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"In morte del fratello Giovanni" di Foscolo: parafrasi del testo

Parafrasi Analisi

Composto in memoria del fratello Giovanni, che si uccise con una pugnalata (secondo alcune fonti, a causa di un debito di gioco, secondo altre per un’accusa di furto), questo sonetto, che insieme Alla sera, A Zacinto, Alla musa, è considerato tra i maggiori sonetti del Foscolo, condensa i più importanti temi della sua produzione poetica: la coscienza di un destino d’esilio e di sventura, gli affetti familiari, il sepolcro e il colloquio tra vivi ed estinti, la tempesta delle passioni, il desiderio di quiete. Evidenti gli echi catulliani (Carme CI) e petrarcheschi (Movesi il vecchierel), anche se tutta foscoliana è l’intonazione drammatica del dettato, così come il tema della “corrispondenza degli amorosi sensi”.

Metro: sonetto con schema ABAB ABAB CDC DCD. Forti gli enjamebements ai vv. 2-3, 3-4, 10-11.

  1. Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
  2. di gente in gente 1; mi vedrai seduto
  3. su la tua pietra 2, o fratel mio, gemendo
  4. il fior de’ tuoi gentili anni caduto 3:
  5. la madre or sol 4, suo dì tardo traendo 5,
  6. parla di me col tuo cenere muto 6:
  7. ma io deluse a voi le palme 7 tendo;
  8. e se da lunge i miei tetti 8 saluto,
  9. sento gli avversi Numi 9, e le secrete
  10. cure che al viver tuo furon tempesta;
  11. e prego anch’io nel tuo porto quïete 10:
  12. questo di tanta speme 11 oggi mi resta!
  13. straniere genti, l’ossa mie 12 rendete
  14. allora al petto della madre mesta 13.
  1. Un giorno, se io non andrò sempre vagando
  2. di nazione in nazione, mi vedrai accostato
  3. alla tua tomba, fratello mio, piangendo
  4. la tua giovane età, stroncata nel suo sbocciare.
  5. Solo la madre ora, trascinandosi dietro la sua vecchiaia,
  6. parla di me alle tue mute spoglie:
  7. intanto io tendo senza speranza le mani a voi;
  8. e soltanto saluto da lontano i tetti della mia patria.
  9. Avverto l’ostilità del fato e i reconditi
  10. tormenti interiori che tempestarono la tua esistenza,
  11. e invoco anch’io la pace, insieme a te, nella morte.
  12. Questo, di così tante speranze, oggi mi resta!
  13. Popoli stranieri, quando morirò, restituite le mie spoglie
  14. alle braccia della madre inconsolabile.

1 L’esilio non è da intendersi come puro dato biografico ed esistenziale: è anche e soprattutto il modo in cui Foscolo interpreta romanticamente il significato della propria vita e prende coscienza della sua personalità, che sente sempre al di fuori della patria vera. Di fatto l’inizio richiama quello catulliano (Carme LI, 1: “Multas per gentes et multa per aequora vectus”) ma, mentre il carme del poeta latino assume i toni di un’affettuosa elegia, il sonetto del Foscolo offre il drammatico scorcio di un’esistenza tutta trascorsa in lotta con il destino e il fuoco delle proprie passioni.

2 pietra: metonimia tradizionale in poesia per indicare la tomba.

3 La metafora del fiore della giovinezza è già in Petrarca (Che debb’io far? che mi consigli, Amore?, v. 39: “fece ombra al fior degli anni suoi”) e Leopardi (A Silvia, vv. 42-43: “E non vedevi il fior degli anni tuoi”). L’iperbato “fior caduto” concorre a determinare la sostenutezza del dettato.

4 Solo la madre può parlare con il figlio morto, e parla dell’altro figlio lontano, quasi per invocarlo, ma invano, perché non vi si potrà ricongiungere.

5 La descrizione della madre ricorda il petrarchesco “traendo poi l’antiquo fianco” (Movesi il vecchierel): di fatto a quell’altezza cronologica la madre del Foscolo aveva solo cinquantacinque anni, e il suo invecchiamento prematuro è da ricondursi alle pene sofferte.

6 cenere muto: è una sinestesia, che accosta due sfere sensoriali differenti, tatto e udito.

7 deluse palme: ipallage, figura retorica con cui si attribuiscono ad un elemento caratteristiche proprie di un altro contiguo (qui, la delusione senza speranza è del poeta, non delle sue mani).

8 tetti: sta per case o, più generalmente, patria. È una sineddoche.

9 avversi Numi: è il destino avverso che ritroviamo anche in A Zacinto, contro il quale il poeta spesso inveisce, pur ricercandolo, con titanismo e romantico tormento.

10 La morte è “quïete”, promessa di pace, anche nel sonetto Alla sera (vv. 1-2: Forse perché della fatal quïete | tu sei l’immago a me sí cara vieni”).

11 Stilema da Petrarca: “Questo m’avanza di cotanta speme” (Che debb’io far? che mi consigli, Amore?, v. 32)

12 ossa mie: altra metonimia.

13 Il componimento segue una perfetta circolarità: si apre con un’immagine di esilio e si chiude con l’appello, venato di pathos, con cui il poeta, esule in vita e dal destino assai simile a quello del fratello, chiede un ultimo ed estremo ricongiungimento con gli affetti familiari.