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Dante e Montale ne "La primavera hitleriana"

Parafrasi Analisi Montale e Dante

L’occasione da cui nasce La primavera hitleriana è, come risaputo, la visita di Adolf Hitler a Firenze del maggio del ’38. La poesia inscena una lotta – insieme fisica e metafisica – tra l’inferno della storia e il ruolo salvifico di Clizia, la donna-angelo a cui Montale ha dedicato moltissime poesie tra Le occasioni e La bufera. Montale trasferisce questa lotta etico-morale sul piano dello stile poetico impiegando diverse strategie espressive, recuperate sia dalle proprie esperienze precedenti sia da alcuni modelli letterari (tra cui il Dante delle “rime petrose” o alcuni elementi tipici della corrente dell’espressionismo linguistico).

Dal punto di vista retorico e figurale, notiamo innanzitutto l’uso della rappresentazione scorciata, tramite cui la realtà si compone (e viene percepita) più per frammenti che per visioni organiche e complessive. Sia la Firenze infernale (prima e seconda strofa), sia i ricordi degli ultimi giorni passati con Clizia (terza strofa), sia pure la profezia di speranza che chiude la poesia (quarta strofa) sono descritti allora in modo indiretto, accentando i dettagli per dare maggior risalto agli oggetti poetici. Montale usa metafore (“messo infernale” per Hitler, v. 8), sineddochi (“golfo mistico”, la buca dell’orchestra per indicare il teatro in cui Mussolini e Hitler assistono a una rappresentazione teatrale, v. 9) stilemi espressionistici (“sozzo trescone”, “ali schiantate”, “larve”, vv. 17-18) per caricare il testo di presagi e significati simbolici. Questa complessità dello stile (distante dalle scelte de Le occasioni e soprattutto da quelle della prima raccolta, Ossi di seppia) ha la funzione di potenziare la rappresentazione, favorendo la creazione di immagini preziose e complesse. In tal senso, La primavera hitleriana è tutta giocata su un’oscurità apparente, o di immagini concettose che a volte potrebbero ricordare quelle dei poeti ermetici (che appunto “reagivano”, a metà anni Trenta, alla cupezza del regime mussoliniano con scelte stilistiche ardue e iper-letterarie). Dietro questo schermo formale però, la poesia è costruita su un’esattezza molto studiata. I significati sono identificati senza possibilità di errore:

la Primavera hitleriana sembra aprirsi proprio su quell’impegno di visione «chiara» «come in un libro», di quadro articolato e compiuto fino «in fondo» […] Guardare direttamente a quel che accade nell’esterno, nel mondo della violenza e del male 1.

Montale rende questa descrizione di un esterno (che si contrappone agli interni tipici di molte poesie precedenti, come Nuove stanze) attraverso una forte carica espressiva. I dati realistici della prima strofa – la nevicata di farfalle e l’improvviso gelo invernale – sono trasformati dall’uso di un lessico aulico (ad esempio “coltre, v. 3, o “capiva”, v. 5, per “era racchiuso”) e da una sintassi complessa e tratti vorticosa. Così, Nella seconda strofa l’arrivo di Hitler si trasfigura in una sorta di sacrificio rituale, in cui gli elementi realistici sono deformati in direzione di una religiosità diabolica, ove risalta la sproporzione tra consapevolezza (i “miti carnefici” v. 16, i “giocattoli di guerra” v. 13) e colpevolezza. Il macellaio (“beccaio”, v. 14) diventa l’officiante di un rito macabro; il “golfo mistico” uno spazio quasi “sacro” in cui si consuma la farsa collettiva allestita in onore dei due dittatori. La religiosità introdotta in negativo nella seconda strofa inizia a cambiare di segno in quella successiva. La sequenza dei ricordi-segni della donna è spezzata da una parentesi, che in realtà contiene il ricordo supremo, “primo annuncio di un inevitabile riscatto futuro, che è il tema spiegato dell’ultima strofe” 2: una stella cadente (la “gemma” del v. 24) proietta sui “lidi” (v. 25) di Clizia delle presenze angeliche, mediatori tra uomo e dio che in qualche modo preludono ad un futuro diverso. La metamorfosi si compie nella quarta strofa: da presagio innaturale di una primavera stravolta, il gelo diventa il segno del miracolo di Clizia, che per Montale è donna del Nord, inteso come “categoria etica e spirituale positiva, e in qualche modo trascendente” 3.

Si palesa allora lo scoperto richiamo dantesco che Montale ha già avviato con l’epigrafe della poesia ("Né quella che a veder lo sol si gira…"), tratta da un sonetto attribuito a Dante: il v. 34, “che il non mutato amor mutata serbi”, è del resto un recupero (con lieve modifica) del verso dantesco che segue quello dell’epigrafe. Oltre i richiami puntuali, Dante si rivela fondamentale per l’ideologia montaliana. Clizia è infatti paragonata implicitamente a Beatrice, l’amata che brucia la sua esistenza terrena in un compito più alto, ovvero la mediazione tra il divino e l’umano

la gentile immagine del girasole […] attraverso la mediazione del sonetto trecentesco si converte in un simbolo cristiano, anzi cristologico, dov’è implicito il ricordo della Beatrice dantesca nell’atto di guardare in alto verso una sorgente luminosa. 4

Anche se mutata in girasole, la mitica ninfa continua ad amare Apollo; allo stesso modo Clizia, sebbene definitivamente lontana dal poeta, conserva la stessa capacità di amare e di salvare. Non solo il poeta, ma l’intera collettività (Montale sottolinea la dimensione universale del sacrificio di Clizia ripetendo “per tutti” ai vv. 37 e 41). Siamo qui al superamento della “solitaria veglia” di Nuove stanze (vv. 29-30): la distruzione di Clizia nell’Altro è un nuovo sacrificio rituale, questa volta preludio a una salvezza collettiva, che in Montale ha una connotazione ideologico-culturale più che strettamente religiosa. In questo senso bisogna intendere l’analogia tra il sacrificio di Cristo e quello di Clizia, la sua funzione di “Cristofora”:

L’aspetto storico-politico del mito della Cristofora riguarda invece la possibilità […] di intendere Clizia come il veicolo di un potere della cultura nei confronti della società civile che riscatti la barbarie delle dittature e della guerra […] con La primavera hitleriana Montale scrive la sua poesia forse più apertamente impegnata in tal senso, e certo la più positiva. 5

Bibliografia essenziale:

- L. Blasucci, Gli oggetti di Montale, Milano, Ledi Publishing, 2010.

- P. Cataldi , Montale, Palermo, Palumbo, 1991.

- F. Croce, La primavera hitleriana e altri saggi su Montale, Genova, Marietti, 1997.

- R. Luperini, P. Cataldi, F. d’Amely, Poeti italiani: il Novecento, Palermo, Palumbo, 1994.

1 F. Croce, La primavera hitleriana, in La primavera hitleriana e altri saggi su Montale, Genova, Marietti, 1997, p. 78

2 R. Luperini, P. Cataldi, F. d’Amely, Poeti italiani: il Novecento, Palermo, Palumbo, 1994, p. 270.

3 Ibidem.

4 L. Blasucci, Dantismo e presenze dantesche nella poesia montaliana, in Gli oggetti di Montale, Milano, Ledi Publishing, 2010, p. 80.

5 P. Cataldi, Montale, Palermo, Palumbo, 1991, pp. 41-42.