A questa lirica, composta a cavallo tra 1921 e 1922, Montale affida, insieme alla precedente In limine e alla successiva Non chiederci la parola, alcune fondamentali dichiarazioni programmatiche. La demistificazione dell’aureola dei “poeti laureati” (e della loro reboante retorica, in primis dannunziana), qui rappresentate dalle piante dell’illustre tradizione poetica (i “bossi”, “ligustri” o “acanti” del verso 3), si accompagnano alla celebrazione dell’immagine povera e umile dei limoni, capace tuttavia di provocare un sussulto del cuore, o meglio una vera rivelazione epifanica che dispieghi “il punto morto del mondo” (v. 27), il senso più profondo delle cose: qui si manifesta il relativismo prospettico della filosofia montaliana, il cui anelito più profondo è non tanto quello di trovare la verità assoluta, mai raggiungibile, ma una delle tante verità possibili.
Componimento di quattro strofe di lunghezza variabile (dai dieci ai quindici versi liberamente rimati, spesso endecasillabi e settenari, anche doppi). Fitta è la tramatura di assonanze e consonanze.
- Ascoltami 1, i poeti laureati 2
- si muovono soltanto fra le piante
- dai nomi poco usati 3: bossi ligustri o acanti 4.
- lo 5, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
- fossi dove in pozzanghere
- mezzo seccate 6 agguantano i ragazzi
- qualche sparuta anguilla:
- le viuzze che seguono i ciglioni 7,
- discendono tra i ciuffi delle canne
- e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni 8.
- Meglio se le gazzarre degli uccelli
- si spengono inghiottite dall'azzurro:
- più chiaro si ascolta il susurro
- dei rami amici nell'aria che quasi non si muove 9,
- e i sensi di quest'odore
- che non sa staccarsi da terra
- e piove in petto una dolcezza inquieta 10.
- Qui delle divertite 11 passioni
- per miracolo tace la guerra,
- qui tocca anchea noi poveri la nostra parte di ricchezza
- ed è l'odore dei limoni.
- Vedi, in questi silenzi in cui le cose
- s'abbandonano e sembrano vicine
- a tradire il loro ultimo segreto,
- talora ci si aspetta
- di scoprire uno sbaglio di Natura,
- il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
- il filo da disbrogliare 12 che finalmente ci metta
- nel mezzo di una verità.
- Lo sguardo fruga d'intorno,
- la mente indaga accorda disunisce
- nel profumo che dilaga
- quando il giorno piú languisce.
- Sono i silenzi in cui si vede
- in ogni ombra umana che si allontana
- qualche disturbata Divinità 13.
- Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
- nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
- soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase 14.
- La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
- il tedio dell'inverno sulle case,
- la luce si fa avara - amara l'anima 15.
- Quando un giorno da un malchiuso portone 16
- tra gli alberi di una corte
- ci si mostrano i gialli dei limoni;
- e il gelo dei cuore si sfa,
- e in petto ci scrosciano
- le loro canzoni
- le trombe d'oro della solarità 17.
- Ascoltami, i poeti circondati di allori
- si aggirano solamente tra piante
- dai nomi ricercati: bossi, ligustri o acanti.
- Io, per quanto mi riguarda, amo le strade che sbucano sui
- fossi ricoperti d’erba, dove i ragazzi in pozzanghere
- in parte prosciugate agguantano
- qualche esile anguilla:
- le viuzze che affiancano le rive dei fossi,
- discendono fino alle cime delle canne
- e si immettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
- Meglio se il baccano degli uccelli
- ammutolisce, inghiottito dall’azzurro:
- il sussurro tra i rami, amici nell’atmosfera quasi immobile,
- si può ascoltare più nitidamente,
- e [si può ascoltare] la percezione di questo odore
- che non sa staccarsi da terra,
- e piomba nel petto una dolcezza inquieta.
- In questi luoghi miracolosamente si placa
- la guerra delle passioni che ci trascinano qua e là,
- qui anche per noi semplici uomini c'è il nostro premio,
- che è l’odore dei limoni.
- Vedi, in questi silenzi in cui le cose
- si abbandonano e sembrano vicine
- a rivelare il loro segreto ultimo,
- talvolta ci si attende
- di scoprire uno sbaglio di Natura,
- un varco, l’anello che non tiene,
- il filo che ci consenta di sbrogliare la matassa,
- consentendoci finalmente di conoscere una verità.
- Lo sguardo scruta attorno a sé
- la mente indaga, collega, separa
- mentre il profumo [dei limoni] dilaga
- sul calar della sera.
- In questi momenti di silenzio sembra di vedere
- in ogni figura umana che si allontana
- qualche divinità disturbata.
- Ma l’illusione sfugge quando il tempo ci riporta
- nelle città caotiche, dove l’azzurro [del cielo]
- si staglia solo per piccoli spazi, in alto, tra i cornicioni
- degli edifici. Poi la pioggia consuma la terra,
- si addensa il tedio dell’inverno sulle case,
- la luce diminuisce e l’anima si riempie di amarezza.
- Quando un giorno da un portone mal chiuso
- si riescono a vedere i frutti gialli dei limoni
- tra gli alberi di una corte,
- si scioglie il gelo del cuore
- e le trombe d’ oro fanno risuonare
- nel petto la loro musica,
- limpida e splendente come il sole.
1 Ascoltami: imperativo e apostrofe al lettore, al quale il poeta si rivolge con il “tu”.
2 laureati: cinti d’alloro, cioè riconosciuti pubblicamente come poeti.
3 usati: rima al mezzo con il precedente "laureati".
4 bossi ligustri o acanti: Montale usa ironicamente questi tecnicismi per irridere la retorica dell’illustre tradizione poetica. In realtà il componimento non è privo di ricercatezza stilistica, che si esplica nella terminologia, negli artifici fonici, nelle scelte metriche.
5 Io: con il pronome a inizio verso, in posizione marcata, Montale ribadisce la presa di distanza rispetto ai poeti laureati.
6 mezzo seccate: l’attributo (come il successivo “sparuta”) concorre a designare il paesaggio brullo e arido dell’adolescenza montaliana, così ricorrente nella sua produzione poetica ed emblema di una condizione esistenziale.
7 ciglioni: sono i bordi dei fossi.
8 Attraverso l’immagine della stradina che sbuca tra gli alberi dei limoni, il descrittivismo di questa prima strofe si imprime di un forte slancio vitalistico.
9 nell’aria che quasi non si muove: un’immagine di staticità che si contrappone a quella che chiudeva la prima strofa. Si ricordi che negli Ossi di seppia è sempre importante lo scenario, paesaggistico ed atmosferico, in cui s’ambientano le parole del poeta.
10 dolcezza inquieta: l’ossimoro dà ben conto della contraddizione tra il miracolo epifanico dell’odore dei limoni e l’inquietudine provocata da questo evento.
11 divertite: pervertite (dal latino divertere, “volgere altrove”).
12 il filo da disbrogliare: assieme con lo “sbaglio di natura” (v. 26), il “punto morto del mondo” (v. 27), “l’anello che non tiene” (v. 27), è uno degli emblemi di una possibile dimensione salvifica postulata dal poeta, cui si può accedere solo per dei casuali pertugi che si aprono nella vita di tutti i giorni.
13 qualche disturbata Divinità: la pace, ancorché precaria, provocata da questi silenzi, consente quasi di individuare una presenza divina nell’uomo: si tratta però di un’illusione, come chiarito fin dalla congiunzione avversativa che apre la strofa successiva.
14 Il miracolo non si è realizzato davvero, e le immagini del tedio cittadino (il “tedio dell’inverno sulle case”) riportano il poeta ad una constatazione dell’amara realtà.
15 Il verso è costruito chiasticamente, con i due aggettivi al centro (“avara - anima”, e i rispettivi nomi all’estremità; la costruzione, letterariamente connotata, riassume la situazione di crisi dell’uomo estraneo al miracolo epifanico dei “limoni”, e in un certo senso ne prepara l’irrompere nel “gelo del cuore” (v. 46) e l’esplosione delle “trombe d’oro della solarità” (v. 49).
16 un malchiuso portone: rappresenta efficacemente l’anelito di felicità dell’uomo, una felicità - per quanto precaria - ravvisabile in immagini rasserenanti, epifanie salvifiche, come quella offerta dal giallo solare dei limoni.
17 le trombe d’oro della solarità: la chiusura del testo non è solo una capitale dichiarazione di poetica, ma è anche studiata dal punto di vista formale; nell’ultimo verso, la felicissima sinestesia unisce al suono squillante delle trombe (che quasi annunciano la rivelazione dei “limoni”) il colore splendente del sole, che si oppone alla triste stagione invernale e annuncia una possibilità di felicità per il poeta in mezzo ai tormenti del mondo.