità del Cantico, ma ciò non priva il componimento di alcuni accorgimenti retorici ben studiati che contribuiscono all’efficacia del messaggio di “lode” e alla sua elaborazione letteraria.
Rilevante è innanzitutto la scelta dei modelli da parte di Francesco: il frate, consapevole della penetrazione dei Salmi nella cultura del suo tempo (anche a livello popolare), si ispira al Salmo 148 per la sua celebrazione del mondo di Natura creato dal Signore:
Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell’alto dei cieli.
Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.
Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
Lodatelo, cieli dei cieli,
voi, acque al di sopra dei cieli.
[...] Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti, abissi,
fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che esegue la sua parola,
monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e voi tutti, cedri,
voi, bestie e animali domestici,
rettili e uccelli alati. [...]
La sintassi del testo preferisce così un andamento paratattico, costruito per coordinazione, ripetizione e accumulo delle sequenze giustapposte di ogni lassa. Il discorso poetico passa così dalla lode iniziale a Dio alle bellezze del creato (secondo la sequenza dei vv. 5-22: sole, luna, vento, acqua, fuoco, terra), fino alla celebrazione della morte (v. 27), vista come viatico alla vita eterna. Se da un lato questo procedimento sembra avvicinare il Cantico ad un’orazione salmodiante (si veda ad esempio la ripresa in anafora di “Laudato si’, mi’ Signore”), dall’altro Francesco conferisce al proprio testo un andamento ritmicamente scandito anche ricorrendo agli effetti della prosa ritmica medievale 4. A ciò s’aggiungono le scelte che innalzano e nobilitano il dettato del testo: oltre agli echi dai testi sacri, si possono citare i frequentissimi latinismi (“laude”, v. 2; “mentovare”, v. 4; “tucte”, v. 5; “spetialmente”, v. 6; “significatione”, v. 9; “clarite er pretiose”, v. 11; “aere”, v. 13; “infirmitate”, v. 24; “tue sanctissime voluntati”, v. 30) e la ripresa in volgare di alcuni nessi sintattici tipici del latino, come il “ka” con valore di quoniam, “poiché” al v. 26 e al v. 31, oppure la costruzione con dignus e infinito (v. 3).
Ma ciò che costituisce la novità e il valore letterario del Cantico è la scelta deliberata di Francesco di utilizzare il volgare dell’area umbra, secondo una finalità ben precisa 5: celebrare Dio e la Natura con la lingua più “naturale” e spontanea di ogni uomo, come se il canto di lode coinvolgesse allo stesso modo tutte gli uomini e tutte le creature.
Le questioni interpretative
La religiosità e la spiritualità del Cantico è quella che traspare anche dalle fonti documentarie (la Vita prima di Tommaso da Celano, i Fioretti di San Francesco, la Legenda Maior di Bonaventura di Bagnoregio) e dalle rappresentazioni iconografiche 6 sulla vita del santo: una fede semplice e partecipata, basata sulla predicazione appassionata e sulla riscoperta della sfera materiale e corporale. La bellezza della Natura diventa così, per Francesco, il tramite per tessere un inno di lode a Dio creatore, secondo un procedimento che non prende spunto tanto dalla riflessione filosofica quanto dalla contemplazione estatica della realtà circostante. Si spiega anche così l’abbondanza dell’aggettivazione, a gruppi di due, tre o addiritttura quattro termini (“bellu e radiante”, v. 8; “clarite et preziose et belle”, v. 11; “multo utile et humile et pretiosa et casta”, v. 16), che traducono sulla pagina l’entusiasmo sincero del frate. La Natura vitale è insomma la vera protagonista del canto: Francesco passa in rassegna i quattro elementi naturali (Aria, Acqua, Terra, Fuoco) e chiama esplicitamente “frate” (v. 6) e “sora” (v. 10) il Sole e la Luna.
