La casa dei doganieri, testo che apre la quarta sezione de Le Occasioni (1939), compare già nel 1930 sul periodico «Italia letteraria» (anno II, n. 39, 28 settembre 1930) e poi nel volumetto (tecnicamente, una plaquette) intitolata La casa dei doganieri e altri versi (Vallecchi, Firenze, 1932).
Metro: strofe di cinque o sei versi, di misure varie (prevalenti gli endecasillabi) e legati da rime libere.
- Tu 1 non ricordi la casa dei doganieri
- sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
- desolata t'attende dalla sera,
- in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri 2
- e vi sostò irrequieto.
- Libeccio 3 sferza da anni le vecchie mura
- e il suono del tuo riso non è più lieto:
- la bussola va impazzita all'avventura
- e il calcolo dei dadi più non torna 4.
- Tu non ricordi; altro tempo frastorna
- la tua memoria; un filo s'addipana 5.
- Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
- la casa e in cima al tetto la banderuola
- affumicata gira senza pietà 6.
- Ne tengo un capo; ma tu resti sola
- né qui respiri nell'oscurità.
- Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende
- rara la luce della petroliera!
- Il varco è qui 7? (Ripullula il frangente
- ancora sulla balza che scoscende... 8).
- Tu non ricordi la casa di questa
- mia sera. Ed io non so chi va e chi resta 9.
- Tu non ricordi la casa dei doganieri
- sulla cresta sporgente a strapiompo sulla scogliera:
- [la casa] ti attende senza gioia da quella sera
- quando la moltitudine delle tue inquietudini
- vi entrò e lì si fermò senza pace.
- Il vento di sud-ovest colpisce da anni le vecchie mura
- e la tua risata non suona più lieta e squillante:
- la bussola non dà indicazioni affidabili
- e la combinazione dei dadi non è più prevedibile.
- Non ti ricordi più; un altro periodo della vita agita
- la tua memoria; un altro filo della vita si raggomitola.
- Trattengo ancora un capo di questo filo; ma la casa
- fugge via e, sulla cima del tetto, la banderuola
- del vento, nera di fumo, ruota senza pietà.
- Ho in mano un capo del filo; ma tu resti sola
- né respiri in questa oscurità.
- Ahimé, l’orizzonte che fugge, su cui si accende
- poche volte la luce di segnalazione della petroliera
- È qui il passaggio [per la verità e i ricordi]? (Sul faraglione
- che precipita si ribatte nuovamente l’onda...).
- Tu non ricordi la casa di questo mio finale
- di esistenza. E io non so chi sta qui e chi se ne va.
1 Tu: Si può intravedere, dietro questo pronome personale, Arletta, già figura di riferimento di Ossi di seppia (1922), dietro cui Montale cela - come egli stesso svelerà in un brano del Diario del ‘72 - la persona reale di Anna (o Annetta) degli Uberti, giovane conosciuta e frequentata a Monterosso nel corso degli anni Venti. Benché la Uberti sia morta solo nel 1959, Montale ne fa l’emblema della giovinezza passata ed irrecuperabile, quasi sul modello della Silvia leopardiana: “L’ho scritta per una giovane villeggiante morta molto giovane. Per quel poco che visse, forse lei non s’accorse nemmeno che io esistevo”
2 lo sciame dei tuoi pensieri: come altre protagoniste montaliane, anche questa figura femminile è caratterizzata dall’inquietudine esistenziale e dall’irrequietezza, soprattutto in relazione al difficile futuro che attende lei e il poeta.
3 Libeccio: vento di sud-ovest, umido, tipico del Mediterraneo.
4 Celebri correlativi oggettivi montaliani, che alludono alla perdita delle proprie coordinate essenziali (la “bussola”), nel momento in cui anche il ricordo del passato viene meno, e delle linee-guida per il futuro, non più decifrabile (il “calcolo dei dadi” che si rivela sempre errato).
5 un filo s’addipana: il riferimento è al filo della vita, tessuto da Cloto, una delle mitologiche Parche (o Moire, alla greca; le altre erano Lachesi ed Atropo). A loro spettava il compito di tessere la vita di ciascuno di noi, distribuire i destini individuali e, infine, troncare il filo vitale con la morte; in Casa dei doganieri l’immagine sta a significare che il tempo del poeta scorre inesorabile, e la vita dei ricordi si allontana ulteriormente da lui.
6 la banderuola affumicata gira senza pietà: anche in quest’altro correlativo oggettivo, ritorna la necessità, di cui già si capisce il fallimento, di trovare un senso alla propria esistenza, quando il mondo dei propri ricordi e della propria vita anteriore sfuma nell’oblio. Ma, simbolicamente, la “banderuola” qui gira senza direzione fissa e certa.
7 Il varco è qui?: domanda di carattere esistenziale, che si interroga sulla possibilità, nel reale quotidiano, di individuare un “anello che non tiene” (come ne I limoni, v. 27); ma la prospettiva volge qui al pessimismo.
8 balza che scoscende: è un riferimento al “rialzo a strapiombo” del v. 2.
9 Il verso conclusivo ripropone il dubbio esistenziale che attanaglia l’io poetico, e la sua radicale impossibilità di avere un qualche tipo di certezza siulla vita e su se stesso.