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“Scendendo qualche volta” di Eugenio Montale: parafrasi e commento

Dopo aver stabilito un rapporto uditivo-visivo con il mare, nel terzo movimento di Mediterraneo l'io lirico descrive la sua descensio fino al contatto con esso. Gli elementi pregnanti del paesaggio sono quelli collinari poiché le colline, ultimo baluardo prima del mare, diventano il varco da oltrepassare per giungere finalmente alla vita e alla libertà, di cui fino a questo movimento si avvertono segnali precursori di un’eccitazione più o meno intima, dell'io lirico. Terminato lo stillicidio rappresentato dalla “ruota | delle stagioni” (cioè il trascorrere delle stagioni stesse, nella fattispecie quelle piovose), l'io lirico è finalmente giunto al periodo più vitalistico di tutti, caratterizzato dall'unione con il mare. La sua volontà è quella di lasciarsi l'aridità alle spalle e procedere verso un atto di unione, già anticipato dalle personificazioni dei movimenti precedenti, le quali ben confondono la linea di demarcazione tra umano e naturale.

Il cammino procede verso il basso, con una velocità progressiva che aumenta tanto quanto aumenta la brama di unirsi al mare. La natura che circonda il sentiero rivolto alla spiaggia incarna una volontà panica e assume un volto umano, grazie alla personificazione: i massi sono protesi verso il mare, come a sognarne l'abbraccio, il canneto dà il suo assenso all’unione con la natura. Allo stesso modo, l'io lirico trasale non appena giunge alle sue narici il profumo della salsedine marina: l'acqua è vicina, tanto vicina che ne si percepisce la “vastità”, la quale ristora “l'immobilità dei finiti”.

La lirica si chiude, poi, con l'apparizione della “spersa pavoncella”, un altro volatile usato come emblema dell'io lirico, nonché chiaro segno della tensione verso il mare, cioè la libertà. Proprio come le ghiandaie di A vortice s’abbatte, essa rappresenta il desiderio frenetico di aderire alla vita, in particolar modo perché fugge dal “chiuso vallotto”.

Metro: trentuno versi con prevalenza di versi brevi quali settenari, ottonari e novenari. La rapidità impressionistica dei versi allude, probabilmente, alla precarietà di cui il contenuto parla, nonché alla frana che corre veloce per i pendii delle colline, la cui idea è indubbiamente rinforzata dagli enjambements. È presente una sola rima vera e propria: “anella : pavoncella”, la quale conchiude la poesia e ne riprende il tessuto fonico, riassumendo i suoni a cui spingevano i lessemi più pregnanti degli ultimi versi (come “vallotto” e “pavoncella”).

  1. Scendendo 1 qualche volta
  2. gli aridi greppi 2
  3. ormai divisi dall'umoroso
  4. Autunno che li gonfiava 3,
  5. non m'era più in cuore la ruota
  6. delle stagioni e il gocciare
  7. del tempo inesorabile 4;
  8. ma bene il presentimento
  9. di te m'empiva l'anima 5,
  10. sorpreso nell'ansimare
  11. dell'aria, prima immota 6,
  12. sulle rocce che orlavano il cammino 7.
  13. Or, m'avvisavo, la pietra
  14. voleva strapparsi, protesa
  15. a un invisibile abbraccio 8;
  16. la dura materia sentiva
  17. il prossimo gorgo, e pulsava 9;
  18. e i ciuffi delle avide canne
  19. dicevano all'acque nascoste,
  20. scrollando, un assentimento 10.
  21. Tu vastità riscattavi
  22. anche il patire dei sassi:
  23. pel tuo tripudio era giusta
  24. l'immobilità dei finiti 11.
  25. Chinavo tra le petraie,
  26. giungevano buffi salmastri
  27. al cuore 12; era la tesa
  28. del mare, un giuoco di anella 13.
  29. Con questa gioia precipita
  30. dal chiuso vallotto alla spiaggia 14
  31. la spersa pavoncella 15.
  1. Calando a valle, ogni tanto,
  2. per le colline aride
  3. ormai lontane dal piovoso
  4. autunno che le rendeva cariche di pioggia,
  5. non mi importava più così tanto il susseguirsi
  6. delle stagioni e il trascorrere
  7. inesorabile del tempo;
  8. ma fortemente il pensiero
  9. di te mi rendeva colma l'anima,scoperto nei venti che spirano
  10. nell'aria, prima ferma,
  11. sui massi che costeggiavano il sentiero.
  12. In questo momento, mi accorgevo, le rocce
  13. volevano staccarsi dalla terra, aspiranti
  14. ad un abbraccio invisibile:
  15. la sostanza dura avvertiva
  16. che i gorghi marini erano vicini, e ardeva di desiderio;
  17. e i ciuffi delle canne assetate
  18. comunicavano agli stagni nascosti (nella laguna),
  19. mossi dal vento, un cenno di assenso.
  20. Tu, vasta creatura,
  21. anche la sofferenza delle rocce:
  22. perché la tua felicità esistesse era giusta
  23. l'immobilità a cui ciò che ha una fine è obbligato.
  24. Scendevo tra le pietraie,
  25. arrivavano ventate che sapevano di salsedine
  26. al mio cuore; le mandava la distesa
  27. del mare, piena di gorghi marini.
  28. Con questa contentezza scende
  29. dalla valle cinta dalle colline fino alla spiaggia
  30. la pavoncella che si era persa. persa.

