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Agostino di Ippona: riassunto della vita e della filosofia

Vita e opere principali

Aurelio Agostino nasce nel 354 a Tagaste, l’attuale Souk Ahras, in Algeria. Il padre, Patrizio, è pagano, mentre la madre, Monica, è cristiana ed esercita sul figlio una profonda influenza. Agostino compie i suoi studi a Madaura, Tagaste e Cartagine, dove trascorre l’adolescenza: un periodo molto disordinato e privo di limiti morali, come egli stesso lo definirà nelle Confessioni molti anni più tardi.

L’interesse per la filosofia cominca quando, a diciannove anni, ha modo di leggere l’Hortensius di Cicerone: un’esortazione alla filosofia con elementi vicini al Protrettico aristotelico. Insegna retorica 373 a Tagaste dal 373 e poi dal 374 fino al 383 a Cartagine, per poi muoversi prima a  Roma e successivamente a Milano, dove ottiene la cattedra municipale sempre della stessa disciplina. Proprio durante il soggiorno milanese nel filosofo, legato dal 374 alla setta dei manichei, matura la volontà di convertirsi al cristianesimo. Sempre a Milano ha modo di conoscere il vescovo Ambrogio, la cui frequentazione gli permette di avere accesso a un’esegesi allegorica della Sacra Scrittura e di approfondire le conoscenze filosofiche neoplatoniche. Tra i ventisei e i ventisette anni Agostino compone il suo primo libro, intitolato De pulchro et apto (Sul bello e sul conveniente), di cui non sono rimasti frammenti.

In seguito si ritira nella villa di Verecondo, dove diviene animatore di dibattiti filosofici tra una cerchia ristretta formata da amici e parenti. Da queste riflessioni nascono quattro opere: Contra academicos (Contro gli accademici), De beata vita (Sulla beatitudine), De ordine (Sull’ordine) e Soliloquia (Soliloqui). Nel 387 riceve il battesimo da Ambrogio e sviluppa il desiderio di diffondere il pensiero cristiano. Dopo aver intrapreso un progetto enciclopedico incentrato sulle arti liberali (ma di cui Agostino compone solo il De grammatica e il De musica), decide di soffermarsi sul rapporto tra la natura e l’uomo, analizzando attentamente l’anatomia dell’esperienza interiore, sulle orme della filosofia di Plotino. Nascono, in questo periodo, il De quantitate animae, nel quale studia l’origine dell’anima e i motivi per cui è legata al corpo; e il De libero arbitrio, nel quale affronta il problema del male e le sue conseguenze. Nel 388 ritorna in Africa dove compone il De magistro, opera in cui discute sulle conseguenze dell’insegnamento e dell’educazione alla verità nel campo della pedagogia.

Con il trascorrere del tempo, la filosofia di Agostino si interseca sempre più strettamente con le religione cristiana, come si nota nel De Genesi contra manichaeos e, nel 390, nel De vera religione, dove si conclude che la vera filosofia coincide nella sua ricerca e nei suoi obiettivi con la vera religione. L'anno seguente Agostino viene ordinato sacerdote e, nel 395, è eletto vescovo di Ippona, decidendo di concentrare la propria azione rivolta contro quei movimenti religiosi o quelle questioni teologiche in aperto contrasto con le posizioni di Roma. Dopo la composizione del De civitate Dei (La città di Dio), in cui elabora il concetto di storia, lo raggiunge la morte, durante l’invasione vandalica del 430 a Ippona.

Centrali per comprendere il pensiero agostiniano sono le Confessioni (in tredici libri, e composte tra il 397 e il 401), scritto autobiografico strutturato come preghiera e ringraziamento a Dio, che si conclude con un commento sui primi capitoli della Genesi, e il De Trinitate, che segna l’inizio delle riflessioni sulla Trinità all’interno della patristica latina.

 

Ragione e Fede

Agostino inaugura una nuova tradizione filosofica cristiana, che pone al centro della riflessione il rapporto tra fede e ragione: strettamente unite, sia la fede che la ragione sono divine e necessarie ai fini della fede. La teoria agostiniana si potrebbe sintetizzare nella duplice formula credo ut intelligam (credo per capire) eintelligo ut credam (capisco per credere); tale formula implica:

- che la ragione, senza la fede, non possa comprendere la realtà (come si potrebbe altrimenti spiegare lo scopo del nostro essere nel mondo, o la nostra esistenza?)

