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"Non recidere, forbice, quel volto": testo e parafrasi

Parafrasi Analisi

Testo della seconda sezione de Le Occasioni, quella intitolata Mottetti, caratterizzata dal recupero del particolare genere del “mottetto”, tipico della musica sacra polifonica del XIII secolo. Metro: due quartine composte di tre endecasillabi e un settenario, con rima tra il v. 1 e il v. 3 e assonanze tra i vv. 2-6 e 4-8 (presenti pure le rime interne: cala / cicala e svetta / balbetta).

  1. Non recidere, forbice, quel volto 1,
  2. solo nella memoria che si sfolla,
  3. non far del grande suo viso in ascolto
  4. la mia nebbia di sempre.
  5. Un freddo cala 2... Duro il colpo svetta.
  6. E l'acacia ferita 3 da sé scrolla
  7. il guscio di cicala
  8. nella prima belletta 4 di Novembre.
  1. O forbice, non tagliare via quel volto,
  2. che ormai solitario svanisce nella mia memoria,
  3. non trasformare il suo grande viso in ascolto
  4. nell’usuale nebbia della mia vita.
  5. Cala il freddo della lama... secco il colpo
  6. recide la vetta. E l’acacia ferita si scrolla
  7. di dosso il corpo vuoto della cicala
  8. nella prima fanghiglia novembrina.

1 quel volto: con molta probabilità, quello di Irma Brandeis, cui sono dedicate Le occasioni (a partire almeno dall’edizione del 1949), e che è trasigurata in Clizia, figura assente della salvezza del poeta.

2 Un freddo cala: il riferimento, oltre che al freddo della morte, è alle forbici del potatore, che diventano un cupo presagio della perdita irrimediabile del mondo dei ricordi e degli affetti personali.

3 acacia ferita: qui, alla ferita concreta dell’albero potato (che fa cadere il ramo reciso e il cadavere di una cicala) si aggiunge il taglio secco nella memoria del poeta, che vede i propri preziosi ricordi nel magma del nulla.

4 prima belletta: nel termine (che è anche buona dimostrazione della ricerca ne Le Occasioni di un lessico e di uno stile oscuri e difficili) c’è un rimando - non solo letterario ma anche contenutistico e simbolico - all’Inferno dantesco e al contrappasso di avari e prodighi (Inferno, VII, vv. 121-124: “Fitti nel limo dicon: «Tristi fummo | ne l'aere dolce che dal sol s'allegra, | portando dentro accidïoso fummo: | or ci attristiam ne la belletta negra»”.