1 Scendendo: inizia qui l'effettiva descensio dell'io lirico verso la spiaggia. La lontananza dal mare, ben esplicitata nelle liriche precedenti (A vortice s’abbatte e Antico, sono ubriacato dalla voce), viene accorciata sempre di più in un moto, quasi dovuto dalla forza di attrazione, rivolto alle sublimi distese marine, per giungere alle quali si deve attraversare un sentiero preciso.

2 Greppi: come le “lunghe secche” del primo movimento, indicano il paesaggio sterile per cui l'io lirico è costretto a viaggiare. Con “greppi”, cioè i versanti delle colline rese incandescenti dal sole e private di vitalità, Montale ricorre ad un preziosismo letterario e lo usa per indicare la particolarità del sentiero che porta al mare, scosceso, pendente e secco, come la Liguria di Meriggiare pallido e assorto.

3 Gonfiava: l' “umoroso Autunno”, con l'influenza dannunziana che la maiuscola personificante suggerisce, è la stagione delle piogge, durante la quale i pendii delle colline vengono attraversati dai rigagnoli di acqua piovana (e quindi “gonfiati”). La stagione della lirica è molto probabilmente l'estate, dalla quale gli “aridi greppi” sono “divisi”, cioè separati, nonché costretti a vivere nell'arsura della siccità.

4 Inesorabile: l'io lirico inizia a considerare, confessandosi, la potenza del mare: questo è talmente vitalistico che l'io non può che pensare ad esso durante la discesa che lo porterà alla spiaggia, dimenticando i due spunti di pensiero che gli sovvengono attraversando le colline. Il tempo che passa, quindi l'angoscia esistenziale per l'effimerità caduca della vita, è espresso dalla “ruota delle stagioni” e dall'onomatopeico “gocciare”, entrambi metonimie che rimandano alle stagioni piovose.

5 Anima: da notare è il centro pulsante della lirica, cioè il “presentimento”: l'ammirazione dell'io lirico per il mare è tanto forte da farlo palpitare pensando di congiungersi finalmente ad esso, di fondersi e diventarne parte. Come un desiderio amoroso, l'io lirico sogna continuamente il mare, ed ogni richiamo di questo lo fa fremere nell'attesa della loro unione (paragonabile a quella fallita presente in Arsenio).

6 Immota: quasi in una regressione alla fanciullezza (per cui cfr. I limoni o Fine dell’infanzia), l'io lirico prova una sensazione di trepidante attesa mentre sta per arrivare alla spiaggia, tanto da notare un cambiamento dell'aria stessa (la quale potrebbe potenzialmente essere “di vetro”, come in Forse un mattino andando): è questa che sconta l'attesa dell'io, movimentandosi e lasciando lo stato di stallo, dovuto alla calura, grazie al vento marino e all'odore della salsedine.

7 Cammino: essendo i versanti delle colline aridi, non possono mancare ai loro fianchi delle pietre. Più che rimandare agli scogli, la pietra (ed il ciottolo) assume una valenza propria e diventa un preciso correlativo negli Ossi. Qui, le rocce formano le ostiche “pietraie”, cioè il sentiero scosceso che l'io lirico deve discendere per raggiungere la propria meta.

