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Il superuomo di Friedrich Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”

I presupposti messi in campo in Umano, troppo umano e nella Gaia scienza prevedono necessariamente un compimento che non tarda a venire: nel 1883, un anno dopo la “filosofia del mattino”, Nietzsche dà alle stampe la prima parte di Also sprach Zarathustra, un originalissimo trattato-parodia che, riprendendo la figura del mistico iranico Zoroastro (di cui già Schopenhauer s’era servito per descrivere il suo ideale di uomo saggio che, in accordo con la scelta di ascesi etica, abbandona il mondo), sviluppa la critica nietzschiana alle grandi religioni monoteiste (in primis, il cristianesimo).

Il protagonista Zarathustra infatti, ritiratosi dieci anni prima sulla cima d’una montagna per trovarvi la saggezza, torna tra gli uomini, sia per condividere con loro ciò che ha imparato, sia per nostalgia della vita mondana e dell’esistenza concreta. Questo spunto narrativo (che si articola nella Prefazione del saggio e nelle sue quattro parti) diventa l’occasione per sviluppare, nello stile aforistico già acquisito e padroneggiato con Umano, troppo umano, i punti-chiave della filosofia nietzschiana del periodo maturo: la necessaria “trasvalutazione dei valori” dopo la decadenza nichilistica dell’Occidente, l’avvento del Superuomo (o oltreuomo, in una traduzione del tedesco Übermensch, poi perversamente distorto dall’ideologia nazista), la volonta di potenza e l’eterno ritorno dell’identico.
Già dalla Prefazione si annunciano i temi e i toni di tutto lo Zarathustra; l’argomentazione filosofica e il soppesamento di tesi ed antitesi sono drasticamente sostituiti da uno andamento creativo ed immaginifico, che somma sapore profetico, potenza di immagini e stile rapido ed incisivo. Zarathustra, appena giunto al mercato di una città “sita presso le foreste”, si esibisce come se fosse sul palco di uno spettacolo, declamando la sua radicale verità, assai vicina a quella delll’aforisma 125 della Gaia scienza

Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. [...] Ecco, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire!
Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così son morti anche questi sacrileghi.

L’annuncio dell’Oltreuomo (“L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, - un cavo al di sopra di un abisso. [...] La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto”), che sostituirà il nichilista e disilluso letzte Mensch implica le famose tre metamorfosi dello spirito, che disegnano il percorso di autoliberazione della coscienza umana. Al “cammello”, simbolo dell’uomo che obbedisce a Dio ed anzi desidera questa sottomissione ubbidiente, subentra, nel deserto, il "leone" che si ribella alla morale e sconfigge il “grande drago” della morale vigente, rinunciando alle illusioni consolatorie della fede e rivendicando con forza il proprio Io voglio, che tuttavia gli permette solo la negazione dei vecchi valori (e cioè, la pars destruens della filosofia nietzschiana). Tocca allora al “fanciullo” costruire un nuovo mondo con la sua spontanea (e dionisiaca...) accettazione della vita, prefigurando un’umanità nuova che è sopravvissuta alla morte di Dio:

Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo?
Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto un sacro dire di sì. [...] Tre metamorfosi vi ho nominato dello spirito: come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo.