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La quantità di moto e il teorema dell’Impulso

La velocità, in fisica, è una grandezza vettoriale che rende conto di quanto spazio percorre (o meglio, di quale spostamento effettua) un corpo in un dato tempo: indichiamo la velocità con il simbolo $\vec{v}$. La massa di un corpo, invece, è una grandezza scalare, che, secondo le leggi della dinamica, indica la resistenza del corpo al tentativo di una forza (indicata generalmetente col simbolo $\vec{F}$) di cambiare la sua velocità (ricordiamo che un cambiamento di velocità comporta un’accelerazione, $\vec{a}$).

La grandezza fisica che lega assieme massa e velocità di un corpo è detta quantità di moto, indicata con il simbolo $\vec{p}$: se un corpo di massa $m$ si muove con velocità $\vec{v}$, esso possiede la quantità di moto $\vec{p}$ $$ \boxed{\vec{p} = m \ \vec{v}} $$

La quantità di moto è quindi una grandezza vettoriale, che può essere dedotta conoscendo la velocità e la massa di un corpo. Ma può anche essere usata, al posto della velocità, per descrivere il movimento di un corpo massivo: in effetti, conoscendo massa e quantità di moto di un corpo, si può risalire alla sua  velocità mediante la formula inversa $$ \vec{v} = \frac{ \vec{p} }{m} $$

Ma perchè si dovrebbe usare la quantità di moto piuttosto che la velocità? La ragione per la quale è più conveniente usare la prima grandezza sta in un teorema molto importante, il Teorema dell’Impulso.

Ma che cos’è l’impulso? 

In presenza di una forza agente su un corpo per una durata $\Delta t$, si definisce impulso (detto anche impulso della forza) la quantità data dal prodotto tra la forza e la durata dell’intervallo di tempo:$$\vec{I} = \vec{F} \ \Delta t$$L’impulso è quindi una grandezza vettoriale che rende conto non solo della forza in gioco, ma anche del tempo in cui essa agisce. Forze di intensità minima, se agiscono per molto tempo, possono produrre impulsi considerevoli. Forze ordinarie (come la forza di gravità, le forze di attrito eccetera), anche se applicate per tempi per noi percepibili (secondi) possono produrre impulsi apprezzabili, non riescono a produrre impulsi notevoli se agiscono su intervalli di tempo della durata di milionesimi di secondi: esistono forze, dette forze impulsive, che, pur agendo per pochissimo tempo, producono impulsi di ordini di grandezza confrontabili con quelli delle forze ordinarie: è il caso degli urti.

Se la forzaapplicata varia nel tempo, passando ad esempio da un valore $\vec{F}_{\text{iniziale}}$ ad un valore $\vec{F}_{\text{finale}}$ passando attraverso valori intermedi $\vec{F}_1, \vec{F}_2, \dots, \vec{F}_n, \dots$, le quali vengono applicate, rispettivamente, per intervalli di tempo di durata $\Delta t_1, \Delta t_2, \dots, \Delta t_n, \dots$, l’impulso deve essere calcolato come somma vettoriale dei singoli impulsi: $$ \vec{I} = \vec{F}_1 \Delta t_1 + \vec{F}_2 \Delta t_2 + \dots + \vec{F}_n \Delta t_n + \dots $$Al limite, se la forza varia con continuità nel tempo, cioè se $\vec{F} = \vec{F} (t)$, e gli intervalli di tempo si riducono alla durata infitesima $d \ t$, l’impulso dovrà essere ottenuto sommando infiniti contributi di natura infinitesima: si ottiene dunque un integrale $\vec{I} = \int_{t_0}^{t_1} \vec{F}(t) dt$, ove $t_0$ e $t_1$ sono gli istanti in cui, rispettivamente, la forza inizia ad essere applicata e smette di essere applicata. Non si deve confondere l’integrale precedente con l’integrale che definisce il lavoro: in quel caso, la forza varia nello spazio, non nel tempo.

Ricaveremo ora l’enunciato del teorema dell’impulso.

Il teorema dell’impulso asserisce che, se un corpo è soggetto ad un impulso $\vec{I}$, esso subisce una pari variazione della propria quantità di moto $\Delta \vec{p} = \vec{p}_{\text{f}} - \vec{p}_{\text{i}}$, passando da un certo valore iniziale $\vec{p}_{\text{i}}$ ad uno finale $\vec{p}_{\text{f}}$: $$\boxed{ \vec{I} = \Delta \vec{p} \quad \Rightarrow \quad \vec{p}_{\text{f}} = \vec{I} + \vec{p}_{\text{i}} }$$

Supponiamo che un corpo possieda una certa quantità di moto $\vec{p} = m \vec{v}$. Soggetto all’azione di una forza $\vec{F}$,  il corpo modificherà la propria velocità $\vec{v}$: sfruttando la legge fondamentale della dinamica $\vec{F} = m\vec{a}$, possiamo scrivere, per la definizione di accelerazione che $\vec{F} = m \frac{\Delta \vec{v}}{\Delta t}$, dove $\Delta \vec{v}$ è la variazione di velocità e $\Delta t$ la durata dell’intervallo di tempo in cui avviene tale variazione. Ma possiamo riscrivere la precedente formula come $$ \vec{F} = m \frac{\Delta \vec{v}}{\Delta t} = \frac{m \Delta \vec{v}}{\Delta t} = \frac{\Delta \vec{p}}{\Delta t}$$Si può quindi dedurre che una forza implica una variazione di quantità di moto e che, viceversa, una variazione di quantità di moto è dovuta ad una forza. Spostando al denominatore la durata dell’intevallo di tempo $\Delta t$, si ottiene la formulazione del teorema dell’impulso: $$ \vec{F} \ \Delta t = \Delta \vec{p}$$Diffati, riconosciamo, al membro sinistro dell’equazione, l’impulso della forza. Possiamo quindi affermare che, se una forza produce un impulso $\vec{I}$, il copro su cui è prodotto tale impulso subirà una pari variazione di quantità di moto $\Delta \vec{p}$: in altre parole, la variazione di quantità di moto di un corpo è pari all’impulso che subisce $$ \vec{I} = \Delta \vec{p}$$

Da notare il profondo legame con il secondo principio della dinamica: anzi, si può affermare che il teorema dell'impulso ne costituisce una generalizzazione. Infatti, il teorema dell'impulso continua a valere anche se il corpo cambia la propria massa (ad esempio, frantumandosi in corpi più piccoli o mediante una reazione chimica).