Una funzione si dice continua in un punto $x_0$ se
1. è definita in $x_0$, cioè se $x_0$ appartiene al suo dominio;
2. esiste il limite $\displaystyle{\lim_{x \to x_0}} f(x) $, cioè limite destro e limite sinistro coincidono;
3. $ \displaystyle{\lim_{x \to x_0}} f(x) = f(x_0) $.
Più in generale, una funzione si dice continua in un sottoinsieme $\mathcal{U} \subset \mathbb{R}$ se è continua in ogni punto $x_0 \in \mathcal{U}$.
A quale valore tende una funzione continua $f(x)$, man mano che la $x$ si avvicina a $x_0$? La terza condizione della definizione ci dice che questo limite è proprio $f(x_0)$: come si può intuire, questo accade solo se in quel punto il grafico della funzione non si interrompe, se non ha un “buco”. Questa è in effetti la nozione intuitiva di continuità che spesso viene utilizzata al posto della definizione rigorosa.
Sono continue tutte le funzioni elementari (polinomi, potenze, esponenziali, logaritmi, e le funzioni trigonometriche) e tutte le loro composizioni. In questi casi calcolare il limite equivale semplicemente a sostituire il valore $x_0$ all’interno della funzione data, come mostrato negli esempi in questo video. Se invece vengono effettuate delle operazioni tra funzioni continue, come moltiplicazioni, divisioni e così via, le funzioni che otteniamo sono continue a patto di escludere eventuali punti dove la nuova funzione ottenuta non è definita: tali punti sono un esempio dei cosiddetti punti di discontinuità.
In collaborazione con Elia Bombardelli, autore del canale youtube LessThan3Math