Questa scelta si riflette anche sul piano strutturale e semantico: molti critici hanno infatti discusso sul significato da attribuire alla preposizione “per” (e in second’ordine, alla congiunzione “cum”), quando essa introduce i motivi della lode del poeta. Tra le ipotesi più convincenti, c’è proprio quella che ipotizza il valore causale: la meravilgia di fronte alla bellezza del mondo è ciò che giustifica il Cantico delle creature.
Metro: prosa ritmica in 33 versi raggruppati in 12 strofe, che variano da due a cinque versi, con rime ed assonanze 7.
- Altissimu, onnipotente, bon 8 Signore,
- tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione 9.
- Ad te solo, Altissimu, se konfano 10
- et nullu homo ène dignu te mentovare 11.
- Laudato sie, mi’ Signore, cum 12 tucte le tue creature,
- spetialmente messor lo frate sole,
- lo qual è iorno, et allumini 13 noi per lui.
- Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
- de te, Altissimu, porta significatione.
- Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle;
- in celu l’ài formate clarite 14 et pretiose et belle.
- Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
- et per aere 15 et nubilo et sereno et onne tempo,
- per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
- Laudato si’, mi’ Signore, per sor’acqua,
- la quale è multo utile e humile et pretiosa e casta 16.
- Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
- per lu quale enallumeni la nocte:
- ed ellu è bello e iocundo e robustoso 17 et forte.
- Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
- la quale ne sustenta e governa,
- et produce diversi fructi 18 con coloriti flori et herba.
- Laudato si’ 19, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore,
- e sostengo infirmitate et tribulatione.
- Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
- ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
- Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
- da la quale nullu homo vivente pò skappare 20:
- guai a*cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
- beati quilli ke se trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
- ka la morte secunda 21 no ‘l farrà male.
- Laudate e benedicite mi’ Signore et rengratiate
- et serviateli cum grande humilitate 22.
- Signore buono, altissimo ed onnipotente,
- tue sono le lodi, la gloria, l’onore e ogni tipo di benedizione.
- A te solo, Altissimo, si addicono
- e nessun uomo è degno di nominarti.
- Sii lodato, o mio Signore, per mezzo di tutte le tue creature,
- e in particolare per fratello Sole,
- che è il giorno, e tu ci mandi luce per tramite suo.
- E lui è bello e raggiante con gran splendore:
- per merito tuo, Altissimo, porta significato.
- Sii lodato, mio Signore, per sorella Luna e le stelle;
- le hai create in cielo luminose, belle e preziose.
- Sii lodato, mio Signore, per fratello Vento
- e per il cielo sia nuvoloso sia sereno e per ogni fenomeno
- atmosferico, per cui dai sostentamento alle tue creature.
- Sii lodato, mio Signore, per sorella Acqua,
- che è molto utile e umile e preziosa e incontaminata.
- Sii lodato, mio Signore, per fratello Fuoco,
- con cui illumini la notte:
- ed esso è bello, felice, vivido e robusto.
- Sii lodato, mio Signore, per la nostra sorella Madre terra,
- che ci nutre e ci dà vita,
- e produce molti frutti con fiori colorati e foglie.
- Sii lodato, mio Signore, per coloro che perdonano per tuo amore,
- e [per questo] sostengono dolori e preoccupazioni.
- Beati quelli che sosterranno ciò in pace,
- perché saranno incoronati da te, Altissimo.
- Sii lodato, mio Signore, per nostra sorella Morte fisica,
- da cui nessun uomo può sfuggire:
- guai a coloro che morranno in peccato mortale;
- beati quelli che [la Morte] troverà nella tua santissima grazia
- poiché la dannazione eterna non li avrà.
- Lodate e benedicete il mio Signore e ringraziatelo
- e servitelo con gran umiltà.
1 Questa ad esempio è la scelta dell’importante critico Gianfranco Contini nella sua Letteratura italiana delle origini, Firenze, Sansoni, 1970.
2 In linguistica, si definisce “perfomativo” un enunciato che non descrive un’azione o invita a fare qualcosa, ma che coincide con l’azione stessa che esso annuncia.
