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La forza di Lorentz e il campo elettromagnetico: formula e definizione

Sin dalla prima metà del XIX secolo era chiaro che sussistesse una profonda relazione tra corrente elettrica, ossia un moto ordinato di cariche elettriche all’interno di un conduttore, e i campi elettrico e magnetico. Ma dal punto di vista della dinamica newtoniana, la legge che descrive le interazioni del campo elettrico e del campo magnetico su corpi elettricamente carichi fu spiegata dal fisico olandese Hendrik Lorentz solo verso il 1890.

Questa legge asserisce che, in presenza di un campo magnetico $\vec{B}$, un corpo dotato di una carica $q$ e di una velocità (istantanea) $\vec{v}$ è soggetto a una forza, detta forza di Lorentz, pari a  $$ \vec{F} = q \ \vec{v} \times \vec{B} $$Il simbolo “$\times$” è il simbolo di prodotto vettoriale tra due vettori. Grazie alle proprietà del prodotto vettore, campo magnetico $\vec{B}$, velocità $\vec{v}$ del corpo carico e forza $\vec{F}$ sono sempre tra loro perpendicolari. Nella figura sottostante una particella carica è immersa in un campo magnetico uniforme e stazionario (cioè, rispettivamente, sempre uguale ad un vettore fissato nello spazio, e invariante nel tempo), pensato entrante nella pagina.

 

In assenza di campo elettrico, cioè quando $\vec{E} = 0$, la traiettoria di una carica elettrica puntiforme immersa in un campo magnetico uniforme e stazionario è determinabile in base alla seconda legge della dinamica $\vec{F} = m\ \vec{a}$: sostituendo in questa espressione la forza di Lorentz, otteniamo l’equazione $$m\ \vec{a} = q\vec{v} \times \vec{B}$$Tramite calcoli che eludono dalla presente trattazione, è possibile determinare che il moto descritto da una particella soggetta ad una forza di Lorentz puramente magnetica, prodotta da un campo uniforme e stazionario, è un moto circolare uniforme, dotato di accelerazione centripeta pari a $q\ v\ B$: dall’espresione dell’accelerazione centripeta otteniamo $$ q\ v\ B = m \frac{v^2}{r} \quad \Rightarrow \quad r = \frac{m \ v}{q \ B}$$

Un utilizzo pratico della forza di Lorentz si può vedere nello spettrometro di massa. Lo spettrometro di massa è un dispositivo che viene utilizzato per misurare il rapporto carica / massa di particelle portatrici di carica.

Inizialmente, le particelle sono accelerate tramite un metodo qualsiasi (per esempio, l’applicazione di un campo elettrico $\vec{E}$) sino a raggiungere una velocità nota $v$. Eliminando la forza che imprime tale accelerazione, le particelle cariche si muovono di moto rettilineo uniforme. Successivamente, esse vengono convogliate in una regione in cui è presente un campo magnetico $\vec{B}$, quanto più possibile uniforme e stazionario, che è possibile regolare e di cui quindi è nota l’intensità $B$. A causa della forza di Lorentz, una volta entrate in questa regione le particelle inizieranno a descrivere delle circonferenze. Su una barriera perpendicolare al tratto rettilineo è situato un dispositivo in grado di rilevare il passaggio di particelle cariche (come uno schermo fotografico). In base alla posizione in cui la particella ha incontrato il dispositivo, è possibile risalire al raggio della traiettoria descritta e, quindi, al rapporto carica / massa della particella in questione: difatti, dall’equazione precedente si può desumere che il raggio della circonferenza descritta è proporzionale al rapporto $\frac{m}{q}$ $$ \frac{m}{q} = r \frac{ B }{v} $$

Ma che cosa succede se, oltre ad un campo magnetico $\vec{B}$, è presente anche un campo elettrico $\vec{E}$? In generale infatti si parla di campo elettro-magnetico. Sappiamo, dalla definizione di campo elettrico, che un corpo carico in un campo elettrico è soggetto alla forza $q \vec{E}$, e quindi è più corretto indicare la forza di Lorentz (alcuni la chiamano “forza di Lorentz generalizzata”) come $$ \boxed{ \vec{F} = q\vec{E} + q\vec{v} \times \vec{B}}$$

