Introduzione
Umberto Saba pubblica A mia moglie nel 1911, in chiusura di Poesie, la sua prima importante raccolta di liriche. Dal 1921 il testo entra a far parte del Canzoniere, nella sezione Casa e campagna. Attraverso un linguaggio insieme colloquiale e letterario, il poeta paragona la moglie Lina a una lunga serie di animali. A una lettura ingenua, la poesia può destare una certa sorpresa, poiché la maggior parte degli animali in cui il poeta “ritrova” le sembianze della moglie sono bestie da cortile: una gallina, una mucca, una cagna, una coniglia. Questo modo di rappresentare la donna è rivoluzionario e completamente estraneo agli stereotipi letterari tradizionali, secondo cui la musa femminile doveva possedere sublimi qualità fisiche e morali. Inoltre, i significati negativi generalmente associati agli animali di campagna sono inclusi nel ritratto che il poeta vuole tracciare. Come ha notato il critico Lorenzo Renzi, la gallina evoca stupidità, mentre la “vacca” e la cagna richiamano la sessualità. Toccando argomenti del genere in poesia il poeta compie una scelta libera ed estremamente anticonvenzionale, specie agli inizi del Novecento. Per Renzi in A mia moglie si compie una “violazione di tabù sociali [...] conforme alla funzione liberatoria che Saba attribuisce alla poesia”. Il poeta stesso in Storia e cronistoria del “Canzoniere” ha dichiarato che A mia moglie “ricorda piuttosto una poesia ‘religiosa’; fu scritta come altri reciterebbe una preghiera”.
La struttura infatti è simile a quella di una preghiera, ed è basata sulla ripetizione. Tutte le strofe iniziano con la stessa anafora, (“tu sei come”) che introduce una similitudine con un animale di volta in volta diverso. Ogni strofa è dedicata ad un solo animale, tranne l’ultima, in cui figurano insieme la formica e l’ape. Attraverso le similitudini animali il poeta caratterizza la moglie in modo spregiudicato e realistico: lagnosa e superba come una gallina, remissiva come una mucca incinta, gelosa come una cagna, timorosa come la coniglia. La dolcezza del tono, il realismo, e la libertà descrittiva restituiscono un’immagine non idealizzata e affettuosa della moglie. Se per molti versi l’immagine della donna proposta da Sabaè innovativa e originale, bisogna notare che un certo grado di stereotipia permane: la donna è ritenuta ontologicamente più vicina alla natura, e caratterizzata un po’ pregiudizialmente da emotività, operosità, previdenza e attitudine per la vita domestica.
Per gran parte della sua produzione, Saba rimane a lato delle linee dominanti nella poesia italiana a lui contemporanea. A differenza di molti poeti che tentano di aggiornare l’eredità simbolista (Pascoli, D’Annunzio) in chiave novecentesca, Saba preferisce ispirarsi a modelli anteriori, come Dante, Petrarca o la tradizione sette-ottocentesca (Parini, Leopardi, Carducci). Dal punto di vista formale, in A mia moglie Saba combina una tono dimesso e un lessico tendenzialmente colloquiale con uno stile aulico e letterario, ottenuto tramite scelte metriche e sintattiche. Secondo il critico Pier Vincenzo Mengaldo, l’aulicità di Saba è infatti “assai più marcata [...] nella sintassi e nei ritmi e metri che nel lessico” e ha la funzione di bilanciare il linguaggio quotidiano e di riscattare “letterariamente” i temi autobiografici.
Metrica: Sei strofe di lunghezza variabile per un totale di 87 versi, in larga prevalenza settenari (75). Fitto uso di varie tipologie di rime, disposte liberamente e secondo schemi irregolari: baciate (lento: vento, vv. 3-6), inclusive (arda : riguarda, vv. 44-45), identiche (dono : dono, vv. 35-36) e pure con assonanze (scopre : soffre, vv. 50-51). La forma metrica di riferimento è la canzone ottocentesca. Da notare l’uso di sistematico e quasi sempre combinato di inarcature e anastrofi (ad esempio ai vv. 53-54 “Tu sei come la pavida | coniglia”).
- Tu sei come una giovane,
- una bianca pollastra.
- Le si arruffano al vento
- le piume, il collo china
- per bere, e in terra raspa;
- ma, nell'andare, ha il lento
- tuo passo di regina,
- ed incede sull'erba
- pettoruta e superba.
- È migliore del maschio 1.
