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Accumulare stanca: il potenziale elettrico

Raramente il movimento di cariche elettriche in presenza di altri corpi carichi è un processo che avviene a costo zero: separare cariche elettriche di segno opposto, in generale, costa fatica, così come avvicinare cariche dello stesso segno. Quando elettrizziamo un corpo per strofinio, ad esempio, sfruttiamo l’energia meccanica prodotta dai nostri muscoli per strappare elettroni dagli atomi cui erano inizialmente legati. Separare le cariche sulle armature di un condensatore piano richiede energia, che prendiamo dal circuito elettrico cui il condensatore è attaccato. Analogamente, avvicinare due corpi precedentemente elettrizzati ci costa un certo sforzo.

Ciò è dovuto al fatto che in questi casi lo spostamento (che indicheremo con $\vec{s}$) è contrario al verso delle forze elettrostatiche ($\vec{F}$). L’impegno che è richiesto per fare ciò è quantificato da una grandezza fisica che prende il nome di lavoro, dato dal prodotto scalare tra vettore spostamento e vettore forza, ed è dato da una formula: $$\mathcal{L} = \vec{F}\cdot\vec{s} = Fs\cos(\theta).$$ Il lavoro cresce proporzionalmente sia alla forza da contrastare, sia allo spostamento da coprire. Tuttavia l’uso del prodotto scalare impone di tenere conto anche dell’angolo $\theta$ tra i due vettori coinvolti. Il segno negativo che si ottiene quando il movimento si oppone alla forza (cioè quando forma con essa un angolo ottuso) indica che è necessario fornire energia al processo di spostamento affinché questo avvenga.

Le proprietà matematiche del campo elettrostatico fanno sì che gli sforzi compiuti non vadano mai sprecati: l’energia spesa per creare una certa configurazione di cariche è immagazzinata nel sistema stesso ed è disponibile per essere riutilizzata quando vengano rimossi i vincoli che trattengono le cariche. Per descrivere questa situazione in cui nulla va dissipato si dice che il sistema è conservativo. Ciò si traduce nel fatto che il lavoro richiesto per muovere una carica elettrica all’interno di un sistema elettrostatico è proporzionale alla carica stessa e dipende solo da dove essa si trova prima e dopo lo spostamento: una carica che si trovi molto prossima a un’altra dello stesso segno ha potenzialmente la possibilità di acquisire molta energia cinetica in ragione della più intensa repulsione a cui è sottoposta. Per questo a ogni posizione risulta essere associato un potenziale elettrico che ne definisce lo stato energetico. È come se il sistema elettrostatico modificasse in qualche modo lo spazio che lo circonda, dando luogo a una specie di paesaggio caratterizzato da “valli” verso cui tendono a rotolare le cariche libere allontanandosi dalle “alture” che le respingono. Il potenziale elettrico si indica con la lettera $V$, ed è una quantità scalare che dipende dalla posizione in cui è calcolato; le differenze di potenziale si indicano con $\Delta V$ e si calcolano in Volt (indicati dalla lettera $\text{V}$), in onore di Alessandro Volta.

Se immaginiamo di raggruppare tutti i punti dello spazio che si trovano allo stesso valore di potenziale elettrostatico, ottenaimo un insieme che può avere le forme più disparate. In generale, però, in presenza di distribuzioni di cariche elettriche abbastanza regolari, questi insiemi saranno delle superifici nello spazio. Essendo tutte allo stesso potenziale elettrico, vengono dette superfici equipotenziali: tutti i punti di una superficie equipotenziale hanno quindi lo stesso valore di potenziale elettrico; di conseguenza, spostare cariche elettriche all’interno di una superficie equipotenziale non costa lavoro (elettrostatico), ma d’altro canto le cariche elettriche cercano di stare il più possibile ancorate ad essa. A titolo di esempio, ricordiamo il caso di cariche elettriche distribuite sulla superficie di un corpo conduttore: siccome tutti i punti della sua superficie in equilibrio elettrostatico si trovano allo stesso potenziale, la superficie del conduttore è una superficie equipotenziale. Questa è l’unica possibile spiegazione del fatto che le cariche non si muovono, dal momento che il materiale non oppone alcuna resistenza allo spostamento delle stesse.