8 Abbraccio: ecco che emerge la seconda caratterizzazione della pietra. Qui intesa come ciottolo, rappresenta una parte della natura che tende verso il mare, proprio come l'io lirico è in procinto di fare. La personificazione dell'oggetto aumenta il dinamismo della scena e suggerisce un'identificazione con il soggetto osservante; per di più, l'“abbraccio” con il mare, anch'esso personificatorio, sottintende una riconciliazione quasi materna.

9 Pulsava: continua la personificazione-identificazione dell'io lirico con il pietrame, ed entra qui in gioco il “gorgo”, che diverrà centrale nei versi successivi. Sintomatico del mare, il mulinello è la meta che la pietra, ora animata dal desiderio, brama raggiungere, così come l'io lirico stesso, quasi ipnotizzato (coerentemente al secondo movimento, Antico, sono ubriacato dalla tua voce).

10 Assentimento: da notare l'immagine delle canne, ricorrente negli Ossi e di norma utilizzata per rimandare metaforicamente all'immagine umana. Qui rappresenta una parte della natura, personificata, che tende al mare, del quale vorrebbe nutrirsi tanto e tanto ancora, scuotendosi in cenno di assenso compiaciuto (il cui movimento farraginoso ed irregolare è forse convogliato dalla coordinazione per asindeto). In questa immagine è importante notare la propensione di Montale ad una metaforizzazione vegetale, di chiara ispirazione dantesca e anche dannunziana, che confonde l'universo umano e quello botanico (ritornerà anche in Arsenio).

11 Finiti: da notare è il panismo sotteso a questa frase. Il mare, nel suo muoversi in continuazione, è talmente vivo (quindi personificato) e vitalistico che i sassi vedono la loro condizione immobile, quasi impotente, riscattarsi nel principio del mare stesso (alla stregua delle canne, le quali si animano grazie alla vicinanza con l'acqua). In altre parole, la contemplazione del mare, continuamente in movimento e cambiamento, è in grado di dare sollievo a ciò che è costretto all'“immobilità”, permettendo così una sorta di riscatto di essa, di cui i “sassi” sono l'esempio.

12 Cuore: si configura di nuovo, qui, il sentimento di trepidazione che il mare provoca nell'io lirico. Come un percorso verso una precisa meta che ad ogni passo velocizza il respiro (quasi spezzandone il fiato) e scuote fortemente il viandante, i primi movimenti di Mediterraneo ricreano questa sensazione estatica, espressa in questo verso dalle folate di vento profumate di salsedine che indicano la vicinanza del mare e che, metonimicamente, giungono direttamente al “cuore”. Nel terzultimo verso, questa trepidazione verrà definita come “gioia”.

13 Anella: gli “anella” non sono altro che i gorghi marini che si creano con le correnti, mentre il loro “giuoco” allude al loro continuo turbinio sulla superficie marina. Quasi come il fanciullino pascoliano, l'io lirico osserva il fenomeno stupefatto e si delizia dello spettacolo, il quale implica la contemplazione del vitalismo del mare (restituita dall’espressionismo linguistico).

14 Spiaggia: da notare è il motivo di reclusione qui presente: il “chiuso vallotto”, emblematico anche di altri momenti degli Ossi (come, ad esempio, Fine dell'infanzia), rappresenta la chiusura opposta all'immensa apertura del mare. Più che di “chiusura”, sarebbe giusto parlare di “copertura”: la  valle è ostacolata da formazioni montuose o collinari, le quali formano un varco che deve essere oltrepassato per accedere alla spiaggia e al mare. Per l’elemento della chiusura/copertura, cfr. invece I limoni (“Quando un giorno da un malchiuso portone / tra gli alberi di una corte”).

15 Pavoncella: come le “ghiandaie” del primo movimento, la “pavoncella”, seconda specie di volatile che si incontra nel poemetto, viene eletta come simbolo naturale di un pensiero del poeta. Essa simboleggia il percorso liberatorio, la descensio alla spiaggia che conduce al mare e alla libertà (convogliata dal veloce slancio degli enjambements). Da notare è che la pavoncella è “spersa” e che soltanto grazie al richiamo del mare ritrova la forza per scendere velocemente (“precipita”) dai versanti collinari. Ultimo dato a cui fare attenszione, infine, è la propensione all’ornitologia, che Montale deriva probabilmente da Pascoli, senza però dimenticare l’attenzione leopardiana ai volatili.