Non è facile dare una definizione di Neorealismo, dal momento che non si tratta tanto di un movimento culturale o di una corrente letteraria dal manifesto poetico ben definito (come nel caso del Futurismo marinettiano) o dalle caratteristiche comuni (come per l'Ermetismo degli anni Trenta), quanto di una tendenza e di un "clima" complessivo della cultura e della narrativa italiana degli anni ‘40-’50.
Italo Calvino, nella Prefazione del 1964 al suo romanzo d'esordio Il sentiero dei nidi di ragno, spiega appunto che il Neorealismo “non fu una scuola, ma un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, specialmente delle Italie fino allora più sconosciute dalla letteratura”. Si può quindi parlare di un orientamento di diversi autori verso un rinnovamento tematico, contenutistico e linguistico della letteratura e del "fare" letteratura. Questa esigenza di cambiamento coincide del resto con il mutamento della situazione politica italiana, con il passaggio dal fascismo alla repubblica, attraverso la drammatica esperienza del secondo conflitto mondiale e della guerra di Liberazione (ricorda sempre Calvino: "L'essere usciti da un'esperienza - guerra, guerra civile - che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un'immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava le parole di bocca").
La produzione neoralista - richiamandosi sin dal nome alle esperienze del realismo ottocentesco e del verismo verghiano - si caratterizza per l'inedito tentativo di descrivere la realtà contemporanea di un Paese di fronte a sconvolgimenti epocali; l'attenzione per il reale (e la riscoperta di piccoli mondi regionali e locali, prima osteggiati dalla propaganda del regime) si unisce con l'intento di testimonianza etica e civile attraverso lo strumento del romanzo e della narrazione. Questo interesse per i localismi, evidente nelle ambientazioni di molte opere, si esprime innanzitutto nella scelta di dialetti e forme linguistiche regionali per far parlare i propri personaggi. Spesso poi, la trama e il mondo rappresentato riguardano eventi assai vicini a chi legge: gli eventi sono quelli drammatici e cruenti dell’esperienza partigiana (cui partecipano direttamente molti scrittori neorealisti) e della liberazione dal nazifascismo, oppure delle lotte operaie e contadine; la letteratura diventa così anche uno strumento di denuncia e, al tempo stesso di espressione di sé. Come spiega sempre Calvino nella Prefazione del 1964:
[...] mai fu tanto chiaro che le storie che si raccontavano erano materiale grezzo: la carica esplosiva di libertà che animava il giovane scrittore non era tanto nella sua volontà di documentare o informare, quanto in quella di esprimere. Esprimere che cosa? Noi stessi, il sapore aspro della vita che avevamo appreso allora, tante cose che si credeva di sapere o di essere, e forse veramente in quel momento sapevamo ed eravamo.
Due sono i romanzi che anticipano la stagione neorealista, pubblicati entrambi nel 1941: Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini e Paesi tuoi di Cesare Pavese. Ma è dal 1943, con la caduta del regime fascista, fino alla fine degli anni Quaranta che si realizza il periodo più fecondo della scrittura neorealista: nel 1945 sempre Vittorini pubblica Uomini e no, scritto nel 1944 e considerato il primo romanzo sulla Resistenza; nel 1947, invece, escono Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino, Il compagno di Pavese e Cronache di poveri amanti di Vasco Pratolini. In questi romanzi, che pure presentanto ciascuno una propria identità, si trovano alcuni tratti comuni: un linguaggio, un'ambientazione e dei personaggi popolari; una funzione etico-morale della narrazione; una narrazione di vicende di vita vissuta.
Dagli anni Cinquanta, si assiste al graduale superamento della poetica neorealista, che nel frattempo si è estesa anche al cinema, con nomi quali Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Cesare Zavattini, Giuseppe De Santis e Pietro Germi. Tuttavia possiamo ancora trovare autori ed opere che si richiamano per certi aspetti a questo modello: I ventitre giorni della città di Alba (1952) La malora (1954) e Il partigiano Johnny (1968) di Beppe Fenoglio, alcuni romanzi di Pier Paolo Pasolini (Ragazzi di vita, 1955 e Una vita violenta, 1959), Metello (1955) di Vasco Pratolini, La ragazza di Bube (1960) di Carlo Cassola.