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Saba, "La capra": parafrasi del testo

Parafrasi Analisi

In questo componimento, inserito nella sezione Casa e campagna del Canzoniere, Umberto Saba, attraverso una delle tante “apparizioni elementari della vita animale” (come ebbe a definirle, con felice formulazione, Gianfranco Contini nella sua Letteratura dell’Italia unita 1861-1968), così ricorrenti nella sua lirica, riflette sull’universale condizione di dolore che affratella tutti gli esseri viventi. È infatti l’incontro fortuito con una capra a innescare la riflessione del poeta: al belato dell’animale, avvertito come un disperato grido di dolore, egli risponde dapprima “per celia” (v. 7) e, poi, con accorata e sincera empatia.

Il ritmo della poesia è lento e cadenzato, scandito da rime, assonanze, enjambements, nonché dall’isolamento del verbo “belava”, che avvia l’introspezione. Lo stile è semplice e quotidiano, ma arricchito da preziosismi lessicali (“celia”, “querelarsi”).

Metro: tre strofe di endecasillabi e settenari, a eccezione dell’ultimo verso, quinario. Rime o assonanze sparse arricchiscono la tessitura fonica del breve testo.

  1. Ho parlato a una capra 1.
  2. Era sola sul prato, era legata 2.
  3. Sazia d’erba, bagnata
  4. dalla pioggia, belava 3.
  5. Quell’uguale belato era fraterno 4
  6. al mio dolore. Ed io risposi, prima
  7. per celia, poi perché il dolore è eterno 5,
  8. ha una voce e non varia 6.
  9. Questa voce 7 sentiva
  10. gemere in una 8 capra solitaria.
  11. In una capra dal viso semita 9
  12. sentiva 10 querelarsi ogni altro male,
  13. ogni altra vita 11.
  1. Ho parlato a una capra.
  2. Era sola su un prato, era legata.
  3. Aveva appena mangiato, era bagnata
  4. di pioggia e belava.
  5. Quel belato mi sembrava solidale con il mio dolore.
  6. Ed io risposi, prima
  7. per scherzo, poi perché il dolore è eterno,
  8. uguale a se stesso e immutabile.
  9. Questo mio stesso lamento io sentivo
  10. provenire da una sola capra solitaria.
  11. In una capra dal viso simile a quello degli ebrei,
  12. sentivo il lamento di tutti i mali,
  13. di ogni altra creatura.

1 Scegliendo un umile animale come soggetto privilegiato di questo intimo dialogo, il poeta crea un’emblema assoluto di sofferenza. Anche chi non si riterrebbe in grado di soffrire (una capra, appunto) è lacerato da una condizione di afflizione, secondo una suggestione ravvisabile con ogni probabilità nel modello leopardiano (nello specifico, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).

2 era legata: per quanto abbia soddisfatto i suoi bisogni primari (la capra è “sazia d’erba”, dice il poeta al verso seguente), l’animale si trova in uno stato di prigionia (reale o metaforico, come quello umano).

3 belava: il verbo, di suono onomatopeico, risulta isolato, subito dopo la pausa sintattica. È in posizione marcata, perché collocato a fine verso e a fine strofa. Il belato, còlto nella sua monotona reiterazione, è quasi un lamento, e da questa constatazione prende avvio il ragionamento del poeta.

4 Il belato è percepito dal poeta come voce fraterna, e quindi come espressione di un dolore che non risparmia nessuno.

5 il dolore è eterno: si noti che i due termini che vengono ripetuti in questa strofe sono proprio “dolore” (v. 6 e v. 7) e “voce” (v. 8 e v.9), che diventano così i termini-chiave dell’intera poesia.

6 Il poeta risponde a quel belato dapprima “per celia”, poi per una più amara e desolante riflessione: la sofferenza non è prerogativa dell’uomo in quanto essere razionale, ma attanaglia in egual modo tutte le creature; il lettore riesce quasi a figurarsi il sorriso del poeta nel suo smorzarsi.

7 Questa voce: alcuni critici hanno ravvisato nell’uso sabiano dei dimostrativi “quell’uguale belato” (v. 5) e “questa voce” un implicito rimando intertestuale a Leopardi (si pensi sempre al Canto notturno o all’Infinito), con cui La capra stringe, sia dal punto di vista stilsitico sia da quello concettuale, legami assai profondi.

8 una: è latinismo, significa “una sola”: a ribadire il carattere emblematico della capra.

9 semita: in Storia e cronistoria del Canzoniere, Saba affermò di aver voluto, con questo aggettivo, connotare la capra con una pura suggestione fisica (“nessun pensiero cosciente, né pro né contro gli ebrei”, scrisse il poeta). Anche se dietro la capra dal muso "semita" è forse possibile ravvisare il poeta stesso, di nazionalità, appunto, ebrea: quasi a voler ribadire l’identità di quel belato-lamento.

10 sentiva: "sentivo"; è forma antica dell’imperfetto, usato fino all’Ottocento. Contribuisce a creare la patina arcaizzante di certe scelte stilistiche di Saba, sebbene più spesso il poeta triestino prediliga un dettato semplice, quotidiano.

11 ogni altra vita: importante la chiusura de La capra, in quanto, se il modello leopardiano del Canto notturno di un pastore errante sanciva la radicale esclusione dell’uomo dalla felicità (e la sua marginalizzazione nel disegno cosmico), qui il dolore del poeta e della capra diviene l’innesco per una condivisione della sofferenza universale del mondo, come se vedersi specchiato nella “capra dal viso semita” (v. 11) fosse il primo passo per abbandonare il proprio egocentrismo. Il dolore, appunto, viene riconosciuto come generale ed “eterno”.