- È come sono tutte
- le femmine di tutti
- i sereni animali
- che avvicinano a Dio 2.
- Così se l'occhio, se il giudizio mio
- non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
- e in nessun'altra donna.
- Quando la sera assonna
- le gallinelle 3,
- mettono voci che ricordan quelle,
- dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
- ti quereli, e non sai
- che la tua voce ha la soave e triste
- musica dei pollai.
- Tu sei come una gravida
- giovenca 4;
- libera ancora e senza
- gravezza 5, anzi festosa;
- che, se la lisci, il collo
- volge, ove tinge un rosa
- tenero la sua carne.
- Se l'incontri e muggire
- l'odi, tanto è quel suono
- lamentoso, che l'erba
- strappi, per farle un dono.
- È così che il mio dono
- t'offro quando sei triste.
- Tu sei come una lunga 6
- cagna, che sempre tanta
- dolcezza ha negli occhi,
- e ferocia nel cuore.
- Ai tuoi piedi una santa
- sembra, che d'un fervore
- indomabile arda,
- e così ti riguarda
- come il suo Dio e Signore.
- Quando in casa o per via
- segue, a chi solo tenti
- avvicinarsi, i denti
- candidissimi scopre.
- Ed il suo amore soffre
- di gelosia.
- Tu sei come la pavida
- coniglia. Entro l'angusta
- gabbia ritta al vederti
- s'alza,
- e verso te gli orecchi
- alti protende e fermi 7;
- che la crusca e i radicchi 8
- tu le porti, di cui
- priva in sé si rannicchia,
- cerca gli angoli bui.
- Chi potrebbe quel cibo
- ritoglierle 9? chi il pelo
- che si strappa di dosso,
- per aggiungerlo al nido
- dove poi partorire 10?
- Chi mai farti soffrire?
- Tu sei come la rondine
- che torna in primavera.
- Ma in autunno riparte;
- e tu non hai quest'arte 11.
- Tu questo hai della rondine:
- le movenze leggere;
- questo che a me, che mi sentiva ed era 12
- vecchio, annunciavi un'altra primavera 13.
- Tu sei come la provvida
- formica 14. Di lei, quando
- escono alla campagna,
- parla al bimbo la nonna
- che l'accompagna.
- E così nella pecchia 15
- ti ritrovo, ed in tutte
- le femmine di tutti
- i sereni animali
- che avvicinano a Dio;
- e in nessun'altra donna.
- Tu sei come una giovane
- e bianca gallina.
- Le piume le si scompigliano per il vento
- abbassa il collo
- per bere, e gratta il terreno con gli artigli;
- ma, quando si muove, ha il tuo passo
- lento di regina,
- e avanza sull’erba
- impettita e fiera.
- È migliore del gallo.
- È come tutte le altre
- femmine di tutti
- gli animali che, sereni,
- avvicinano a Dio.
- Così, se la mia sensibilità, se la mia facoltà
- di giudicare non mi ingannano, tra le galline ci sono
- le tue pari e non tra tutte le altre donne.
- Quando la sera fa mette sonno
- alle gallinelle,
- emettono versi simili alla tua voce,
- dolcissima, con cui ti lamenti
- dei tuoi mali, e non sai
- che la tua voce è simile alla armoniosa e triste
- cantilena che si sente nei pollai.
- Tu sei come una mucca
- incinta; ancora snella e agile,
- anzi gioiosa;
- che, se la accarezzi.
- sposta il collo
- dove un rosa chiaro colora
- la sua carne.
- Se la incontri e la senti
- muggire, quel verso è così
- lamentoso, che strappi dell’erba
- per farle un regalo.
- Allo stesso modo ti offro il mio regalo
- quando sei triste.
- Tu sei come una cagna
- allungata, che ha sempre tanta
- dolcezza nello sguardo
- e ferocia nell’animo.
- Ai tuoi piedi sembra
- una santa che arde di una passione
- indomabile,
- e ti ammira così
- come se tu fossi il suo Dio.
- Quando in casa o per via
- [ti] viene dietro, ringhia scoprendo
- i denti bianchissimi contro chi prova
- ad avvicinarsi.
- E il suo amore è malato
- di gelosia.
- Tu sei come la coniglia
- paurosa. Dentro la gabbia
- stretta si alza dritta in piedi
- quando ti vede,
- e tende verso di te le orecchie
- lunghe e irrigidite;
- poiché tu le porti
- la crusca e i radicchi:
- quando ne è priva si raggomitola
- e cerca gli angoli bui.
