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Montale, "Felicità raggiunta": testo e parafrasi

Parafrasi Analisi

In questo componimento inserito nella raccolta Ossi di seppia e scritto probabilmente nel 1924, Eugenio Montale scandaglia il tema della felicità umana. Per descrivere la fugacità e la precarietà di quest’ultima, il poeta si affida ad alcune efficaci analogie: il camminare sull’orlo di una lama tagliente, una fiammella debole che rischia di spegnersi a ogni soffio di vento, una sottile lastra di ghiaccio che va in frantumi non appena un piede vi si posa. Chiunque persegua la “felicità raggiunta”, è pertanto invitato a non sottoporre questo stato a ulteriori sollecitazioni, perché fragile è l’equilibrio che rende possibile il mantenimento di quella condizione, continuamente minacciata. La felicità, mai possesso definitivo - dice il poeta nella seconda strofa, con un sottile richiamo al concetto di felicità de Il sabato del villaggio di Leopardi - può comunque rischiarare l’animo crucciato come la luce del mattino, provocando un piacevole sconvolgimento. L’immagine conclusiva è tuttavia quella della delusione infantile, che si accampa prepotentemente nella chiosa finale.

Schema metrico: due strofe di cinque versi con rime ABCAB DEDED.

  1. Felicità raggiunta, si cammina
  2. per te sul fil di lama 1.
  3. Agli occhi sei barlume che vacilla,
  4. al piede, teso ghiaccio che s'incrina 2;
  5. e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
  6. Se giungi sulle anime invase
  7. di tristezza e le schiari 3il tuo mattino
  8. è dolce e turbatore 4. come i nidi delle cimase 5.
  9. Ma nulla paga il pianto del bambino
  10. a cui fugge il pallone tra le case 6.
  1. Felicità raggiunta, a causa tua 
  2. si cammina sul filo del rasoio.
  3. Per gli occhi sei come una luce incerta, che oscilla,
  4. per il piede, come sottile strato di ghiaccio che si spezza;
  5. e dunque chi più ti ama non ti chieda troppo
  6. Se scendi sulle anime pervase di tristezza
  7. e le illumini, il tuo sorgere è un piacere inquieto
  8. come i nidi sotto i cornicioni delle case.
  9. Ma nulla può ricompensare il pianto del bambino
  10. a cui sfugge il palloncino tra le case.

1 sul fil di lama: l’immagine con la quale si dà conto dell’instabile equilibrio proprio di chi riesce a pregustare un barlume di felicità è un’immagine di latente pericolo; il rischio, per chi sottopone questo stato a sollecitazioni eccessive, è quello di ferirsi (o di perdere in un solo istante l’attimo della gioia).

2 A rafforzare l’icasticità delle analogie, due immagini appartenenti a sfere sensoriali diverse, la vista e il tatto.

3 le schiari: metafora luminosa, sviluppata ulteriormente nel secondo emistichio con l’immagine del mattino.

4 dolce e turbante: la felicità giunge inattesa, e per questo il suo “mattino” è insieme “dolce” ma “turbatore”, come se al piacere fosse sempre mista la sottile percezione dell’angoscia della perdita. Si noti anche qui come la poesia di Montale negli Ossi di seppia sa oggettivare il proprio discorso esistenziale in dati spaziali e percettivi: la felicità, condizione sublime ma precaria, è paragonata per analogia ad un’alba, tanto bella quanto transitoria

5 cimase: termine tecnico per riferirsi ai cornicioni della abitazioni, sotto cui - quasi che si trattasse di un’epifania improvvisa della verità, di un “malchiuso portone” - è possibile per caso osservare un nido di uccelli, fonte di gioia e di vita.

6 La chiusura di Felicità raggiunta ribadisce e tematizza l’idea della fugacità delle gioie terrene, con due versi di sapore sentenzioso introdotti da una congiunzione avversativa: il dolore dell’esistere, simile a quello di un bambino che si lascia sfuggire il pallone, è sempre pronto ad annullare il breve sorgere della felicità.