Questa poesia, databile attorno al 1924, fa parte della sezione Ossi di seppia dell’omonima raccolta, ed esplicita il concetto cardine del sistema filosofico montaliano, il “male di vivere” che si staglia icasticamente nella mente del lettore attraverso un susseguirsi di immagini che emblematicamente ne diventano l’espressione. Il bene non è in alcun modo ravvisabile, se non nella “divina Indifferenza”, intesa come unica evasione possibile.
È composta da due quartine di endecasillabi (a eccezione dell’ultimo verso, che è un doppio settenario. Schema metrico: ABBA CDDA).
- Spesso il male di vivere 1 ho incontrato:
- era il rivo strozzato che gorgoglia,
- era l’incartocciarsi della foglia
- riarsa 2, era il cavallo stramazzato 3.
- Bene non seppi, fuori del prodigio 4
- che schiude la divina Indifferenza 5:
- era la statua nella sonnolenza
- del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
- Spesso mi sono imbattuto nel male di vivere:
- era il torrente che gorgoglia, stretto nel suo fluire,
- era l’accartocciarsi della foglia
- inaridita, era il cavallo stramazzato.
- Non conobbi altra salvezza se non il prodigio
- che la divina Indifferenza ci spalanca:
- era la statua nel meriggio sonnolento, e la nuvola,
- e il falco, levatosi in alto, nel cielo.
1 il male di vivere: lo spunto è quello del pessimismo cosmico leopardiano, come definito al v. 104 del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: “[...] a me la vita è male”.
2 foglia riarsa: l’elenco, la climax ascendente, delle manifestazioni concrete del “male” è ulteriormente sottolineato dal netto enjambement tra i vv. 3-4, duplicato nella seconda quartina ai vv. 7-8 (“nella sonnolenza | del meriggio”).
3 Lo stato sofferente della natura e il momento “negativo” della contemplazione della realtà da parte di Montale è ravvisabile in un ruscello ostacolato nel suo corso, in una foglia colta nel suo accartocciarsi, in un cavallo stramazzato, tutti correlativi oggettivi del “male di vivere”.
4 prodigio: come tipico della poetica degli Ossi di seppia, è l’inattesa salvezza che si può sprigionare da un istante casuale della nostra esistenza.
5 divina Indifferenza: è da intendersi come “atarassia” (dal greco ἀταραξία, “imperturbabilità”), termine che, dalla filosofia di Democrito in poi ma soprattutto per eredità delle scuole epicuree, stoiche e scettiche, designa l’atteggiamento di distacco e di liberazione dalle passioni che dovrebbe perseguire il saggio. Per Montale la disamina dei mali del mondo condotta nella prima quartina non può che condurre, come unica e precaria forma di felicità e bene, all’indifferenza rispetto ai propri tormenti interiori. Non a caso le immagini della seconda quartina sono statiche e nettamente contrapposte al dinamismo pur sofferente della natura, catturato in modo così efficace nella prima strofa. La contrapposizione si esprime anche nelle scelte foniche: ai suoni “rivo”, “foglia”, “cavallo”, si contrappongono i suoni aspri della serie “strozzato”, “gorgoglia”, “incartocciarsi”, “stramazzato”.