Lettura e analisi di La vertigine di Giovanni Pascoli, a cura di Andrea Cortellessa.
Il componimento, in terzine dantesche, è uno degli ultimi di Pascoli (pubblicato su rivista nel 1908 e, nell'anno successivo, nei Nuovi Poemetti). I Nuovi Poemetti rappresentano la versione più narrativa dell'immaginario poetico pascoliano, dove tornano gli stupori e le sospensioni tipici della sua prima produzione poetica, oltre ai riferimenti astronomici presenti in altre sue opere (ad esempio, in X agosto e in Gelsomino notturno). Stavolta l'immagine protagonista è quella di una catastrofe cosmica: il pianeta Terra vaga nello spazio celeste in una corsa sfrenata. Questo senso di perdita è una tipica componente della psicologia di Pascoli, il quale ritiene l'incertezza e l'incapacità di "stare con i piedi per terra" una delle caratteristiche principali del vivere umano. Quello che prova, alfine, l'uomo non è dunque un senso di libertà e di fusione col paesaggio (come poteva essere per il D'annunzio di Alcyone) ma di angoscia e di vertigine. Anche il mondo stellare, che forniva nell'immaginario romantico un senso di elevazione e sublimazione al poeta, qui al contrario "schiaccia" l'Io individuale (come in un passo della Ginestra di Leopardi).
Andrea Cortellessa è un critico letterario italiano, storico della letteratura e professore associato all'Università Roma Tre, dove insegna Letteratura Italiana Contemporanea e Letterature Comparate. Collabora con diverse riviste e quotidiani tra cui alfabeta2, il manifesto e La Stampa-Tuttolibri.