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Pasolini, "Ragazzi di vita": riassunto

Nel 1955 esce Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, romanzo sul mondo delle borgate e i quartieri periferici di Roma. Pasolini inizia a lavorare al libro fin dal suo arrivo nella Capitale nel 1950: visita le borgate, frequenta i ragazzi che le abitano e studia i loro comportamenti e abitudini. Lo scrittore si appassiona a questo mondo periferico, che, a suo parere, conserva ancora l’autenticità del mondo rurale, semplice e sotto certi aspetti primitivo, non ancora corrotto dal consumismo. Ciò che emerge dal romanzo è una realtà degradata, allo stesso tempo vitale, in cui i personaggi agiscono spinti dall’istinto e dalle passioni. Protagonisti del racconto pasoliniano sono i ragazzi del titolo, abitanti delle borgate, abituati a vivere di sotterfugi ed espedienti più o meno legali in questo mondo povero, caotico, in cui non esistono punti di riferimento (come la famiglia o la scuola) e dove ogni giorno i protagonisti devono confrontarsi con la noia, la miseria e la morte. Le vicende, ambientate nell’immediato dopoguerra, ruotano soprattutto intorno a uno di questi ragazzi, Riccetto, di cui l’autore segue la crescita e il suo tentativo di inserirsi e integrarsi nella società. L’opera è costruita ad episodi in un arco narrativo che parte con il salvataggio da parte del giovane Riccetto di una rondine che sta anneggando e si conclude con l’annegamento di Genesio, un bambino delle borgate, e con il mancato intervento del protagonista, ormai adulto e responsabilizzato. Pasolini evidenzia così l’evoluzione di questo personaggio da ragazzino delle borgate sensibile e impulsivo a uomo integrato, ma intrappolato nel ruolo impostogli dalla società, ormai vuoto e privo di passioni.

Pasolini rappresenta questo mondo con estremo realismo, i cui migliori esiti si riscontrano sul piano linguistico. L’autore infatti sceglie di utilizzare nei dialoghi il lessico e il gergo delle borgate, mentre la voce narrante mantiene l’italiano standard, caratterizzato da aggettivi volti ad evidenziare l’ambiente degradato. In fondo al romanzo Pasolini integra in tal senso un piccolo glossario del dialetto romanesco.

Questa scelta linguistica da un lato appare come la volontà dell’autore di creare un opera realistica e quasi documentaria, ma dall’altro - come hanno notato diversi critici - può sembrare un gioco linguistico di Pasolini, in cui mettere in campo i suoi interessi per i dialetti e i suoi studi sulla lingua popolare. In merito alla questione, Elio Vittorini, nel Diario in pubblico (1957), osserva come “Pasolini presenta, travestiti da realistici, interessi […] essenzialmente filologici” nella sua continua ricerca lessicale dei termini popolari rari e nella costruzione sintattica dei dialoghi.

All’uscita del romanzo Pasolini viene accusato di oscenità e pornografia, a causa del tema trattato, che infatti include anche la prostituzione minorile maschile. Nel luglio del 1955 si tiene un processo contro Ragazzi di vita, che, tuttavia, si risolve con un’assoluzione dell’autore, anche grazie al contributo di alcuni intellettuali, come Carlo Bo, uno dei testimoni della difesa, e Giuseppe Ungaretti, che invierà una lettera ai giudici in favore di Pasolini.

Nel 1961 Pasolini realizza il suo primo film Accattone, che si presenta come una trasposizione cinematografica dei temi trattati in Ragazzi di vita e in Una vita violenta. La storia, infatti, ruota intorno a un giovane sottoproletario con i suoi espedienti per vivere senza dover lavorare. Altro film, incentrato ancora una volta sulla condizione sociale delle borgate, è Mamma Roma del 1962, in cui una madre tenta di far uscire il figlio dall’ambiente delle borgate.