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"La capra" di Umberto Saba: analisi e commento

Parafrasi Analisi

La capra è una poesia di Umberto Saba che fa parte della sezione Casa e campagna del Canzoniere, quella cioè che comprende le liriche del poeta composte tra 1909 e 1910. In pochi versi dal ritmo lento e solenne Saba esprime la condizione universale del dolore e dell’angoscia della vita. Il componimento in endecasillabi e settenari è strutturato su tre strofe irregolari e si chiude con un quinario. Nella prima strofa di quattro versi con una descrizione ridotta all’essenziale il poeta triestino presenta la situazione: il poeta incontra una capra, legata, sazia e bagnata dalla pioggia, che bela. “Belava” è proprio il verbo che chiude la strofa ed è posto in netta evidenza, poiché è l’azione che permette a Saba di riflettere sul dolore universale, come si legge nella strofa successiva: “Quell’uguale belato era fraterno | al mio dolore”. Viene così posta una comunanza della condizione esistenziale delle creature: la capra esprime la stessa angoscia del poeta, che risponde al suo gemito accorato, prima per gioco, poi per empatia. Il belato della capra esprime “ogni altro male” della vita ed è quindi espressione della sofferenza che accomuna ogni essere vivente.

Il lessico del componimento è colloquiale e quotidiano, anche se presenta alcuni termini colti e letterati, come “celia”, “querelarsi” e l’uso della forma arcaica dell’imperfetto di prima persona singolare (“sentiva” invece di sentivo). La struttura della poesia è discorsiva e paratattica e prevale la coordinazione, ma presenta, anche in questo caso, scelte stilistiche arcaizzanti, come l’inversione al v. 9 del complemento oggetto, che precede, così, il verbo (“questa voce sentiva”); sistemazione sintattica atta a sottolineare e mettere in evidenza la parola “voce”. Nella descrizione della capra, il poeta tende a presentare l’animale in forma umanizzata; un celebre esempio è l’aggettivo “semita”, usato da Saba in quanto il volto della capra gli ricordava quello di alcuni ebrei, prevalentemente per l’aspetto visivo, come l’autore stesso dichiara nel suo Storia e cronistoria del "Canzoniere": “è un verso prevalentemente visivo. Quando Saba lo trovò, non c’era in lui nessun pensiero cosciente né pro né contro gli ebrei”.