Montale affida la propria dichiarazione di poetica a questa poesia dall’intonazione lapidaria, epigrammatica (la prima della sezione Ossi di seppia, che dà il titolo al libro), rivolgendosi ad un destinatario imprecisato (con un generico “tu”), e parlando al plurale, a nome di un’intera generazione di poeti. Rigettando facili certezze, con questo componimento si prende atto che la nuova poesia - lungi dall’avvalersi di una parola definitiva, unica, infallibile - può esprimersi solo in negativo (vv. 11-12: “Codesto solo oggi possiamo dirti, | ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”).
Il testo si articola in tre quartine di metri di varia lunghezza, con numerosi endecasillabi e doppi settenari, variamente rimati. Schema metrico: ABBA CDDC EFEF (con rima ipermetra ai vv. 6-7).
- Non chiederci la parola che squadri da ogni lato 1
- l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco 2
- lo dichiari e risplenda come un croco 3
- perduto in mezzo a un polveroso prato.
- Ah l'uomo che se ne va sicuro,
- agli altri ed a se stesso amico,
- e l'ombra sua non cura che la canicola 4
- stampa sopra uno scalcinato muro 5!
- Non domandarci la formula 6 che mondi possa aprirti,
- sì qualche storta sillaba e secca 7 come un ramo.
- Codesto solo oggi possiamo dirti,
- ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
- Non chiederci la spiegazione che definisca con valore assiomatico
- il nostro animo privo di certezze in una frase che con lettere indelebili
- lo spieghi risplendendo come un fiore di zafferano
- rimasto solo in mezzo a un campo polveroso.
- Ah, l’uomo che procede sicuro
- e si sente in armonia con se stesso e con gli altri
- e non ha paura della sua ombra, che il sole di mezzogiorno
- disegna sopra a un muro scalcinato!
- Non domandarci la formula che possa renderti limpida l’esistenza,
- bensì qualche sillaba mal pronunciata e secca come un ramo.
- Questo soltanto oggi possiamo dirti,
- ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
1 L’animo è “informe” in quanto disgregato: di quest’alienazione e scissione dell’io non si può dare conto se non attraverso una parola altrettanto alienata e disgregata, ben diversa dalla parola assoluta, “che squadra” e definisce in maniera perentoria ed asseverativa.
2 lettere di fuoco: impresse indelebilmente. Sono le parole del poeta-vate, figura anacronistica e già contestata nell’incipit de I limoni, non più adatta a esprimere la condizione contemporanea.
3 croco: è il fiore dello zafferano, che con il suo colore acceso stride nello squallore desolante del “polveroso prato” della contemporaneità.
4 canicola: è il sole di mezzogiorno, che disegna l’immagine di colui che passa sul muro.
5 Il muro, come in Meriggiare pallido e assorto, è nella poesia montaliana emblema del limite. Qui c’è un’ulteriore connotazione desolante, espressa dall’attributo "scalcinato".
6 Non domandarci la formula: il poeta torna, con variatio, a ribadire quanto già espresso nel primo verso. Quella che prima però era una “parola” (cioè una massima, una legge di vita universale) è qui una “formula”: per Montale, sia i valori umanistici sia l’indagine scientifico-matematica del mondo non possono più assicurare alcun tipo di certezza.
7 storta sillaba e secca: il periodare ellittico e l’ipallage ben si adeguano, a livello stilistico, a una parola che può esprimersi solo in modo stentato, conforme ad una poesia che rifugge ogni retorica in favore di una forma scarna ed essenziale.