- Chi potrebbe portarle via
- quel cibo? chi potrebbe portarle via il pelo
- che si strappa di dosso
- per metterlo nel nido
- dove poi partorisce?
- Chi mai potrà farti soffrire?
- Tu sei come la rondine
- che ritorna in primavera.
- Ma in autunno la rondine riparte
- e tu non conosci quest’abitudine.
- Tu hai queste caratteristiche tipiche della rondine:
- i movimenti delicati;
- il fatto che a me, che mi sentivo ed ero
- vecchio, annunciavi una nuova giovinezza.
- Tu sei come la formica
- previdente. Di lei, quando
- passeggiano per la campagna,
- parla la nonna al bimbo
- che [lei] accompagna.
- E così nell’ape
- ti ritrovo, e in tutte
- le femmine di tutti
- gli animali che, sereni,
- avvicinano a Dio;
- e non ti ritrovo in nessun’altra donna.
Bibliografia:
P. V. Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978.
L. Renzi, Come leggere la poesia, Bologna, Il Mulino, 1985.
S. Guglielmino - H. Grosser, Il sistema letterario, Milano, Principato, 1989.
C. Segre - C. Ossola, Antologia della poesia italiana, Novecento, Torino, Einaudi, 1999.
U. Saba, Storia e cronistoria del Canzoniere, in Id., Tutte le prose, Milano, Mondadori, 2001.
1 L’idea della superiorità della donna sull’uomo, dovuta alla maggiore vicinanza alla sfera naturale, deriva dal pensiero di Friedrich Nietzsche (1844-1900).
2 Dio: Saba era ateo; “Dio” sta qui per il mondo naturale. In proposito Saba ha dichiarato che “il poeta, come il fanciullo, ama gli animali, che per la semplicità e la nudità della loro vita, ben più degli uomini, obbligati da necessità sociali e continui infingimenti, avvicinano a Dio, alle verità cioè che si possono leggere nel libro aperto della creazione”.
3 gallinelle: diminutivo di ascendenza leopardiana (La vita solitaria, vv. 2-3: “esulta nella chiusa stanza I la gallinella”).
4 gravida giovenca: da notare come lo stile aulico “nobiliti” l’immagine della mucca incinta: il sintagma è allitterante, invertito sintatticamente e spezzato da un’inarcatura. “Giovenca” inoltre è termine arcaico.
5 gravezza: ovvero, la pesantezza del ventre (un altro elemento originale rispetto al ritratto classico dell’amata).
6 lunga: distesa a terra, allungata ai piedi del padrone. La posizione fisica dell’animale si carica di connotazioni psicologiche: la moglie-cagna è affettuosa, fedele e possessiva.
7 alti protende e fermi: iperbato, figura sintattica che prevede l’inserimento di una parola estranea (in questo caso “protende”) all’interno di un sintagma, modificando l’ordine abituale della frase.
8 radicchi: un tipo di cicoria.
9 ritoglierle: prenderle ciò che le era stato dato.
10 In questa strofa e in quella della “giovenca” Lina viene rappresentata più come madre che come moglie. Lo stesso Saba ha dichiarato che “se un bambino potesse sposare e scrivere una poesia per sua moglie scriverebbe questa”. Ma lo sguardo del poeta non è solo quello del “fanciullo”: l’oscillazione tra ingenuità del bambino e consapevolezza adulta rimanda al “complesso di Edipo”, che affiora anche nelle connotazioni erotiche e materne di cui si caricano i “travestimenti” animali di Lina. La psicoanalisi è una chiave imprescindibile per interpretare la poesia sabiana.
11 arte: vale per “abitudine”, “disposizione”, probabilmente su suggestione dantesca dal canto decimo dell’Inferno (“ma i vostri non appreser bene quell’arte”, Inferno, X, v. 51). Lina non “riparte” come la rondine, ma rimane fedele e “stanziale”.
12 sentiva ed era: forme arcaiche della prima persona singolare dell’imperfetto (desinenza in -a).
13 La rondine è simbolo del potere rigenerante della donna, che dona vita e nuova giovinezza al poeta, definitosi “vecchio” in senso psicologico (quando scrisse questi versi, Saba non era neanche trentenne).
14 La formica è il simbolo della virtù domestica di saper di amministrare la famiglia.
15 pecchia: vocabolo letterario per “ape”, derivato dal diminutivo latino apicula, -ae; rappresenta l’operosità della donna.