3 Di Jacopone, fa parte del genere il componimento Donna de Paradiso.
4 In particolare, è stato rintracciato nel Cantico francescano l’influsso dello stilus Isidorianus, ispirato al retore Isidoro di Siviglia (560ca. - 636) e composto di effetti di rima o di assonanza a chiusura di ciascun periodo.
5 Tra le particolarità del volgare del Cantico: la terminazione delle parole in - u alternata a quella in - o, l’uso del suono “k”, l’uso delle forma verbali “se konfano” e “serviateli”.
6 Basti pensare al ciclo delle Storie di San Francesco attribuito a Giotto, e ad una scena come la Predica agli uccelli.
7 Ad ispirarsi a questo modello sarà Gabriele D’Annunzio nella sua Sera fiesolana.
8 Il Cantico delle creature si apre, secondo le convenzioni degli inni di lode, con gli attributi riferiti a Dio Onnipotente, destinatario del componimento. La serie di aggettivi ricorda alcuni passi biblici (ad esempio, Ecclesiastico, 1, 8).
9 Si noti la serie di quattro termini che compongono la lode del frate a Dio: è un tratto tipico dello stile biblico e delle preghiere liturgiche.
10 se konfano: nel predicato verbale si nota la scelta della “k” per rendere sulla pagina il suono della - c - velare (come in: “cane”); si nota anche più avanti, ad esempio al v. 23 (“ke”), al v. 26 (“ka”) e al v. 28 (“skappare”). È un tratto del volgare dell’Italia centrale del XIII secolo.
11 mentovare: il verbo deriva probabilmente dal francese antico mentevoir, che si modella a sua volta sull’espressione latina mente habere, “tenere in mente, nominare”.
12 cum: su questa congiunzione (come sul “per” ai vv. 10, 12,15,17, 20) si gioca buona parte dell’interpretazione del Cantico; in una prima ipotesi, potrebbe indicare un complemento di compagnia (la “lode” a Dio si unisce a quella del Creato) oppure un complemento di strumento (la bellezza del Creato diventa esso stesso strumento di lode all’Altissimo).
13 et allumini: si noti l’anacoluto in questo verso, che crea un brusco cambio di soggetto tra i due periodi. È un fenomeno tipico del parlato popolare.
14 clarite: l’aggettivo è un latinismo da clarus, -a - um.
15 aere: il termine - dal latino aer, aeris - indica il tempo meteorologico, sia esso sereno o “nubilo” o con “onne tempo”. Il canto di lode di Francesco celebra quindi la grandezza di Dio in tutti gli aspetti dl mondo naturale, che contribuiscono al “sustentamento” delle sue creature (v. 14) delle sue .
16 Nella lode, la realtà naturale è sempre personificata con trasporto e partecipazione: l’acqua non solo è “sorella” dell’uomo, ma assume anche caratteri umani e spirituali.
17 robustoso: l’aggettivo, che sottolinea la vitalità del fuoco, è composto con il suffisso espressivo -oso.
18 diversi fructi: si sente qui l’influsso del latino, sia nella grafia del sostantivo sia nella scelta dell’aggettivo, che proviene dal verbo divertere, “separare, essere diverso da”. È insomma un altro modo per celebrare la ricchezza e la bellezza del mondo terreno.
19 Inizia qui la seconda sezione del Cantico, dove Francesco non canta più le lodi della Natura ma si concentra sulla Morte, intesa come una parte complementare (e quindi naturale) del ciclo vitale, come detto anche al v. 27.
20 pò skappare: il verbo, utilizzato anche al giorno d’oggi, ha origine dialettale e popolare, ed al tempo di Francesco era assai diffuso nelle regioni dell’Italia centrale.
21 la morte secunda: si tratta della morte definitiva per il credente, ovvero la dannazione eterna, cui si può sfuggire solo vivendo in grazia di Dio.
22 Gli ultimi due versi del Cantico si chiudono con un’esortazione rivolta ai destinatari e agli ascoltatori della preghiera.