- che la fede, senza la ragione, non riesca a comprendere i dogmi religiosi (come la Trinità o la transustanziazione)

Scrive Agostino nel De vera religione:

Con l’armonia del creato [...] s’accorda anche la medicina dell’anima, somministrata a noi per ineffabile bontà della divina Provvidenza. Questa medicina agisce in base a due principi: l’autorità e la ragione. L’autorità esige la fede e avvia l’uomo alla ragione; la ragione conduce all’intendimento consapevole. [...] i motivi d’ossequio all’autorità sono più che mai evidenti quand’essa sancisce una verità inoppugnabile anche per la ragione; e, nella Trinità, facendo riferimento alla citazione di Isaia se non avete fede, non potrete intendere, afferma che l’uomo deve essere intelligente, per cercare Dio.

 

Dio e l’uomo

Agostino identifica il problema dell’uomo con il problema del singolo. Estremamente innovativa è la concezione di uomo, immagine di Dio e della Trinità, che presenta interiormente una struttura trinitaria e ha conseguentemente insita in sé la possibibilità di conoscere Dio.

L’essere umano è quindi composto da tre facoltà:

- L’Essere, poiché possiede la memoria che è esistenza

- L’Intelletto, poiché ha la capacità di comprendere

- L’Amore, o la Volontà

Come scrive Agostino: “noi esistiamo, sappiamo di esistere e amiamo il nostro essere e la nostra conoscenza”; come nota a questo proposito Etienne Gilson:

[...] il nostro pensiero è il ricordo di Dio, la conoscenza che ve lo ritrova è l’Intelligenza di Dio, e l’amore che procede dall’uno e dall’altro è amore di Dio.  

Se, dunque, nell’anima si rispecchia Dio occorre raggiungere il nostro nucleo più profondo per rintracciare al di là di questo la verità e Dio:

[...] non cercare fuori di te, ritorna in te stesso, la verità abita nell’interno dell’uomo; e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso 1.

Il processo di conoscenza della verità inizia con l’eliminazione del dubbio scettico, il quale si autoelimina poiché, nel momento in cui pretende di negare la verità, la riafferma. Secondo questo ragionamento infatti, chi dubita della verità è certo di dubitare, e se dubita, è certo anche di esistere e di pensare; dunque, nel dubbio c’è una certezza che sottrae l’uomo dallo stesso dubbio e lo pone in rapporto con la verità.

Successivamente, Agostino espone nache una teoria del processo conoscitivo. La sensazione, innanzitutto, viene definita come la rappresentazione di un oggetto tratta dall’anima all’interno di sè, nel momento in cui i nostri sensi vengono colpiti da oggetti sensoriali. Questa, tuttavia, è solo il primo grado di conoscenza: l’anima, infatti,  mostra la sua autonomia rispetto agli enti sensibili,  giudicandoli, con la ragione, sulla base di criteri immutabili e perfetti. Ciò nonostante essendo la nostra ragione suscettibile di mutamento e di errore, dobbiamo concludere che al di sopra della nostra mente vi è un criterio o una legge che si chiama Verità. Essa è colta dal puro intelletto - più precisamente dalla mens, ossia dalla parte più elevata dell’anima - ed è costituita dalle Idee, diverse dalle realtà intellegibili platoniche, in quanto derivate da Dio, il quale illumina la mente umana (secondo la cosiddetta teoria dell’illuminazione).

Raggiunta la Verità, l’uomo ha raggiunto anche Dio. Infatti, prerogativa di Dio è la capacità di rendere intellegibili tutte le cose e la Verità si identifica proprio con l’essere che illumina la ragione umana. Essa, in particolare, coincide con il Logos di Dio, ossia con la Seconda persona della Trinità. Ma Dio possiede anche l’attributo dell’Essere, in quanto egli è colui che è, ovvero il sommo essere, la somma essenza, è colui che ha dato l’essere alle cose da Lui create. L’altro attributo è quello dell’Amore o del Bene, in quanto egli non riceve la sua bontà da un altro bene, bensì è il Bene di ogni bene. Infine, se la Verità si identifica con il Figlio, l’Essere si identifica con il Padre, mentre l’Amore si identifica con lo Spirito Santo.

 

La concezione della Storia

Nella Citta di Dio, Agostino sostiene che l’alternativa tra il vivere “secondo la carne” e il vivere “secondo lo spirito”, presente in ogni individuo, si ritrovi nella storia. Essa è dominata da un’eterna lotta tra la Città Terrena e la Città Celeste. La Città Terrena, nata dopo la caduta di Adamo e fondata da Caino, ospita gli uomini“dominati da una stolta cupidigia di predominio che li induce a soggiogare gli altri”, e quelli che aspirano alla gloria; la Città Celeste, invece, ha origine con gli angeli e con la comunità di quegli uomini giusti che hanno scoperto Dio e che “si offrono l’uno all’altro in servizio con spirito di carità”. L’impero Romano, nato dal fratricidio di Romolo (che richiama quello di Caino), è la più alta espressione della Città Terrena. Lo Stato, tuttavia, non viene considerato un male poiché mira a garantire il bene temporale dei suoi membri; ciò nonostante, i beni materiali non devono diventare il fine ultimo da perseguire. Le due città al momento sono unite e insieme confuse, ma con il Giudizio Universale saranno finalmente divise. Per quanto riguarda la storia, Agostino la dividein sei epoche, in riferimento ai sei giorni della creazione: la prima va da Adamo al diluvio universale, la seconda da Noè ad Abramo, la terza da Adamo a Davide, la quarta da Davide sino alla cattività Babilonese, la quinta arriva alla natività di Cristo e la sesta comincia con la nascita di Cristo e si concluderà con il suo ritorno e la fine del mondo.

Nell’opera, come ha sostenuto Karl Lowith, viene presentato uno sviluppo a posteriori della storia: infatti secondo Agostino il tempo storico, cambiando e procedendo cronologicamente, favorisce il progresso. Agostino con questa nozione sostituisce la visione ciclica precendente con una lineare, a indicare lo sviluppo progressivo: il punto iniziale è l’Eden, segue la caduta e infine vi sarà la redenzione con il Giudizio Universale. Questa  concezione ha avuto molta fortuna nei secoli successivi ed è stata oggetto di critica solo dal Settecento in poi con Vico, Nietzsche e Heidegger.

 

Il problema del male

Un altro problema nodale nella riflessione agostiniana è quello inerente al male, inteso come problema metafisico, fisico e morale. La questione nasce dalla domanda “Si deus est, unde malum?” Ossia da dove deriva il male se Dio esiste? Perché Dio, infinitamente buono, ammette il male? Agostino, nel tentativo di rispondere a questa domanda, critica:

- Il Manicheismo, che ammette l’esistenza di due principi opposti nel mondo in eterna lotta tra loro: il Bene e il Male. A questa tesi egli oppone una nozione del male quale “deficienza” e privazione di bene. Inoltre rivendica, in contrapposizione alla passività dell’uomo di fronte allo scontro tra principi trascendenti sostenuta dai manichei, l’attività e l’unità della coscienza consapevole di aderire al bene o al male.

- Il Pelagianesimo, che, partendo da una critica sulla dottrina del peccato originale, sostiene che l’uomo sia in grado di raggiungere la salvezza senza l’ausilio della grazia divina. A questa tesi, Agostino reagisce difendendo il traducianesimo, secondo cui l’anima viene trasmessa di padre in figlio, che con Adamo e in Adamo aveva peccato tutta l’umanità, trasformandosi in una massa dannata. Dopo il peccato originale, dunque, solo l’infinita bontà di Dio può salvare alcuni predestinati, concedendo loro la forza di infrangere il peccato originale.

- Il Donatismo, che, fondato sul principio di assoluta intransigenza della Chiesa di fronte allo Stato, prevede che il clero non abbia contatti con le autorità civili, poiché perderebbe la sua capacità di amministrare i sacramenti. Contro il donatismo Agostino afferma allora la validità dei sacramenti indipendentemente dalla persona che li amministra, spiegando che è Dio che opera attraverso il sacerdote.



1 Agostino, De vera religione.