La descrizione di una traiettoria di un corpo soggetto ad una forza di questo tipo è assai complicato: in generale, campo elettrico e campo magnetico variano nel tempo e nello spazio. Un caso considerevolmente più semplice è quello in cui il campo elettrico $\vec{E}$ e il campo magnetico $\vec{B}$ sono a loro volta mutualmente perpendicolari (situazione che si produce naturalmente in presenza di cariche elettriche oscillanti, generantrici di onde elettromagnetiche), ed entrambi stazionari ed uniformi.

In questo caso possiamo illustrare il moto scomponendolo in due moti indipendenti: uno nella direzione individuata dal campo elettrico $\vec{E}$, e uno nel piano perpendicoare a tale direzione. Lungo la prima direzione, abbiamo un moto uniformenente accelerato di accelerazione $a = \frac{q \ E}{m}$. Nel piano, invece, per quanto appena detto riguardo alla forza di Lorentz, abbiamo un moto circolare uniforme di velocità angolare $\omega = \frac{v}{r}$ che, sostituendo l’espressione del raggio trovata precedentemente, diventa pari a $\omega = \frac{q B}{m}$. La composizione di un moto uniformemente accelerato lungo una direzione e un moto circolare uniforme, il quale avviene sul piano normale alla direzione individuata dal moto unformemente accelerato, è un moto a spirale:

La forza di Lorentz (in giallo nell’illustrazione) può essere usata per spiegare numerosi fenomeni elettromagnetici: in realtà, è sufficiente a spiegare completamente l’elettrodinamica classica.

Indagare il moto di singole cariche è una cosa; la situazione più comune però, è quella in cui abbiamo un insieme di cariche che si muove entro una regione confinata: sappiamo infatti che la corrente elettrica altro non è che un moto ordinato di cariche, all’interno di un materiale conduttore. Se un campo magnetico agisce, mediante la forza di Lorentz, su una singola carica elettrica, è ben comprensibile che avrà degli effetti su un flusso di carica elettrica nel suo complesso. In effetti, si registra che un filo conduttore, immerso in un campo magnetico, si muove: responsabile di questo spostamento è proprio la forza di Lorentz.

Supponiamo allora di avere un tratto di filo conduttore, di lunghezza $l$, inserito in un campo magnetico $ \vec{B} $ stazionario ed uniforme, e percorso da una corrente di intensità $i$. Se indichiamo con $\vec{l}$ il vettore individuato dalla direzione del filo e avente il verso della corrente $i$, il campo magnetico allora esercita una forza pari a $$ \vec{F} = i \vec{l} \times \vec{B} $$Per semplicità, deduciamo tale espressione solo nel caso in cui filo e campo magnetico siano mutualmente ortogonali.

Supponiamo che il filo abbia una sezione di area $S$, i portatori di carica abbiamo una carica $q$, ve ne siano in numero $n$ per unità di volume, e che si spostino con una velocità media $\vec{v}$. Allora l’intensità di corrente elettrica è pari a $$ i = n \cdot q \ S \ v $$Su ciascun elettrone conduttore agisce una forza di Lorentz $\vec{f} = q \vec{v} \times \vec{B}$ che è diretta perpendicolarmente a campo magnetico e filo, come mostrato nell’illustrazione, e in modulo vale $f= q \ v \ B$. Per ottenere la forza totale, occorre sommare i contributi dei singoli elettroni: sul tratto lungo $l$ questi sono in numero di $ n \ S\ l$, e dunque la forza di Lorentz sarà di intensità pari a $$ F = (n \ S \ l) \cdot q \ v \ B = n \cdot ( q \ S \ v )\cdot l \ B = i \cdot l \cdot B$$

Seguendo un ragionamento affine, si può dare una spiegazione all’esperimento di Ampére sull’attrazione o repulsione reciproca di fili conduttori percorsi da corrente: ognuno dei due fili, percorso da corrente, produce un campo magnetico, secondo la legge di Biot-Savart, che attrae (o respinge, conformemente al verso della corrente) l’altro filo.